1. MIRACOLO! PARLA BRIGITTE BARDOT, CON MARILYN, IL SIMBOLO DEL SESSO DEL NOVECENTO 2. “SE NON MI FOSSI FERMATA NEL ’73, AVREI FATTO LA FINE DI MARILYN O ROMI SCHNEIDER” 3. INVECE DI INVESTIRE IN BOTOX E CHIRURGIA SI È DEDICATA A PROTEGGERE GLI ANIMALI 4. “MEGLIO PUTIN DI HOLLANDE. LUI ALMENO HA PROTETTO I LUPI. MI SENTO NEL FIORE DEGLI ANNI. L’ALTRO GIORNO HO RIVISTO ‘E DIO CREÒ LA DONNA’. HO PENSATO: NIENTE MALE LA RAGAZZA. MA MI SEMBRAVA CHE QUELLA NON FOSSI IO. HO DI MEGLIO DA FARE CHE GUARDARMI IN TV. QUELLA VITA LÌ, LA VITA DELL’ATTRICE NON MI APPARTIENE PIÙ” 5. “IL COMPLEANNO? ME NE INFISCHIO. UN EVENTO CHE NON CAMBIA NULLA NEL MONDO E NEPPURE NELLA MIA ESISTENZA. MAI STATA PRIGIONIERA DEL PASSATO”

Da "Vanity Fair" - www.vanityfair.it

«Il compleanno? me ne infischio. Un evento che non cambia nulla nel mondo e neppure nella mia esistenza, ormai tutta dedicata a proteggere gli animali. Già cominciano ad arrivare i bigliettini di auguri. Mi mandano vecchie foto da autografare. Le guardo e penso: carina quella ragazza, ma non sono io. Quella vita lì, la vita dell'attrice non mi appartiene più».

Brigitte Bardot compie 80 anni a settembre e veste sempre di nero: nera la camicetta, neri i jeans, mai una gonna, mai un vestito. Porta i capelli raccolti in un grande chignon, che assomiglia un po' a una corona, e che acconcia lei stessa. Si trucca da sola. Soffre di artrite e di altri malanni, a volte usa il bastone da passeggio. Un'operazione potrebbe risolvere il problema, ma lei ha il terrore dell'anestesia. Abita alla Madrague, un'appartata tenuta fuori Saint-Tropez, di sua proprietà da oltre cinquant'anni. Salvaguarda la sua vita privata con forza e dedica tutte le energie ai diritti degli animali.

Mi riceve in salotto. Quando tra un sorso di champagne e l'altro lascia cadere un commento distratto sulla sua «bellezza appassita», si sforza di suonare convincente ma non ci riesce fino in fondo. Molto più credibili le parole sul mito di anticonformista che la circonda: «Se mi sono ribellata alle regole, l'ho fatto involontariamente. Non era quello il mio obiettivo».

Acquistò La Madrague nel 1958, con il fidanzato del momento: l'unico notaio di Saint-Tropez aprì l'ufficio di domenica per concludere l'affare. La tenuta, immersa in una vegetazione di canne, lavanda e pini marittimi, era di proprietà di un'anziana signora. L'edificio principale era diroccato, tra rimessa per barche e capanno da pescatore: Brigitte fece arrivare acqua, luce e gas.

Seguì un periodo di feste in maschera e balli sfrenati in spiaggia, ma il vero fascino di quel luogo aveva un carattere più duraturo. La Madrague, che in francese significa «tonnara», si trovava alla fine di una strada sterrata, in fondo alla Baie des Canoubiers, e non era così scontato che rimanesse per sempre un rifugio lontano dal turismo di massa che presto avrebbe invaso il Sud della Francia.

Eppure la tenuta - dove Brigitte vive con Bernard d'Ormale, suo marito da vent'anni, ex uomo d'affari oggi dedito soprattutto a lei - rimane un'enclave di pace, profumata di erbe selvatiche e fiori. Rarissime le visite: non ha voglia di ricevere ospiti. All'esterno del muro di cinta - che un tempo teneva a bada le orde di fan e fotografi - è stato sistemato un abbeveratoio per cani, con acqua sempre fresca.

La casa si trova oltre un cancello blu scuro, rivolta verso il mare, i muri coperti dal glicine. All'interno è arredata con gusto bohémien e l'atmosfera è casual, quasi un fermo immagine sul mondo che fu. Una decina tra cani e gatti vagano per la proprietà. In un angolo del giardino, le croci di legno di quelli già passati a miglior vita.

Conosceva fin da bambina Saint- Tropez, dove i genitori possedevano una casa e lei trascorreva le estati. Nata a Parigi in una famiglia benestante, studiava danza da quando aveva sette anni: sognava di diventare ballerina. Iniziò per gioco la carriera di modella, indossando i cappelli disegnati dalla madre per le amiche. Qualcuno scattò delle foto, qualcun altro fu colpito dalla grazia costruita in molti anni sulle punte. A 15 anni conquistò la copertina di Elle, a 18 sposò il regista Roger Vadim e debuttò nella recitazione.

All'inizio erano tutte trame leggere: «Non credo di essere stata una brava attrice, in quella fase. Mi accontentavo di esprimere al meglio quello che il pubblico voleva da me». E al pubblico la trama interessava poco: aveva scoperto una ragazza dal collo di cigno, con un corpo voluttuoso e soffici chiome. Gioventù, sensualità, civetteria, insolenza e grazia, il tutto stemperato da una sconcertante disinvoltura: una miscela che dava alla testa.

Finché, nel 1956, Vadim le offrì la parte di Juliette in E Dio creò la donna, esagerata rappresentazione dell'esuberanza di un'adolescente lasciata a briglia sciolta in una cittadina di mare, e dello scompiglio che crea tra gli uomini del paese. La storia, accolta con freddezza dalla Francia più conservatrice, trionfò negli Stati Uniti e la consacrò come protagonista di un film serio: «Devo tutto agli americani», dice. Ma il successo non le portò la soddisfazione personale che inutilmente cercava nel cinema. «Non ero ciò che desideravo essere: sincera, onesta, semplice. L'esagerazione e lo scandalo non mi appartenevano. Volevo essere me stessa. Solo me stessa».

Ci riuscì. Nel 1973 mise fine alla carriera artistica e iniziò una seconda vita, cristallizzando la sua immagine pubblica in quell'età, un po' come Greta Garbo. «Non me ne sono mai pentita», mi assicura. «Se non mi fossi fermata, avrei fatto la fine di Marilyn o Romy Schneider». Di certo non ebbe ripensamenti: disse no alla possibilità di recitare con Frank Sinatra, Steve McQueen, Marlon Brando (in quest'ultimo caso, lasciando sulla scrivania un assegno da un milione di dollari).

Sui set dei film, aveva spesso raccolto animali randagi. Aveva persino ospitato nella sua camera d'albergo capre e pecore destinate al macello. Non fu una sorpresa la sua decisione di dedicarsi ai diritti degli animali: «Era quello che davvero volevo». Da allora si è tuffata anima e corpo nella campagna contro il massacro dei cuccioli di foca in Canada, contro il macello dei cavalli, contro la vivisezione, le corride, la caccia, gli allevamenti lager. Per finanziare la causa ha venduto abiti, ricordi e gioielli, compresi l'anello di diamanti, i braccialetti di rubini e il collier di perle che le aveva regalato il suo ricchissimo terzo marito, il tedesco Gunter Sachs («Mai stata prigioniera del passato»).

Niente computer per lei: gli appelli a nome della Fondazione Brigitte Bardot per il Benessere e la Protezione degli Animali li verga con inchiostro blu su carta azzurra intestata «La Madrague, Saint-Tropez, 83990». Lavora sotto una finestra, seduta a un rustico tavolo provenzale con tovaglia a scacchi. Impreziosisce ogni firma con una margheritina. «Non mi sento vecchia, tantomeno finita», spiega. «Non ho tempo di pensare agli anni che passano, perché quello che ho lo dedico tutto alla mia battaglia. Ancora oggi ci sono più leggi per le auto che per gli animali, si rende conto?».

I passati presidenti francesi - Mitterrand, Chirac, Sarkozy - l'hanno cortesemente ricevuta e cortesemente ignorata. Sperava in Hollande, il primo a manifestare un interesse nei suoi confronti: non ha ricevuto risposta alla lettera aperta in cui gli chiedeva di dare uno status giuridico agli animali, riconoscere la loro condizione di esseri senzienti, non semplici oggetti. Passionale e schietta, ha espresso opinioni controverse - sull'immigrazione, per esempio - che l'hanno anche portata in tribunale.

Ha clamorosamente ringraziato Putin - che la descrive come la sua attrice preferita - per aver protetto i lupi e messo al bando alcuni tipi di pelliccia. «Non mi interessa se passo per conservatrice. La politica non fa per me, non appartengo ad alcun partito. Le mie posizioni, anche le più radicali, servono all'unica cosa che mi sta davvero a cuore. La difesa degli animali». Come a dire: Hollande e tutti gli altri sanno qual è il solo regalo di compleanno che mi interessi.

I suoi unici spostamenti sono i pochi chilometri che separano La Madrague dall'altra casa sulle colline, La Garrigue, dove ha restaurato una piccola cappella e dove alleva cavalli, asini, mucche e maiali. Jean-Michel, un parrucchiere del porto, viene ogni tanto a tagliarle i capelli. Da anni lei non scende in città: «Preferisco ricordare la Saint-Tropez di un tempo».

Ritirata sì, eremita no: «Io non rifiuto il mondo, ma la sua promiscuità». Legge Le Figaro ogni mattina, fa le parole crociate, ascolta Radio Classique. Si dice lusingata dalla mostra fotografica che le ho dedicato in passato e che ha fatto il giro del mondo, e della nuova che inaugureremo a Saint-Tropez per il suo compleanno. Ma, come non ha visto la prima, probabilmente non andrà a vedere la seconda. Perché non sta percorrendo il viale del tramonto, non è prigioniera della sua leggenda: sente, al contrario, di vivere il fiore dei suoi anni.

«L'altro giorno, guardando la Tv», mi racconta, «sono incappata in un canale dove davano E Dio creò la donna. Non lo vedevo da anni. Mi ha fatto lo stesso effetto delle foto da autografare. Ho pensato: niente male la ragazza. Ma ho avuto l'impressione che quella non fossi io. Ho di meglio da fare che stare lì a guardarmi sullo schermo».

 

 

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