cesare pavese

CESARE PAVESE ERA MIO ZIO‘’LE SCEGLIEVA UNA PEGGIO DELL'ALTRA, A PARTE LA PIVANO CHE NON VOLLE SPOSARLO. C'ERA LA DONNA CON LA VOCE ROCA, PER LA QUALE DI FATTO SI FECE MANDARE AL CONFINO: QUANDO TORNÒ, E SEPPE CHE LEI NEL FRATTEMPO SI ERA SPOSATA, CADDE SVENUTO. E POI QUELL'AMERICANA, L'ATTRICE, L'ULTIMA” – ‘’IL MONDO DELLA CULTURA, PIENO DI INVIDIE E GELOSIE, GLI AVEVA FATTO PESARE DI NON AVERE COMBATTUTO, DI NON ESSERE STATO PARTIGIANO, I COMUNISTI SPECIALMENTE. MA LO ZIO AVEVA L'ASMA…”

cesare pavese il venerdì

Maurizio Crosetti per “il Venerdì - la Repubblica”

 

Questo tesoro l' abbiamo tenuto sulla scrivania per quattro giorni, sfogliandolo come il più fragile oggetto del creato. Era rimasto chiuso in una valigia per novant' anni, poi la nipote di Cesare Pavese, una signora di 92 anni di nome Maria Luisa Sini, ce l' ha affidato perché potessimo cercarvi una presenza, un segno. È un dattiloscritto di 304 pagine corrette a penna stilografica con inchiostro nero, la carta quasi una velina, la grafia elegante e nitida.

 

Il testo è rilegato con due graffe arrugginite e sulla copertina reca, in alto a destra, una serie di monogrammi «CP» vergati dall' autore ventiduenne: per la precisione undici, più uno cancellato. In azzurro chiaro, probabilmente incise con una matita a pastello, due scritte: «Walt Whitman», al centro, e in basso a destra la firma: «Pavese».

cesare pavese

cesare pavese

Si tratta della prima stesura della sua tesi di laurea, Interpretazione della poesia di Walt Whitman. L' anno era il 1930.

villa mario pavese serralunga

 

Il mese, agosto. Un documento emozionante e prezioso, pieno di cancellature, correzioni, aggiunte e annotazioni che Pavese inserì nella sua tormentata tesi dapprima rifiutata dal relatore, professor Federico Olivero, perché "troppo scabrosa", poi accettata dal docente di letteratura francese, professor Ferdinando Neri. Un evidente compromesso: in realtà, le ragioni del contrasto erano politiche.

pavese ginzburf frassinelli antonicelli

 

Whitman è un poeta della libertà, e il nascente fascismo non poteva accettarlo. Gli interventi di Pavese nella redazione finale furono molteplici. Eliminò molte parti scritte in inglese, e soprattutto le sue traduzioni di Whitman, rimaste inedite per quasi un secolo. Il Venerdì è in grado di proporne uno stralcio.

 

Il futuro traduttore di Moby Dick, appena due anni più tardi (1932 per Frassinelli), autore di romanzi fondamentali e ancora ricchissimi di potenza espressiva e poesia, si sarebbe tolto la vita esattamente vent' anni dopo, il 27 agosto 1950.

 

Nel settantesimo anniversario della morte, l' editore Einaudi, di cui Cesare Pavese fu non solo un grande autore ma un fondamentale e infaticabile redattore, manda alle stampe nei tascabili una riedizione completa di questi classici della letteratura italiana, con nuove prefazioni di alcuni tra i principali scrittori contemporanei della scuderia di via Biancamano (dal 26 maggio in libreria).

cesare pavese

 

 

L' inedita prima versione della tesi di laurea mostra un Pavese già assai convinto di sé, ai limiti della supponenza. Era solo un ragazzo, ma con il piglio di un critico navigato. È tutta scritta in prima persona ed è, come dire?, parecchio autoriale, in alcuni passaggi decisamente polemica.

 

La si potrebbe quasi definire «un luogo pavesiano», non dissimile in fondo dalla casa paterna a Santo Stefano Belbo, dalla dimora torinese di via Lamarmora 35, oppure dalla vera casa in collina del celebre romanzo del 1948: non è a Torino, come nella finzione narrativa, e neppure in Langa, ma nel Monferrato Casalese, a Serralunga di Crea, ai piedi del santuario.

 

pivano hemingway

Qui Pavese visse da sfollato dall' 8 settembre 1943 fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale, abitando insieme alla sorella Maria, al cognato Guglielmo e alle loro figlie Cesarina e Maria Luisa, proprio lei, la signora che ci ha prestato il manoscritto dalla copertina color carta di pane.

 

La casa di Serralunga è disabitata da vent' anni, ma la famiglia non ha mai voluto venderla. Nel romanzo, il protagonista Corrado passeggia nei dintorni e tra i boschi con il ragazzino Dino, figlio di Cate, che forse è anche figlio suo. Quasi nulla è cambiato. Gli arbusti, il pozzo e il gazebo lasciano immaginare lo scrittore al lavoro, lui che in quegli anni successivi al confino di Brancaleone Calabro insegnò lettere sotto falso nome al collegio Trevisio di Casale Monferrato, dove si presentava come il professor Carlo De Ambrogio.

pavese

 

La scuola era gestita dai padri Somaschi, e in quel periodo Pavese si avvicinò un poco alla religione. Qui a Serralunga iniziò a cercare le radici del mito che tanta parte avrebbe avuto nella sua produzione letteraria. Scriveva seduto al tavolo della cucina, unico locale della casa riscaldato da una stufa. Ma Cesare, ricorda la nipote, «non era mica un freddoloso, si lavava con l' acqua gelata e nel letto non voleva lo scaldino, che a quel tempo si chiamava "il prete". Scriveva e traduceva, e una volta fece per me un tema su Dante: ebbene, la professoressa mi mise un 3, però allo zio non ebbi mai il coraggio di dirlo».

einaudi aldous huxley

 

Dentro questa casa grigia, Pavese mangiava pane e salame e raccoglieva in giardino le mele cotogne che divorava senza attendere che ne facessero marmellata. Ora si sentono latrare cani in lontananza, e ogni tanto sfreccia qualche ciclista. La casa è addossata alla strada, tra frassini e castagni.

 

cesarina sini

Si chiama Villa Mario, il nome di un fratello del cognato dello scrittore che morì giovane, combattendo nella Grande guerra. Tra i sentieri che portano al Sacro Monte di Crea, Pavese ebbe la prima ispirazione dei Dialoghi con Leucò, «forse, tra i libri che aveva scritto, quello che lui preferiva», dice la nipote, e l' idea germinale per Il diavolo sulle colline.

pavese pivano

 

Gli abitanti del luogo ne parlavano come di un uomo vestito di nero che fumava la pipa, quando lo vedevano scendere dalla scalinata a colonnine per avviarsi nel bosco. Un solitario, un po' un orso. Uno che non dava confidenza, molto timido e sensibile.

 

Nei mesi da sfollato fece amicizia con padre Giovanni Baravalle, insieme parlavano di Dio. «Ma una volta tornati a Torino, credo che in chiesa non sia mai più entrato», ricorda Maria Luisa.

 

pavese

La signora ci riceve nel suo appartamento nel quartiere torinese della Crocetta, non lontano da via Lamarmora dove la famiglia della madre e lo scrittore vissero per oltre vent' anni, e dove lei crebbe accanto a Pavese. Maria Luisa Sini è una donna lucidissima e gentile, ex professoressa di italiano.

 

Ha il viso allungato e serio che un poco ricorda quello dello zio, appeso sul muro in una celebre fotografia. Qui c' è anche la vecchia libreria di Pavese, in legnaccio scuro. Un paio di scaffali contengono dei vecchi volumi appartenuti allo scrittore. «Lì sotto c' erano le scatole con i suoi manoscritti, da bambine ci giocavamo attorno, una volta un coperchio se lo mangiucchiò un cane. In quanto alla tesi di laurea, quasi non ricordavamo nemmeno di averla».

 

cesare pavese e constance dowling

La signora Maria Luisa parla seduta sulla poltrona, nella penombra del pomeriggio, le mani in grembo. È l' ultima testimone diretta dello scrittore grande e tormentato. «Lui era del 1908, io del '28. In casa non avevamo alcuna percezione che lo zio fosse un genio.

 

Maria Luisa Sini

Prima che morisse, i suoi libri non mi avevano mai interessato, poi però mi laureai con una tesi su Il mestiere di vivere, il diario in quei giorni ancora inedito, il testo che lo zio aveva sulla scrivania quando si suicidò. Due mesi prima, quando vinse lo Strega (per La bella estate, ndr) gli dicemmo solo "oh bravo, complimenti", ma ricordo che in casa non si fece neppure un brindisi, neanche una piccola cena per festeggiarlo.

 

walt whitman

Siamo sempre state persone di poche cerimonie, non proprio gente da abbracci. Infatti questi mesi di clausura per il coronavirus non li ho patiti per nulla, anche se per certi aspetti è stato peggio che in guerra: allora dopo il bombardamento era tutto finito, e se eri rimasto vivo continuavi la tua giornata. Qui, invece, quando finirà?».

 

La nipote ricorda uno zio introverso, solitario e appartato. «Ma molto sensibile, troppo. Non ci parlava mai dei suoi libri: forse non ci riteneva degni. Mia madre lo venerava, e a me e a mia sorella ripeteva sempre di non entrare nella stanza dello zio, di non mettere disordine, di non disturbarlo. In famiglia avevamo per lui una sorta di ossequio reverenziale.

cesare pavese

 

Ogni tanto ci faceva dei regalini, ci dava delle monete, "ecco, compratevi i nastri per le trecce", diceva. Oppure ci portava al cinema. Quando stava scrivendo Tra donne sole, volle sapere da me come sono fatti gli abiti di taffetà, mi chiedeva cose di femmine.

 

 

In quel campo, lui, beh, lasciamo perdere... Le sceglieva una peggio dell' altra, oh signùr, a parte la Pivano che non volle sposarlo. C' era la donna con la voce roca, per la quale di fatto si fece mandare al confino: quando tornò, e alla stazione di Porta Nuova seppe che lei nel frattempo si era sposata, cadde svenuto.

 

 

cesare pavese e constance dowling

E poi quell' americana, l' attrice, l' ultima. Eppure lo zio era un bell' uomo, era alto e non privo di fascino: alle donne piaceva. Ricordo che una sua allieva gli mandava ogni settimana un mazzo di rose rosse, soltanto che lei era brutta, poverina».

cesare pavese e constance dowling

 

Il pensiero va alle ultime settimane della vita di Pavese, agli ultimi giorni.

Il racconto di Maria Luisa è un sussurro. «Si vedeva che non stava bene, altroché. Era deluso anche dopo avere vinto il Premio Strega, stremato dopo avere scritto in due mesi La luna e i falò quasi di getto. Diceva di sentirsi come un fucile sparato. Era nauseato, vittima di maldicenze. Il mondo della cultura è sempre stato pieno di invidie e gelosie.

cesare pavese e constance dowling

 

 

Gli avevano fatto pesare di non avere combattuto, di non essere stato partigiano, i comunisti specialmente. Ma lo zio aveva l' asma, ogni sera faceva i suffumigi nel bacile: come partigiano sarebbe morto in tre giorni, non era mica Fenoglio! Visse riparato e solo, lavorando sempre».

cesare pavese

 

Fino a quel temporale d' agosto, pochi giorni prima del suicidio: «Si scatenò il finimondo e il vento spalancò le finestre, anche quella della camera di mio zio. I fogli del diario andarono all' aria. Noi entrammo con mille cautele, rimettemmo in ordine ma senza leggere neppure un rigo. Se l' avessimo fatto, forse avremmo capito, forse saremmo riusciti a mandare lo zio da un medico per farlo aiutare».

 

 

natalia ginzburg

Sono le celebri pagine finali de Il mestiere di vivere. Sedici agosto 1950: «Chiodo scaccia chiodo. Ma quattro chiodi fanno una croce». Diciassette agosto: «Nel mio mestiere dunque sono re (...) Nella mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Questo il consuntivo dell' anno finito, che non finirò».

 

Diciotto agosto, ultime righe, nove giorni prima della morte: «Sembrava facile, a pensarci. Eppure donnette l' hanno fatto. Ci vuole umiltà, non orgoglio. Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più».

Italo Calvino

 

Non compresero il dramma Maria Luisa e la sorella Cesarina, non il cognato e la moglie Maria. «Però la mamma devo dire che si stupì poco: suo fratello già a quindici anni parlava di suicidio, il vizio assurdo, come scrisse Davide Lajolo. Ma a quel tempo c' era meno attenzione al prossimo, eravamo usciti dalla guerra, si viveva in modo più aspro.

 

Mio papà faceva l' impiegato, e gli scrittori non erano delle star, guadagnavano anche pochino. Lo zio fu sempre vestito dalla sorella, che non spendeva poi chissà quanto per gli abiti o le scarpe di Cesare: il quale, devo ammetterlo, non era un elegantone. La sua sciarpetta bianca, dopo la morte la regalarono a un contadino.

 

cesare pavese

Abbiamo vissuto per due decenni con Cesare Pavese, eppure lo consideravamo un poco un perditempo, un fafiochè come si dice qui in Piemonte, non proprio un gigante delle lettere. Tra noi e lui c' era una sorta di paratia, non per cattiveria: eravamo fatti così. Dopo la sua morte, a casa vennero Calvino e la Ginzburg per prendere il diario, e nella prima edizione furono tolte alcune parti troppo personali. Così aveva chiesto mia madre, e all' Einaudi si dissero d' accordo. Mi viene ancora in mente lo zio che si riferisce ai fogli del diario sul suo tavolo, e ci ripete: "Questa è una cosa molto importante, non dovete toccare per nessun motivo", e noi purtroppo abbiamo ubbidito».

Pavese a 16 anni

 

 

La signora Maria Luisa fa una pausa. Ha parlato molto. Forse, anche a sé stessa. Ci mostra uno sgabello a righe bianche e rosse: «Lo ricavammo da una poltrona di mio zio». Quando Cesare morì era così giovane, e lei adesso ha superato i novant' anni, due in più del manoscritto che pare fatto d' aria. La signora lo porge dentro un sacchetto di carta, solo a guardarlo si ha paura che si rovini.

 

fenoglio

«Una cosa che vorrei indietro è la voce di mio zio. Naturalmente ricordo come parlava e non era per niente forbito, usava un italiano normale, lineare, con qualche vocabolo in dialetto. Discorrendo con noi in famiglia, non faceva mai l' intellettuale. Peccato che la sua voce non sia presente in nessun archivio, non sia rimasta incisa su nessun nastro. Ora che sono tanto vecchia sarebbe bello riascoltarla».

cesare pavese e constance dowlingcesare pavesecesare pavesecesare pavese e constance dowlingcesare pavesecesare pavese premio Stregacesare pavesecesare pavese primo levi

PAVESEbobbiopavese stregacesare pavese

Ultimi Dagoreport

elly schlein giuseppe conte roberto fico vincenzo de luca eugenio giani

DAGOREPORT - PARAFRASANDO NANNI MORETTI, CON LEADER DEL CALIBRO DI ELLY SCHLEIN E DI GIUSEPPE CONTE, ''IL CENTROSINISTRA NON VINCERA' MAI'' - IN TOSCANA, I DUE "GENI" HANNO TENTATO DI ESTROMETTERE IL “CACICCO” EUGENIO GIANI, REO DI SANO RIFORMISMO, CHE SI È DIMOSTRATO CAVALLO VINCENTE – IN CAMPANIA, INVECE, RISCHIANO DI ANDARE A SBATTERE CON IL CAVALLO SBAGLIATO, IL FICO DI GIUSEPPE CONTE, CHE TRABALLA NEI SONDAGGI: URGE UN FORTE IMPEGNO DI RACCOLTA VOTI DEL "CACICCO" TANTO DISPREZZATO DA ELLY: VINCENZO DE LUCA (CHE A SALERNO SE LA DEVE VEDERE CON IL CONCITTADINO E CANDIDATO DEL CENTRODESTRA, CIRIELLI) – CON L’INCONSISTENZA STORICA DEL M5S A LIVELLO LOCALE, IL “CAMPOLARGO” VA AL PIU' PRESTO ACCANTONATO: TROPPI "PRINCIPI" DIVERSI TRA PD E M5S PER UN'ALLEANZA, MEGLIO UNA COALIZIONE IN CUI OGNUNO CORRE COL SUO PROGRAMMA CERCANDO DI MASSIMIZZARE IL CONSENSO - SOLO DOPO IL VOTO, IN CASO DI VITTORIA, SI TROVA L'ACCORDO (E COME DIMOSTRA LA COALIZiONE DEL GOVERNO MELONI, LA GESTIONE DEL POTERE È IL MIGLIOR PROGRAMMA...) - VIDEO

giorgia meloni guido crosetto

IL "FRATELLASTRO" CROSETTO FA BALLARE GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI: “SE GLI STATI EUROPEI NON RINUNCIANO ALLA LORO SOVRANITÀ IN ALCUNI SETTORI, SONO MORTI. SULLA DIFESA DOBBIAMO METTERE ASSIEME I 27 PAESI UE IN UN SOLO PROGETTO COMUNE” – LA POSIZIONE DEL MINISTRO DELLA DIFESA È ALL’OPPOSTO DI QUELLA SOVRANISTA DELLA DUCETTA, CHE PIÙ VOLTE IN PASSATO HA REMATO CONTRO IL PROGETTO DI UN ESERCITO UNICO EUROPEO: “SAREBBE UNA INUTILE DUPLICAZIONE. IL SISTEMA DI DIFESA OCCIDENTALE È BASATO SULLA NATO, E NELLA NATO CI SONO ESERCITI NAZIONALI CHE COOPERANO TRA DI LORO. IO VOGLIO PIUTTOSTO UNA COLONNA EUROPEA DELLA NATO” – CHISSA' CHI ALLA FINE DIRA' L'ULTIMA PAROLA... - VIDEO

mauro gambetti papa leone mazza baseball san pietro pipi sagrato

DAGOREPORT: IL PISCIO NON VA LISCIO – PAPA LEONE XIV E’ FURIOSO DOPO IL SACRILEGIO COMPIUTO DALL’UOMO CHE HA FATTO PIPI’ SULL’ALTARE DELLA BASILICA DI SAN PIETRO – IL PONTEFICE HA ORDINATO UN RITO RIPARATORIO “URGENTE” E, SOPRATTUTTO, HA FATTO IL CULO AL CARDINALE GAMBETTI, ARCIPRETE DELLA BASILICA VATICANA, CON UN CONFRONTO “TEMPESTOSO”: E’ IL TERZO GRAVE EPISODIO IN POCO PIU’ DI DUE ANNI AVVENUTO NELLA CHIESA PIU’ IMPORTANTE DEL MONDO – NEL MIRINO FINISCONO ANCHE GLI UOMINI DELLA GENDARMERIA VATICANA, INCAPACI DI INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE E DI PREVENIRE GESTI SACRILEGHI DELLO SVALVOLATO DI TURNO – VIDEO!

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…