
“CI CHIAMAVANO ‘LOLITE’ A ‘NON È LA RAI’, MA LA MALIZIA È NEGLI OCCHI DI CHI LA VEDE” – A 51 ANNI ALESSIA MERZ SPIEGA PERCHÉ È SPARITA: “MI SONO DEDICATA ALLA FAMIGLIA, NON AVREI LA TESTA PER FAR FINTA DI LITIGARE PER UN PEZZO DI PANE A UN REALITY. I SOCIAL? NON CREDO CHE A NESSUNO INTERESSI COSA MANGIO PER COLAZIONE O IL COLORE DEL MIO COSTUME. PER QUESTO HO PERSO LAVORI. IL SUCCESSO? L'UNICO EPISODIO CHE MI HA SEGNATA È STATO UN PROVINO A MILANO DOVE HO RISCHIATO BRUTTO: SALITA IN MACCHINA, MI SONO TROVATA CON IL SEDILE RECLINATO. HO URLATO COME UNA MATTA…” – VIDEO
Estratto dell'articolo di Silvia M.C. Senette per www.corriere.it
[…] A trent'anni dalla chiusura di «Non è la Rai» Alessia Merz, soubrette e attrice trentina […]l'ex «Lolita di Boncompagni» rivela la sua nuova vita dedicata alla famiglia.
Alessia, partiamo dalla sua “sparizione” dalle scene. Cosa le ha fatto scegliere una vita così ritirata?
«Ho scelto di dedicarmi alla famiglia. Mi sono sposata con Fabio (Bazzani, ex calciatore) vent'anni fa e ho avuto Niccolò, 18 anni, e Martina, 17. Ancora oggi non sarei pronta a lavorare a tempo pieno.
Mi è stato proposto più di un reality e non ho accettato, ad esempio "il Grande Fratello vip": non avrei la testa per far finta di litigare per un pezzo di pane. Primo perché sono molto competitiva, e poi stare lontana dalla mia famiglia per più di due giorni è impensabile. Ormai vado per i 51, ho già dato».
Il mondo dello spettacolo è un capitolo chiuso?
«No, sono aperta a lavori saltuari. Mi consentono di dedicarmi a me stessa, guadagnare i miei soldi, rivedere i colleghi: una "vacanza" dal tran-tran quotidiano. Mi piace fare l'opinionista, presenziare a serate o eventi, spesso sono ospite dalla Balivo, dove ho anche rivisto Cristina Quaranta dopo 30 anni; non ci si vedeva dai tempi di "Striscia"».
Anche sui social lei è assente: una rarità nel suo ambiente.
«[…] Far sapere i miei fatti non mi interessa e credo che a nessuno interessi sapere cosa mangio a colazione o di che colore ho il costume. Dopo anni sotto i riflettori, oggi tengo molto alla mia privacy. Mi capita di perdere dei lavori per questo, per le pubblicità ora cercano le influencer, ma sto meglio senza».
Torniamo agli inizi. Come fu l'impatto con Roma e "Non è la Rai"?
«Uno shock. Ricordo ancora il viaggio in treno per Roma, le valigie, i pianti. A Trento, una città chiusa a quell'epoca, non fu ben vista la mia scelta: sembrava andassi a fare "la poco di buono". Fu Pino Insegno a suggerirmi il provino: mi ospitò a casa dei suoi per rassicurarmi sulle sue intenzioni. Quando mi hanno presa, non potevo crederci; furono i miei a dire: adesso vai e ci provi.
Ero timidina e in studio, al Palatino, la solidarietà femminile era poca: le ragazze più "sgamate" non ti lasciavano nemmeno sedere in prima fila. Ma lì mi sono formata il carattere. I miei genitori mi imposero di continuare a studiare, mentre molte altre abbandonavano la scuola o addirittura i loro genitori lasciavano il lavoro per seguirle, convinti che "Non è la Rai" fosse il punto d'arrivo».
alessia merz e hoara borselli panarea
Quando ha realizzato di essere diventata "qualcuno"?
«Subito. Ogni giorno fuori dal Palatino c'era la gente che aspettava, chiedeva autografi e foto. Miriana Trevisan era la più richiesta, poi Ambra, io, Antonella Mosetti, Ilaria Galassi, Laura Freddi... Ma la vera consapevolezza l'ho avuta con "Striscia la Notizia": un programma che arrivava in tutte le case. Ancora oggi mi fermano, mi chiedono autografi. Mi fa piacere: significa che ho lasciato un buon ricordo».
Ha mai temuto di perdere la bussola, con il successo?
«No, grazie ai miei genitori e al mio agente, Fano. Ho sempre fatto quello che volevo. L'unico episodio che mi ha segnata è stato un provino a Milano, senza di lui, dove ho rischiato brutto: salita in macchina, mi sono trovata con il sedile reclinato. Ho urlato come una matta. Da lì ho capito l'importanza di avere un agente. […]».
Dopo trent'anni "Non è la Rai" è ancora un fenomeno. Che effetto le fa?
«Godo! […] molti per snobismo facevano finta di non conoscerlo. Gianni Boncompagni è stato lungimirante, ha creato un fenomeno incredibile e, se oggi sono chi sono, lo devo a "Non è la Rai". Molte colleghe lo rinnegano, io no. Eravamo definite "donne oggetto", "Lolite", facevamo scalpore, ma eravamo vestitissime, cantavamo e ballavamo. La malizia era in chi guardava».
Permetterebbe a sua figlia Martina di fare un programma simile?
alessia merz e fabio bazzani 1
«Sì, gliel'ho sempre detto, purché seguita e tutelata. Questo lavoro ti dà tanto, ma ti toglie anche molto: non hai vita privata, fai molte rinunce. […]».
[…]
Lei, però, si è trovata a lavorare contestualmente con Gerard Depardieu, David Lynch e Roman Polanski!
«Ecco, lì mi sono sentita veramente famosa. Giravo lo spot Barilla diretto da Lynch, con me e Depardieu, e Polanski era venuto a trovarlo. Ero uno scriccioletto in mezzo a loro, non contavo assolutamente niente, ma la sicurezza doveva tenere la gente a bada perché voleva un mio autografo. Lì ho detto: sono qualcuno. Però l'ho sempre vissuta come una fortuna piovuta: ok, mi hanno presa e probabilmente me lo sono anche meritato, è stato bello, però questa cosa oggi c'è e domani vediamo».
Oggi quali sogni professionali ha nel cassetto?
«Mi piacerebbe ricominciare a essere presente in tv come opinionista, magari come ospite fissa in un salotto pomeridiano, come quello di Caterina Balivo, un paio di volte a settimana. Mi diverto, mi impegna ma non tutti i giorni. Oppure una trasmissione di calcio: la mia passione».
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