IL CINEMA DEI GIUSTI - SI RIMANE STUPITI A TANTI ANNI DI DISTANZA DELLA FRESCHEZZA DEI VANZINA, O FORSE DELLA LORO GIOIOSA FUTILITÀ - PIÙ SERIO, ONESTO E DIVERTENTE DI TANTE COMMEDIE CHE ABBIAMO VISTO QUEST’ANNO

Sapore di te di Carlo Vanzina

Marco Giusti per Dagospia

Che ci volete fare? Non si resiste al richiamo dei Vanzina Brothers che tornano nella Viareggio del 1984, ai tempi proprio di "Sapore di mare", che è del 1983, e mettono in piedi le loro storie di amori e tradimenti fra La Capannina e i Bagni Costanzo, con la Roma di Falcao che si allena lì vicino, mentre ascoltiamo "Tropicana", "True" degli Spandau Ballet, "Survivor" di Mike Francis, "Time After Time" di Cindy Lauper.

Certo. Sono passati trent'anni e questo "Sapore di te" diretto da Carlo Vanzina, che lo ha scritto ovviamente assieme al fratello Enrico, non può che rimandarci una pallida luce del vero "Sapore di mare". Anche perché non è più facile ottenere i diritti per inserire così tante canzoni come allora, perché il parco attori e caratteristi non è più quello di un tempo.

Ma vedendo il film, curiosamente diviso in due parti, estate 1984 e estate 1985, si rimane stupiti a tanti anni di distanza della freschezza dei Vanzina, o forse della loro gioiosa futilità, nel mettere in scena le storie dei ragazzetti, figli di borghesi romani e milanesi, che si prendono e si lasciano senza troppe complicazioni. Ma anche del loro saper inquadrare e mostrare le ragazze, i loro corpi, senza mai nessuna volgarità.

Vero. Non ci sono grandi riferimenti alla politica precedente, agli anni di piombo, alle tensioni sociali. Anche l'onorevole socialista che presentano, un divertente Vincenzo Salemme, sposato con Valentina Sperlì e innamorato della bella soubrette Serena Autieri, è craxiano, potente, può piazzare la Autieri a "Drive In", può risolvere con un paio di telefonate i problemi del negoziante romano Maurizio Mattioli, sposato con Nancy Brilli, ma tutto ciò non ha nessuna pesantezza moralistica. Fa parte dell'Italia. Punto e basta.

Il mondo borghese che presentano i Vanzina, ovattato in questi anni '80 tenerelli, è come libero da ogni complicazioni ideologica, giornalistica, televisiva, culturale per cui nessuno ci si può avvicinare se prima non ha fatto un bagno nella lettura di anni e anni di editoriali di Scalfari o non ha fatto una riflessione teorica su Berlusconi.

Questo non vuol dire che sia un'Italia da sitcom, semplicistica. No. L'Italia dei Vanzina è forse più vicina di quanto si creda alla vera Italia che abbiamo vissuto allora e che abbiamo attraversato dopo. E' quella che si esprime con frasi tipo "Chierico nun po' gioca' a sinistra", quella dove si va a vedere al cinema "Mezzo destro mezzo sinistro" di Luciano Martino solo perché c'è Falcao, dove un film si può mettere in piedi, con fondi statali, solo perché un onorevole socialista vuole scoparsi l'attrice durante l'estate di nascosto dalla moglie.

Così Susanna Acampora detta Susy diventa protagonista di "Amori d'estate", film vanziniano diretto da Luis Molteni. E' tutto leggerissimo, ma forse proprio per questo mi piace. Detto questo, il film funziona più nella prima parte, ambientata a Viareggio nel 1984, che nella seconda, quasi un sequel, ambientata nel 1985. Forse perché è quella più spontanea dove si presentano i tanti personaggi.

Funzionano benissimo i ragazzetti protagonisti, gli inediti o quasi Matteo Leoni e Eugenio Franceschini che si contendono Katy Saunders, figlia dei romani Mattioli e Brilli, funzionano ancora meglio le amiche Martina Stella e Virginie Marsan, che hanno la prima una storia con Giorgio Pasotti e la seconda una storia con un uomo sposato.

Ovvio che Mattioli come romanista che segue la sua squadra in ritiro a Forte dei Marmi ruba la scena a tutti, soprattutto quando si lancia nel sogno della finale di Champions Roma-Liverpool con la Roma vittoriosa. O quando si lancia in battuta da vacanziero burino alla Mario Brega: "La prossima volta ti porto a Vipiteno?" o "Ha detto i Caraibi mica Coccia de' Morto!".

Salemme ha un ruolo meno fortunato, anche se ha una grande momento quando urla all'amante "Io ti ho lanciata nel mondo del cinema. Pupella Maggio mi potrebbe denunciare per una cosa simile!". Purtroppo dispiace non ritrovare tra gli attori né un nuovo Guido Nicheli, il suo ruolo di milanese che legge "Il Giornale" di Montanelli è ripreso qui da un anonimo Andrea Pucci, né un nuovo Jerry Calà, mentre il bagnino, che in "Sapore di mare" era il ruolo di Ennio Antonelli diventa qui il trombatore Paolo Conticini, che si fa certa Ingrid, Laura Balen, fidanzata di Eugenio Franceschini ("Anche my papy spiks latino").

La struttura ha un certo intoppo all'inizio della seconda parte, forse perché non ci aspettavamo che l'estate del 1984 finisse così presto, ma poi il film si riprende con Martina Stella sposata con Pasotti con tanto di figlioletto che piange sempre e lei che fa la mammina col sedere di fuori.

Detto questo non si può che rimanere incantati dal funzionamento di Martina Stella sullo schermo e anche di Virginie Marsan e Katy Saunders. Curioso il personaggio di Aristide Ghezzi, armatore di Genova che si innamora di Serena Autieri vedendo il film nel film e la sposa. Più serio, onesto e divertente di tante commedie che abbiamo visto quest'anno. In sala dal 9 gennaio.

 

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