QUANDO CAMUS “COMUNISTA” FU SORVEGLIATO SPECIALE DALL’FBI – LO SCRITTORE IN AMERICA RIUSCÌ A STREGARE PERFINO LO SPIONE CHE LO TENEVA D’OCCHIO: ‘QUESTO SÌ CHE È UN UOMO LIBERO’

Fabio Gambaro per ‘La Repubblica'

Quando, il 25 marzo 1946, Albert Camus sbarca dal cargo Oregon e per la prima volta scopre i grattacieli di New York, ad attenderlo, oltre all'amico Nicola Chiaromonte, che all'epoca viveva negli Stati Uniti, trova gli agenti dell'Fbi. Agli occhi di J. Edgar Hoover, il fondatore del Federal Bureau of Investigation, l'autore dello Straniero era infatti un soggetto da tenere d'occhio, in quanto sospetto di simpatie comuniste. Fu così che durante i tre mesi e mezzo del suo soggiorno in diverse città degli Stati Uniti, Camus fu spiato dai segugi dell'agenzia americana che poi depositarono le loro osservazioni in un dossier datato 13 agosto 1946.

Rimasto segreto per molti anni, il documento viene oggi pubblicato per la prima volta nelle pagine dell'interessantissimo Cahier de l'Herne appena dedicato a Albert Camus (l'Herne, pagg. 376, euro 39). Come sempre coordinata da Laurence Tacou, la storica pubblicazione tradizionalmente monografica propone un vasto panorama di testimonianze (tra le altre, quella dell'ultima compagna del romanziere, Mette Ivers, finora rimasta nell'ombra), interventi critici, testi e lettere inedite (ad esempio quelle scambiate con Jean Daniel o Louis Germain, che fu il maestro elementare del giovane Albert ad Algeri), volto a restituire nella sua interezza la sfaccettata personalità dello scrittore francese nato il 7 novembre del 1913 e scomparso in un incidente d'auto il 4 gennaio 1960.

Ad occuparsi di Camus sul suolo americano fu l'agente speciale dell'Fbi James E. Tiernay, che però fonda le sue osservazioni soprattutto sulle informazioni di un misterioso «informatore confidenziale T1», apparentemente abbastanza vicino allo scrittore. Nel suo rapporto, egli cerca di circoscrivere la personalità del «romanziere, drammaturgo e filosofo dell'assurdo» presentato «come lo scrittore francese più audace della sua generazione». Ne ricorda ad esempio l'impegno antifascista, sottolineando che «da quando il soggetto e [xxx] fondarono il giornale clandestino Combat per evitare la censura tedesca e quella di Vichy, i suoi editoriali si sono sempre distinti per perspicacia e schiettezza».

Ed è proprio per via dell'impegno politico durante la resistenza e nell'immediato dopoguerra che gli americani sospettano il futuro premio Nobel d'essere troppo vicino ai comunisti.

Camus però era partito per gli Stati Uniti solo per parlare di filosofia e contribuire alla diffusione della cultura francese attraverso un giro di conferenze in diverse città della costa est. All'agente dell'Fbi - oltre ad annotare alcuni dei suoi incontri, ad esempio con Pierre Guedenet, «l'assistente di un certo Lévi-Strauss» (l'antropologo era all'epoca l'addetto culturale del consolato francese di New York) - non resta che seguire i suoi discorsi pubblici «all'università di Harvard, a Wellesley College, all'Institut Français e all'università della Pennsylvania, a Filadelfia».

Di attività sovversive, evidentemente, neanche l'ombra. Di conseguenza, per dare spessore al suo rapporto, egli prova a ricostruire il pensiero dello scrittore, cercando di riassumere per i suoi superiori quella filosofia dell'assurdo che ai pragmatici occhi dei segugi americani doveva apparire astrusa e difficilmente penetrabile.

«Camus è un uomo libero», scrive l'agente Tierney. «Riconoscendo l'assurdità dell'esistenza umana, generata dal conflitto tra l'eterna aspirazione a una spiegazione logica dell'universo e l'irrazionalità assoluta dell'esistenza, egli invita gli uomini a vivere con piena lucidità nell'assurdo, a godere pienamente di una vita priva di senso e ad approfittare al massimo della libertà qui e adesso, dato che non esiste la libertà eterna».

L'autore della Peste propone dunque «una rivolta permanente contro l'assurdità della vita», convinto che «l'uomo assurdo è tanto più libero in quanto non rifiuta nulla, restando dolorosamente lucido di fronte all'irrazionalità dell'esistenza ». Per l'agente dell'Fbi, la sua filosofia poggia «su un umanesimo nobile, coraggioso, ma radicalmente ateo», mentre la sua opera esprime «una disperazione profonda, non una disperazione facile e adolescente, ma l'angoscia di vedere l'uomo straniero, solo e smarrito in un mondo assurdo».

In particolare, Tiernay riassume i contenuti di una conferenza al Brooklyn College in cui
Camus, dopo aver sostenuto che «solo la nuova generazione potrà salvare il mondo», difende la necessità di «operare una sintesi tra l'ottimismo americano e il pessimismo dei francesi», invitando i giovani americani a recarsi in Francia e i giovani francesi a scoprire gli Stati Uniti.

Insomma, alla fine il rapporto conclude che «l'inchiesta non ha potuto stabilire alcuna attività sovversiva o politica da parte del soggetto», che per altro è rientrato in patria prima del previsto per motivi di salute. Di conseguenza «il caso è chiuso». In quegli anni Camus non è il solo intellettuale francese ad essere spiato dall'Fbi.

Nell'ultimo numero della rivista britannica Prospect Magazine, Andy Martin rivela che nel dopoguerra, oltre all'autore dello Straniero, l'agenzia americana diretta da Hoover aveva messo sotto controllo anche Jean-Paul Sartre. Il giornalista, che ha potuto leggere alcuni documenti desecretati dall'Fbi e depositati presso i National Archives di Washington, spiega che i due intellettuali furono spiati anche sul suolo francese.

Gli agenti americani li pedinarono per le strade di Parigi, li seguirono durante i loro viaggi, verificarono le loro relazioni e li sottoposero perfino ad alcune intercettazioni telefoniche. In particolare, secondo Martin, gli americani ritenevano Sartre capace d'influenzare l'opinione pubblica «a favore del comunismo», sottolineandone i contatti con Che Guevara, Bertrand Russell, le Pantere Nere e il Fair Play for Cuba Committee.
Tuttavia, nei loro rapporti non sembrarono mai veramente capire il lavoro intellettuale dell'autore della Nausea, considerando «misteriosi» i suoi obiettivi politici.

Insomma, nel clima sempre più teso del dopoguerra, agli occhi dello zio Sam le attività degli intellettuali francesi apparivano pericolosamente sospette, anche se poi, come mostra il dossier Camus pubblicato oggi dal Cahier de l'Herne, erano costretti a riconoscere che quelle attività erano esclusivamente intellettuali e del tutto innocue.

 

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