IL CINEMA DEI GIUSTI – AIUTO, ARRIVA IL KOLOSSAL LEGHISTA ANTI-ISLAM!

Marco Giusti per Dagospia

Che piacere! Era dai tempi di Piero Pierotti e di Giacomo Gentilomo che non vedevamo più un kolossal storico di ispirazione cattolica dove circolano battute del tipo "Tra il mio cuore e la fede ho scelto la fede. E' questo che rende diversi noi mussulmani da voi occidentali". O quei castelli costruiti con il cartone che dovrebbero proteggere una capitale come Vienna.

O tre cavalli che cadono a comando per il piacere dello spettatore in piena battaglia. O la carica della cavalleria polacca con i pennacchi e i gonfaloni con la Madonna! Nei primi anni '60, il vecchio Guido Zurli, dopo aver girato "Le verdi bandiere di Allah", scritto con Adriano Bolzoni, Umberto Lenzi e Sergio Leone, divenne così popolare in Turchia che venne chiamato lì a girare i suoi film.

Beh, di fronte a questo "Undici settembre 1683", il film che Renzo Martinelli, l'indimenticabile regista di "Porzus", "Vajont" e soprattutto dell'iperleghista "Barbarossa", che ebbe la sua anteprima glamour un paio d'anni fa a Castello Sforzesco alla presenza di Bossi e di tutta la crema del leghismo italiano, il piacere però è limitato al ricordo di quello che era un cinema popolare negli anni '60 e al pensiero di quello che abbiamo perso. E' vero che Martinelli è l'unico in Italia a inseguire il kolossal di coproduzione e questo rende i suoi film vendibili, magari nell'Est europeo, in Polonia infatti è già uscito.

E' vero pure che solo in questo film, totalmente stracult, possiamo vedere recitare assieme un mito come Jerzy Skolimowski, Matteo Branciamore dei Cesaroni e Daniel Olbrychski, eroe dei capolavori di Wajda, o la divina Claire Bloom (la protagonista di "Luci della ribalta" di Chaplin) con Gianni Musy (è pure il suo ultimo film). O credere che Hal Yamanouchi, cinese de Roma di tanti B-movie, sia il potente capo tartaro Murad Giray e Yorgo Voyagis, greco de Roma specializzato in ruoli da playboy nella commedia sexy ("L'assistente sociale tutto pepe"), sia un martire della fede di Allah.

Vero pure che pure il protagonista, F.Murray Abraham, come Marco d'Aviano sarà magari identico ai ritratti d'epoca del beato, ma assomiglia troppo a Schifani e si atteggia troppo a militante cattolico invasato in lotta coi mussulmani per essere credibile come frate dai poteri miracolosi, mentre Enrico Lo Verso come Gran Visir Karà Mustafa può funzionare come aspetto, ma è tradito più che da qualche leggerissima intonazione siciliana dal cast di finti turchi che si ritrova accanto.

Ora, a parte una bella dose di noia e sbadigli che funestano la prima parte del film, a parte una ricostruzione di Istanbul che nemmeno la Romana Film di Fortunato Misiano avrebbe sopportato, le cose meno riuscite sono quasi interamente di sceneggiatura, opera di Martinelli e dello storico alla "Voyager" Valerio Massimo Manfredi.

Si ascoltano dialoghi che nessuno ai tempi di Guido Zurli avrebbe accettato, anche se la poca eleganza della sceneggiatura va in fondo di pari passo con l'ideologia di propaganda anti-mussulmana un po' rozza del film e con una regia che si sforza di compensare con inutili riprese dall'alto che avranno sfiancato il povero Fabio Cianchetti la povertà di scenografia e qualche imbarazzante effetto speciale digitale.

Siamo pronti a tutti, anche perché il film, almeno nelle scene dell'assedio qualche soluzione da kolossal anni '60 riesce a infilarla e, comunque, vedere Skolimowski che guida la carica della cavalleria polacca è un'esperienza impagabile per qualsiasi cinéphile, ma certo non credo sia il massimo della ricostruzione storica la staccionata western dove sono rinchiuse le donne che servono all'esercito di Karà Mustafa per sollazzarsi, o la favorita del Gran Visir rifatta col botox, o la bella Alicja Bachleda nei panni della Duchessa di Lorena che mostra al frate un petto pieno di pustole di vaiolo che dopo pochi giorni torna florido senza un graffio.

Alla fine, però, anche se nessuno, almeno credo, ha chiesto a Martinelli di difendere l'Occidente contro il pericolo mussulmano, dobbiamo riconoscere che almeno ci prova a fare del cinema storico. Si butta. Più o meno come l'esercito turco contro le mura di Vienna. Inoltre i soldi, che a noi sembrano tanti, si parla di 8 milioni di euro, fra Rai Cinema, Ministero e Banca di Sondrio, sono pochi per un film simile.

E mettiamoci pure che l'operazione, nato con il benestare bossiano, è stata poi accantonata dai maroniani, mentre lo stesso Martinelli, che vediamo all'inizio del film strappare un lembo del saio del frate, si è dichiarato deluso dalla Lega. Segno che la protezione e la simpatia fra il regista e il partito sono cose passate. Certo, rimane il film. In sala dall'11 aprile.

 

UNDICI SETTEMBRE DI RENZO MARTINELLI UNDICI SETTEMBRE DI RENZO MARTINELLI kara mustafa settembre UNDICI SETTEMBRE DI RENZO MARTINELLI UNDICI SETTEMBRE DI RENZO MARTINELLI UNDICI SETTEMBRE DI RENZO MARTINELLI

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