carlo verdone

BIANCO, ROSSO E VERDONE: “MI CHIESERO DI FARE IL SINDACO DI ROMA, NEL DOPO ALEMANNO. SONO VENUTI IN SEI A CASA MI HANNO SPIEGATO CHE MI AVREBBERO FATTO UN CORSO ACCELERATO. MI MOSTRARONO UN SONDAGGIO: AVEVO IL 41,3%  DELLE PREFERENZE. HO DECLINATO. NON È IL MIO LAVORO - LA BATTUTA-SIMBOLO DELLA MIA CARRIERA E’ "O’ FAMO STRANO”. RACCHIUDE IL DISASTRO CHE PUÒ ESSERCI IN UNA COPPIA. SIGNIFICA..."

 

 

Piera Detassis per “Panorama”

 

CARLO VERDONE

Carlo Verdone allo specchio. E con lui l'Italia. Chi non ricorda la scena di Borotalco  in cui Manuel Fantoni, uno dei tanti mitomani del suo repertorio, prova nella specchiera del bagno il monologo : “Un bel giorno mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana…”?

carlo verdone

 

Trentacinque anni dopo, nel nuovo film Benedetta follia, in uscita l’11 gennaio  l’immagine riflessa nella scena clou è sempre quella di Verdone, o meglio del suo giovane alter ego: “Con gli effetti speciali” racconta il regista a Panorama “mi hanno riportato all’età in cui ancora correvo in moto, dallo specchio rimprovero me stesso nei panni del protagonista Guglielmo, anni 67: ‘guarda com’è diventata la tua vita, volevi spaccà er mondo e vendi clergyman, fai il servitore dei preti…’.

 

“Il protagonista” continua Verdone "è in piena depressione dopo che la moglie, Lucrezia Lante della Rovere, l’ha lasciato per una donna e quell’apparizione allo specchio fa scattare il lui una sorta di follia: dopo un surreale balletto felliniano con prelati e suore e una pasticca d’ecstasy, prendo il volo in motocicletta nel cielo sopra Roma. Un’allucinazione psichedelica dove incontro tutte le donne del film”.

 

MARIA ELENA BOSCHI SUL SET DI CARLO VERDONE

Il “malincomico” Verdone, che è stato il tamarro e l’imbranato, il pedante e l’ipocrita, e cioè gli indelebili  Mimmo, Furio, Ivano, Armando Feroci e Manuel Fantoni, festeggia quarant’anni di carriera diventati per tutti la “Storia di un italiano”, tra vizi e mitomanie, nevrosi e sconfitte, battute precise come freccette nell’infilzare un’epoca, da “Anvedi che ber sito. Ti ci hanno mai cliccato sopra?” a “Lo vedi che la cosa è reciproca?” che ormai fanno parte del nostro Dna.

 

Stavolta ‘O rifamo strano: il compleanno professionale Verdone lo festeggia infatti concedendosi insolite divagazioni fantasy e fumettare grazie alla penna più giovane di Nicola Guaglianone e Menotti, autori di Lo chiamavano Jeeg Robot. Nel film Guglielmo è il proprietario di un negozio di alta moda per vescovi e cardinali, pio e monogamo, e a capirne la fraglità sarà una ragazza della periferia, Luna/Ilenia Pastorelli, precipitata lì in hot pants e beata ignoranza un po’ cafona.

carlo verdone un sacco bello

 

Per quanto possa sembrare strano avrà il posto di commessa e consolerà Guglielmo come una vera amica, e una figlia, ma soprattutto gli farà conoscere Lovit, l’App di incontri al buio più popolare. Un film tutto la femminile con Maria Pia Calzone, Paola Minaccioni, Eisa Di Eusanio e Francesca Manzini. Per Carlo un ritorno a casa, perché il suo cinema ha sempre esaltato le protagoniste, e insieme un nuovo inizio "perchè faccio cose mai osate prime”

 

D: La benedetta follia del titolo è quella delle donne o degli amori online?

carlo verdone antonio albanese l abbiamo fatta grossa

R. Sul  set io ho bisogno di essere messo in difficoltà e solo le attrici ci riescono. Questo è indubbiamente il mio film più femminile, era il momento giusto per raccontare  la forza delle donne, il loro nuovo protagonismo  e soprattutto i sentimenti  ai tempi delle App e dei social.

 

Guglielmo finisce risucchiato da Lovit, i tre incontri al buio saranno altrettante tragedie, il sesso nei miei film è sempre una brutta bestia, comico e drammatico e questo è anche un film sui depressi sentimentali, sulla folle confusione amorosa in cui  ci dibattiamo, Avevo già raccontato il mondo delle speed date in L’amore è eterno fin che dura, ma qui è protagonista, rappresenta un fantastico microcosmo di mitomania e nevrosi contemporanee con storie di micidiali cantonate. Eppure in tanti, magari al terzo tentativo, si sono innamorati online e poi sposati. Del resto oggi come altro incontrarsi? Stiamo tutti incollati ai cellulari

carlo verdone (2)

 

D. Per contrappasso, o penitenza, Il protagonista vende articoli religiosi, come quello di Stasera a casa di Alice gestiva una agenzia di viaggi cattolica. I preti, logorroici, flautati o suadenti, sono onnipresenti nei suoi film. Una vera e propria ossessione: è comicità o vera fede?

R. Io sono credente, un cattolico con mille dubbi, ma che si applica nel cercare la fede. Con i preti, come tutti gli italiani, ci sono cresciuto. Da piccolo ero iscritto a una congregazione cattolica, ho fatto carriera da lupetto a esploratore, poi ho studiato dagli Scolopi e soprattutto ho fatto il chierichetto per anni, ero bravissimo! I prelati sono materiale prezioso per un comico: con quella retorica da predica ridondante mi hanno permesso, negli anni ’80 e ‘90 di sviscerare una certa ipocrisia cattolica.

 

carlo verdone

Uno dei miei migliori amici è stato Monsignor Ersilio Tonini, grandi telefonate, cene insieme. Difficile che io potessi parlare perché quando attaccava lui non si riusciva a fermarlo, però ascoltavo. Un uomo spartano, di fede vera, sono riuscito a fargli vedere solo un mio film, Al lupo al lupo. Non aveva tempo e soprattutto non aveva il videoregistratore. 

 

D. Il suo cinema ha toccato vertici sublimi raccontando i mitomani all’italiana. Com’è cambiato il vizio nazionale in questi quarant’anni?

carlo verdone nei ruoli del professore nel film grande grosso e verdone

R. Il mitomane era l’amico sotto casa, grandissimo raccontatore di cazzate, ti propinava spropositi a cui potevi credere o meno, ma ti faceva ridere perché era in fondo lo sapevi  fragile, inadeguato con le donne o con il successo. Ha presente il dialogo tra Fantoni e gli amici in Borotalco, quello sul 'vizietto’ delle star: "Ma è vero che John Wayne è frocio? E Roger Moore?” E Manuel: ”Su Roger non posso dì’ niente perché l’ho visto sempre de sguincio”? Ecco, quello è il mitomane fastidioso ma innocuo, oggi è diventato mr.Hyde, cattivo, violento, è il Roberto Spada di Ostia che entra a freddo con la capocciata. Non c’è niente di comico.

 

D. In questi quarant’anni è cambiato anche il modo di ridere e far ridere?

R. E’ diventato difficilissimo, C’è sempre il rischio che lo spettatore pensi: "Ma che c’è da ride’ in un momento come questo?”. Non funziona più la risata di una volta, il pubblico non ci crede,  vuole un racconto che sia una carezza per la sua anima. La battuta oggi è per la curva sud. Sono tutti alla ricerca dell’amore, chi nel modo sbagliato, chi nella maniera più struggente.

MASSIMO MARINO E CARLO VERDONE

 

D. Non parrebbe a giudicare dagli odiatori professionisti sul web

R. Gli haters sono un fenomeno che esisterà sempre nell’ anonimato, come le fake news , è un gioco anarchico per distruggere. Basta ignorarli. Nella realtà tutti cercano il sentimento e a patire di più sono le donne. Tutte le mie amiche dicono la stessa cosa: “Non si trova più un uomo con le palle, tutti decidono di non decidere”. Oggi il maschio è un tormentato sentimentale in piena crisi, non ci sono più i Gassman, i  Sordi, i  Manfredi, non c’è più quell’uomo del cacchio degli anni '60 che rimorchiava senza pensieri. La donna oggi è socialmente più importante, più forte e noi siamo stretti nell' angolo del ring. Inadeguati

 

D. Di cosa è veramente orgoglioso quarant’anni dopo?

CARLO VERDONE IN RESTO A ROMA DI RADIO GLOBO

R. Le racconto una storia che mi è successa tre o quattro anni fa. Una signora del quartiere mi ferma per dirmi che la sorella ha pochi giorni di vita e l’unica cosa che le dà serenità è vedere i miei film. Mi chiede di incontrarla e io dico ‘sì’, ma ero terrorizzato. Ho passato due ore  mezzo con quella donna piena di lividi nelle vene, una bellissima conversazione. Mentre me ne andavo mi ha detto:”io ci sarò ancora per pochi giorni, se le va torni”. L’ho fatto. Mi sono sentito davvero utile, quell’incontro che temevo mi ha invece rivelato l’importanza del mio lavoro. Da lì con il passaparola si è scatenato tutto il quartiere Monteverde, ho fatto decine di visite a malati terminali, sono andato al Bambin Gesù. All’inizio mi era parso così assurdo che l’ultimo regalo della vita potesse essere conoscere Carlo Verdone e invece ho scoperto il senso vero del mio lavoro

 

D. Qual è la battuta-simbolo della sua carriera, la più geniale?

MARIO BREGA E CARLO VERDONE

R.  "O’ famo strano”. Pare banale e invece racchiude tutto il disastro che può esserci in una coppia. Significa: abbiamo consumato tutto, andiamo oltre, andiamo ancora oltre, e alla fine le hai provate tutte e ti ritrovi come nel finale, che lei è stanca, non je va più de farlo strano e va a dormì. E lui? Lui palleggia da solo nel soggiorno tra i divani e il televisore la plasma

 

D. Come nascono i personaggi e le battute dei suoi film?

 R. Non ho mai smesso di stare in mezzo alla gente, sono come una spugna che assorbe. Ancora oggi mi alzo presto e per strada mi fermano il fioraio egiziano che si chiama Magdi e ripete ogni santo giorno "lo vedi che la cosa è reciproca?” ricordando la Magda di Viaggi di Nozze.

carlo verdone antonio albanese l abbiamo fatta grossa

 

E poi il verduraio  pakistano e quello del bangladesh. Per il il futuro scordiamoci la Sora Lella, scordiamoci Mario Brega, quella è una Roma che non c’è più, i caratteristi saranno rumeni, cingalesi, albanesi. L’ultima Roma romantica l’ho raccontata io con il gruppetto degli amici di Oscar Pettinari in Troppo Forte. Bulli de periferia, ma non cattivi come quelli di adesso

 

D. Il suo film precedente si chiudeva con una Pernacchia contro il politico corrotto. Prima delle ultime elezioni del sindaco di Roma ha  postato la mitica scena di Gallo Cedrone: “Sto fiume ce serve e nun ce serve?” con il candidato pronto ad asfaltare il Tevere. Sempre pessimista in politica?

paola cortellesi con carlo verdone

R. Moriremo di burocrazia, che blocca tutto, favorisce tanti piccoli potentati e porta dritti alla corruzione. Più viaggio e più rientro in Italia con il magone, Questo paese  non riparte perchè c’è troppa pressione fiscale  e troppi pensionati con 460 euro al mese che alla sera mangiano la rosetta con il caffellatte. Alle prossime elezioni vincerà chi farà populismo su questi temi, il paese si sposterà sempre più verso destra. E qui, con amarezza, vorrei dire agli uomini della sinistra che mi meraviglio di loro, non siamo così stupidi, la loro è una faida interna e alla fine l’elettorato presenterà il conto. Il risultato è che ci ritroviamo un’altra volta con Berlusconi. Da non crederci! Comincio anche a pensare che ci siano un po’ troppi partiti. Ci vorrebbero tagli e decisioni forti, impopolari, ma non arriveranno, troppa paura di perdere voti.

CARLO VERDONE E ANDREA DELOGU

 

D. Se le chiedessero di fare il sindaco di Roma…

R. ...Me l’hanno già proposto, nel dopo Alemanno. Sono venuti in sei qui a casa, no, non le dirò mai di quale schieramento, mi hanno spiegato che mi avrebbero fatto un corso accelerato, e  mostrato un sondaggio sul mio nome, avevo il 41,3%  delle preferenze, (mentre il 27,3% lo voleva assessore alla cultura. Il sondaggio è di Globalist.it, giugno 2012. Ndr). HO declinato nonostante le pressioni. Non è il mio lavoro

 

D. Facciamo finta che abbia accettato. Quali misure impopolari prenderebbe subito?

carlo verdone c

R. Riorganizzazione totale dei mezzi pubblici che partono dalle periferie verso il centro, aree pedonali molto vaste, severità estrema con chi posteggia in doppia e terza fila. Ma prima di tutto costruirei garage sotterranei sul modello delle città europei fregandomene dei vincoli. Lo so che Roma appena scavi trovi ‘na colonna, ma non è più importante riqualificare le periferie? E infine, questa è la più impopolare: via i sampietrini, li voglio vedere solo nelle foto Alinari, non vanno più bene con il traffico di oggi, ti fratturanoo la schiena ti invalidano. Dice “ce togli la poesia”. Ma dove la vedi ‘sta poesia?. Il sampietrino è fatto per le carrozze

verdone saluta il pubblico

 

D. Che Italia sente di aver raccontato in questi quarant’anni?

R. Credo di aver intercettato l’anima, le debolezze e le fragilità della mia città e del paese,  ho cercato il dettaglio nelle persone più anonime e grigie, nei dimenticati e la gente si è riconosciuta.  Non ho costruito eroi.  E ho raccontato  tanta solitudine.

 

D. Siamo ancora più soli in piena epoca social, condannati a LOvit? 

R. Ma sì,  prima c’era meno sospetto, sapevi che sotto casa trovavi sempre qualcuno con cui parlare. Quella di oggi è una solitudine nevrotica che sfocia facilmente nella depressione e manco te ne accorgi.Ci illudiamo di non essere soli  perchè abbiamo centomila  follower sul cellulare, in realtà sei sempre tu da solo con il dito. L’italia è una società depressa, guardi Roma , con questa illuminazione delle strade al led che esalta solo il buio, ’sti fuochi fatui che ci rappresentano in pieno nell’animo. Io reagisco con Benedetta follia, un inno all’amore, pieno di colori, humour  e stravaganze. Mi pare che l’italiano, oggi aspiri soprattutto a questo,  sentimento e leggerezza. E ‘n po’ de luce…

carlo verdone racconta la sua carriera (9)marco travaglio carlo verdone

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