IL CINEMA DEI GIUSTI – IL “MIELE”, PER IL CINEMA ITALIANO, ARRIVA DALLE DONNE

Marco Giusti per Dagospia

Pensavamo di aver toccato il fondo della tragedia in un'Italia dilaniata da una mancanza di identità politica e culturale, da un PD e da un PDL ormai macchine vuote di partiti senz'anima, da una borghesia senza speranza che aspetta solo un risveglio dal coma come nell'importante film di Marco Bellocchio sull'eutanasia e sulla crisi del paese, "La bella addormentata", quando arriva un film sugli angeli della morte e sui suicidi assistiti dei malati terminali in un paese ormai sfinito.

Un altro film allegro. Si tratta di "Miele", ambiziosa e sofferta opera prima di Valeria Golino, tratta dal romanzo di Mauro Covacich "A nome mio", sceneggiata dalla neoregista assieme a Francesca Marciano e Velia Santella, nonché prodotta dalla sua stessa casa di produzione, la Buena Onda, che ha fondato con Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri. Irene, chiamata in codice Miele, interpretata da una intensa ma un po' monoespressiva Jasmine Trinca, è una giovane ragazza che di mestiere fa segretamente proprio l'angelo della morte dei malati terminali.

Li stecchisce con il Lamputal, micidiale veleno per cani, la cui vendita è vietata in Italia, va lei stessa a comprare in Messico. Miele aiuta i suicidi con la sua felpata presenza e con la loro musica preferita, ascoltiamo pure "Io sono il vento" nella versione di Marino Marini (preferivo Arturo Testa). A tutti, prima di agire, chiede se sono davvero sicuri di non voler tornare indietro. E loro dicono di no, anche se tutti, alla fine, lasciano trapelare un qualche attaccamento alla vita che dicono di voler lasciare.

Come l'Alain Delon di "Le samourai" di Melville, con occhiali neri e tono professionale (anche un po' jettatorio), Miele stende una vecchia con la parrucca, il povero Roberto Di Francesco, fratello pustoloso di Iaia Forte, un ragazzo immobilizzato con madre impossibile. Per ogni morte, Miele reagisce flirtando qua e là con chi capita, scopandosi il bel Vinicio Marchioni che è pure sposato, buttandosi in mare con la tuta.

Fino a quando incontra l'ingegner Grimaldi, il grande Carlo Cecchi dalla voce molto impastata, che vuole il Lamputal non perché sia un malato terminale, ma perché non ne può più della vita. Il fatto che non sia un malato terminale, ma un uomo che ha scelto laicamente di morire per insofferenza alla vita, mette in crisi Miele, che pensava al suo mestiere come a una missione, non come a una sorta di killer a pagamento di aspiranti suicidi. Ma che non riesce più a ingerire dentro di sé così tanta sofferenza.

Visto in una sala romana non proprio affollata nell'afoso pomeriggio del primo maggio, in mezzo a un pubblico dove ero tra i più giovani, "Miele" mi è sembrato un film che, anche giustamente punta in alto con un tema importante e civile, e non a caso è premiato dal Festival di Cannes, che lo ha voluto in concorso a "Un Certain Regard", ma non sempre ha quella unità stilistica e quella compostezza che proprio un tema così forte richiede.

Non solo a causa di qualche vezzo di sceneggiatura, il finale mistico-archiettonico che fa così Roma Centro, ma proprio per aver troppo espanso il personaggio di Cecchi, che alla fine prendendosi naturalmente tutta la luce su di sé, scardina la costruzione a piccoli episodi della prima parte del film e lascia Miele come svuotata della forza del suo personaggio. A quel punto non ti importa più neanche tanto di come andrà a finire la storia tra Cecchi e Miele, e questo è un peccato in un film così civile e, a tratti, così intenso.

Ovvio però che stiamo parlando di un film di un livello ben superiore alla media, forse grazie anche alla bellissima fotografia di Gergely Pohárnok, ma certo anche alla cura nella costruzione delle scene della Golino, che dimostra, assieme alla Maria Sole Tognazzi di "Viaggio sola", un film meno forte ma anche meno ambizioso e più semplice, e alla Alina Marazzi di "Tutto mi parla di te", che le cose migliori e più innovative della stagione ci arrivano dalla scrittura e dagli sguardi femminili.

Come se solo loro sapessero ormai cogliere i dolori e le sofferenze più forti del paese. E sono tutti film che interpretano il dolore di una società in profonda crisi con la crisi personali delle loro eroine, con il loro non riconoscersi più nei ruoli femminili di un tempo. Madri, mogli, amanti. Jasmine Trinca, già ragazza in crisi in Brasile in "Un giorno devi andare" di Giorgio Diritti, si carica di altra angoscia tra il Messico, Forlì e Ostia. Già in sala.

 

valeria golino sul set di miele miele di valeria golino miele di valeria golino jasmine trinca in miele di valeria golino jpegjasmine trinca in miele di valeria golino jpeg

Ultimi Dagoreport

elly schlein giuseppe conte goffredo bettini gaetano manfredi piero vincenzo de luca roberto gualtieri silvi salis vincenzo decaro michele emiliano

DAGOREPORT - IL PD GUIDATO DA ELLY SCHLEIN? E' COME "'A PAZZIELLA 'MMAN 'E CRIATURE". IL GIOCATTOLO STA IN MANO AI BAMBINI. E LORO CHE FANNO? CI GIOCANO, SO' BAMBINI. E LO FANNO A PEZZI - CONFONDENDO LA LEADERSHIP CON L'AMBIZIONE, LA SEGRETARIA DEL PD SI E’ RINTANATA IN UN BUNKER: DIFFIDA DI TUTTI E SI CIRCONDA SOLO DEI SUOI “PASDARAN”: BONAFONI, ALIVERNINI E TARUFFI - NON SOPPORTA L’ASSE TRA CONTE E BETTINI; VIVE CON LA PAURA CHE BONACCINI VOGLIA SOSTITUIRLA AL PRIMO PASSO FALSO E CHE SILVIA SALIS LE FREGHI LA SEGRETERIA – SOSPETTI VERSO IL SINDACO DI NAPOLI GAETANO MANFREDI, POSSIBILE “PAPA STRANIERO” DEL “CAMPO LARGO” – ELLY DIFFIDA (EUFEMISMO) DI PRODI, CHE NON LA VEDE CANDIDATA PREMIER, E DI FRANCESCHINI, CHE LA PENSA ALLO STESSO MODO MA NON LO DICE - IL FASTIDIO VERSO MISIANI, GUALTIERI, MANCINI E ONORATO - VOLEVA ELIMINARE I ''CACICCHI'' MA HA RINCULATO CON DE LUCA E SOFFRE LE SMANIE DI EMILIANO IN PUGLIA - QUALCHE ANIMA PIA SPIEGHI ALLA GRUPPETTARA DI BOLOGNA CHE NON SIAMO ALL’OCCUPAZIONE DEL LICEO, NÉ TANTOMENO SUL CARRO DEL PRIDE DOVE SI È ESIBITA IN MODALITÀ “CUBISTA” SULLE NOTE DI “MARACAIBO” (VIDEO)

beppe grillo marco travaglio giuseppe conte elly schlein eugenio giani

DAGOREPORT: IL CONTE TRAVAGLIATO - DI BOTTO, SIAMO RITORNATI AI TEMPI DI BEPPE GRILLO: SULL’OK ALLA CANDIDATURA IN TOSCANA DEL DEM EUGENIO GIANI, CONTE NON TROVA IL CORAGGIO DI METTERCI LA FACCIA E RICICCIA IL ''REFERENDUM'' ONLINE TRA GLI ISCRITTI, L’UNO VALE UNO, LA “BASE” DA ASCOLTARE - MA L'EX "AVVOCATO DEL POPOLO" NON DOVEVA ESSERE IL LEADER CHE I 5STELLE NON HANNO MAI AVUTO, QUELLO CHE SI IMPONE E TRACCIA LA VIA AL SUO PARTITO? - DATO CHE GIANI, PER VINCERE, PUO' FARE A MENO DEI VOTI 5STELLE, NEL PD S'INCAZZANO CON LA SUBALTERNITÀ A CONTE DI ELLY SCHLEIN CHE HA ACCETTATO E PROMOSSO LA CANDIDATURA DEL 5STELLE ROBERTO FICO IN CAMPANIA: "QUESTI INGRATI È MEGLIO LASCIARLI CHE PRENDERLI" - MA TRA ELLY E PEPPINIELLO, C’È DI MEZZO LA COLONNA DI PIOMBO DI MARCO TRAVAGLIO, CHE DETTA OGNI MATTINA I DIECI COMANDAMENTI DELL'IDEOLOGIA M5S, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" PD-M5S SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL''ARMATA BRANCA-MELONI...

netflix disney plus streaming

DAGOREPORT - “TOPOLINO” HA FAME - DISNEY SCUCE 3 MILIARDI DI DOLLARI PER COMPRARSI LE ATTIVITÀ MEDIA DELLA NFL, LA LEGA DEL FOOTBALL AMERICANO. QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO? UN CONSOLIDAMENTO NELLO STREAMING È INEVITABILE (IL MERCATO È SATURO DI SERVIZI E CONTENUTI) E C’È CHI SI SPINGE A UN’ACQUISIZIONE DI PESO, COME NETFLIX - LA PIATTAFORMA CAPITALIZZA IL DOPPIO MA FATTURA UN TERZO DELLA DISNEY  – RUMORS ANCHE SU UN INTERESSE DI AMAZON PER SPOTIFY: LÌ I SOLDI NON SAREBBERO UN PROBLEMA (IL SERVIZIO DI E-COMMERCE DI BEZOS CAPITALIZZA 2MILA MILIARDI CONTRO I 130 DELLO STREAMING MUSICALE)...

matteo piantedosi giorgia meloni carlo nordio giusi bartolozzi alfredo mantovano almasri

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI RISCHIA DI BRUTTO SUL CASO ALMASRI: PRENDERSI LA RESPONSABILITÀ DELLA SCARCERAZIONE E DEL RIMPATRIO (CON VOLO DI STATO) DEL TORTURATORE LIBICO EQUIVALE A UNA PUBBLICA SCONFESSIONE DEI MINISTRI NORDIO E PIANTEDOSI, CHE IN AULA HANNO MINIMIZZATO CON BUGIE LA QUESTIONE ATTACCANDO I GIUDICI – IL TRIBUNALE DEI MINISTRI, SCAGIONANDO LA STATISTA DELLA GARBATELLA E RINVIANDO A GIUDIZIO I DUE MINISTRI E IL SOTTOSEGRETARIO ADDETTO AI SERVIZI SEGRETI, HA APERTO UNA BOTOLA DOVE, DALL'ALTO DEL SUO DILENTATTISMO, MELONI È CLAMOROSAMENTE CADUTA - LO "SCUDO" PER SALVARE GIUSI BARTOLOZZI NON ESISTE: NON ESSENDO STATA RINVIATA A GIUDIZIO, IL GOVERNO NON PUÒ  ESTENDERE "IL CONCORSO" NEL REATO COL MINISTRO NORDIO. COSI', IL PARLAMENTO PUO' NEGARE L'AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE CONTRO PIANTEDOSI, NORDIO E MANTOVANO, MA LA PROCURA DI ROMA NON AVRÀ ALCUNO OSTACOLO A RINVIARE A GIUDIZIO LA BARTOLOZZI, CON CONSEGUENTI ''RICADUTE POLITICHE'' SU MELONI - PERCHE' NON HANNO MESSO IL SEGRETO DI STATO...

donald trump volodymyr zelensky steve witkoff vladimir putin

DAGOREPORT - È FINALMENTE LA VOLTA BUONA PER LA PACE TRA RUSSIA E UCRAINA? – L’INVIATO SPECIALE DI TRUMP A MOSCA, STEVE WITKOFF, DOPO TRE ORE DI FACCIA A FACCIA, HA CONVINTO PUTIN A INCONTRARE IL TYCOON, CONSIGLIANDOGLI DI PRESENTARSI CON UN “REGALINO” DI BUONA VOLONTA': COME LA FINE DEGLI ATTACCHI DI DRONI E AEREI – IL FACCIA A FACCIA, CHE SI TERRÀ DOPO FERRAGOSTO NELLA TURCHIA DI ERDOGAN, HA OTTENUTO IL VIA LIBERA DA ZELENSKY, MERZ, STARMER E RUTTE (NON COINVOLTI IL GALLETTO MACRON E LA "PONTIERA SENZA PONTE'' MELONI) - MA PER FARLA FINITA, PUTIN DEVE PORTARE A MOSCA IL BOTTINO DEL VINCITORE: NON VUOLE E NON PUO' PERDERE LA FACCIA DOPO TRE ANNI DI GUERRA - TRUMP HA RASSICURATO ZELENSKY CHE L'UCRAINA NON VERRA' UMILIATA DALLA RUSSIA - IN VISTA DEL VOTO DI MID-TERM 2026, PER IL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA LA PACE VALE COME UN GOL IN ROVESCIATA...