1- DANDINI, BIGNARDI, CHIAMBRETTI SEMBRANO SVANITI CON LA FINE DEL BERLUSCONISMO 2- DANDINI È RIMASTA FERMA AGLI ANNI 80, ALLA “TV DELLE RAGAZZE”, NON HA PIÙ INVENTATO NULLA, LA SUA BRAVURA? COINVOLGERE CORRADO GUZZANTI (MA QUANDO NON C’È...) 3- LE ATTESE PER DARIA BIGNARDI, CON LA DISCESA IN CAMPO DI SAVIANO E JOVANOTTI, ERANO BEN ALTRE. SAVIANO, LONTANO DA FAZIO, NON FA PIÙ ASCOLTI? L'ASSENZA DEL BERSAGLIO BERLUSCONI GLI TAGLIA LE ALI? IL FENOMENO COMINCIA A RIDIMENSIONARSI? 4- PIERO CHIAMBRETTI, LA DELUSIONE PIÙ GROSSA. QUELLO CHE AVREBBE DOVUTO ESSERE IL SUO “MUZIK SHOW”, SI È TRASFORMATO NEL CONSUETO SALOTTO DI FREAK E BALLERINE 5- LETTERA A GRASSO: PERCHE’ LA DANDINI HA “UN PUBBLICO DI QUALITÀ, PER ETÀ E ISTRUZIONE”?

Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

In una tv vecchia anche il nuovo appare vecchio. Questa potrebbe essere la morale delle tre proposte del fine settimana - «Le invasioni barbariche», «The show must go off», «Chiambretti Sunday Show» - che, almeno nelle aspettative, avrebbero dovuto portare un po' di aria fresca.

A onor del vero, a Serena Dandini (la «vecchia», come la chiama affettuosamente Fiorello) non è andata così male, almeno in termini di ascolti. Il quasi 6% di share, al di sopra della media di rete, contiene anche pubblico di qualità, per età e istruzione. Peccato sia preceduto da «In onda», un vero affossatore di palinsesti.

Dandini deve solo augurarsi che il suo spazio non sia stato illuminato dal fuoco di paglia della curiosità. Difficile, infatti, tratteggiare il suo nuovo show: non è certo un varietà classico, sembra piuttosto un talk con uso di spettacolo, dove il peso è tutto su Elio e le Storie Tese (niente male Elio travestito da Bruno Canfora). Per il resto, a parte qualche imitatore non particolarmente incisivo e la solita inconcludenza di Lillo & Greg (la presunzione artistica di Greg è pari solo alla sua velleità; Lillo, nella sua semplicità, è un po' meglio), siamo in pieno «Parla con me», con tanto di Dario Vergassola al seguito.

Meglio l'intervista con Tiziano Ferro che quella con Andrea Camilleri, trattato ormai come un'icona vivente, cui è stato chiesto di ripetere sempre la stessa aneddotica, come da repertorio frusto. Bravo Diego Bianchi: «Tolleranza Zoro» riesce ormai a imporsi anche senza la Signora.

Dandini è rimasta ferma agli anni 80, alla «TV delle ragazze», non ha più inventato nulla, la sua bravura sta nel coinvolgere alcuni artisti bravi come Corrado Guzzanti (ma quando non ci sono...). Insomma, se l'intenzione è di insegnare agli italiani a «ballare sul baratro», la strada è lunga e impervia e a noi resta la frustrazione di non potere mai segnalare un personaggio nuovo, un comico che sappia far ridere, una novità in tutti i sensi.

Di Daria Bignardi abbiamo già scritto. Ascolti appena soddisfacenti, ma le attese per l'esordio, con la discesa in campo di Roberto Saviano e Jovanotti, erano ben altre. Saviano, lontano da Fazio, non fa più ascolti? L'assenza del bersaglio Berlusconi gli taglia le ali? Il fenomeno comincia a ridimensionarsi? Lui è interessante quando parla delle cose che conosce (l'universo della criminalità organizzata, in particolare la camorra), quando esce dal seminato, quando ribadisce il suo status di scrittore, quando Saviano parla di Saviano diventa poco interessante.

Forse, chi gli vuole bene, dovrebbe dirglielo. L'impressione poi, suscitata dalla conduttrice, è quella di scarso entusiasmo, come se il programma non la interessasse più di tanto, come se il lavoro di scouting fosse demandato ad altri.

E veniamo a Piero Chiambretti, la delusione più grossa. In tempi di tagli ai budget (e, a quanto pare, alla creatività), Chiambretti ha tentato di portare nella prima serata di Italia 1 i temi e i linguaggi di una seconda serata che ormai praticamente non esiste più. Quello che avrebbe dovuto essere il suo «Muzik Show», il grande ritorno della musica in televisione, dopo il semi-insuccesso dello speciale di dicembre con la Pausini si è trasformato nel consueto salotto di freak e ballerine.

Ma ogni cosa ha i suoi tempi (e fa il suo tempo), e le atmosfere da night club poco si addicono al prime time della domenica. La lunga intervista a Peter Dinklage, attore della serie «Game of Thrones» trasmessa da Sky Cinema e recente vincitore di Emmy e Golden Globe, ha ridefinito i termini dell'imbarazzo della star americana alla tv italiana, già ampiamente descritti da Sofia Coppola in ‘'Somewhere'': domande pruriginose e inconcludenti, con insistenza morbosa sul nanismo dell'attore e sulle sue conquiste amorose (sul set e nella vita), continuamente interrotte da una varia umanità di danzatrici e «fotografe» seducenti.

Con la costante dello sguardo dell'attore, ora incredulo ora rassegnato. Il «governo tecnico», parata serissima di giornalisti e professionisti vari, dopo la sorpresa per la trovata risulta presto stucchevole (si salva, come al solito, Costantino della Gherardesca). Così, a quanto pare, non bastano gli insistiti riferimenti al sesso e alle belle donne, o la ricchezza confusa di stimoli diversissimi tra loro, a fare un programma di successo: ci vuole qualche idea, e quella mancava.

P.S. Lella Costa, ospite di Fazio sabato sera, ha detto che il suo nuovo spettacolo «Arie» si conclude con il celebre discorso di Pericle sulla democrazia. Eppure, giorni fa, Umberto Eco aveva dimostrato come quel discorso, contrariamente a quanto si crede, fosse un bel campionario di «populismo Mediaset ed elogio del consumismo». Come la mettiamo? In tv, neanche Eco viene più ascoltato?

LETTERA
Caro Dago,
a pagina 45 del Corrierone il Prof. Grasso commenta il quasi 6% di share della Dandini sottolineando come buona parte di quel 6% sia pubblico di qualità per età ed istruzione. Che dici, si tratta dello stesso pubblico di Aldo Grasso? Quel pubblico, insomma, che sorride sornione di fronte al "fitto codice di cinesica e prossemica" citato dieci pagine più in là?
Quanto a me, ho come il dubbio di non far parte di codesto "pubblico di qualità": spero che per Dagospia la cosa non rappresenti un problema.

Cordiali saluti,
Millo

 

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