pavarotti howard

UN DO DI STOMACO - LA DOPPIA STRONCATURA DI “PAVAROTTI”, IL DOCUMENTARIO DI RON HOWARD - MATTIOLI: “È UN BELLISSIMO FILM SBAGLIATO. I PECCATI DEL FILM SONO DUE. IL PRIMO È DI OMISSIONE: NON SONO STATI SENTITI TESTIMONI CHE SU PAVAROTTI AVREBBERO AVUTO DA RACCONTARE MOLTE PIÙ COSE DI ALTRI. IL SECONDO PECCATO È CHE IL FILM È TIPICAMENTE AMERICANO” - PONTIGGIA: “I PROBLEMI DEL FILM SONO EVIDENTI: AGIOGRAFICO SEMPRE, OLEOGRAFICO A TRATTI…”

1 - UN BELLISSIMO FILM SBAGLIATO NON CATTURA L'ANIMA ITALIANA

Alberto Mattioli per “la Stampa”

 

RON HOWARD 4

Su questo Pavarotti di Ron Howard la notizia buona è che è un bellissimo film, quella cattiva che è un bellissimo film sbagliato. Iniziamo dalle liete novelle. Howard ha fatto un gran lavoro di montaggio, sempre convincente e in qualche momento perfino commovente.

 

Ha recuperato filmati rarissimi (tipo la tournée della Corale Rossini di Modena con un giovanissimo Luciano in Galles nel '55) e ha fatto parlare moltissima gente: i Due Tenori superstiti, la prima moglie Adua, sempre tosta, la seconda Nicoletta, le figlie, Bono, Mehta e così via. Madelyn Renée, sempre affascinante, racconta per la prima volta di essere stata qualcosa di più di una segretaria e allieva.

 

E ci sono perfino inaspettate finezze, per esempio quando viene giustamente individuato in Errico Caruso il vero inventore di un tenorismo pop e «industriale» di cui Pavarotti fu il continuatore (passando per Beniamino Gigli). La colonna sonora è bellissima, ma lì aveva già provveduto Lucianone nostro.

pavarotti

 

I peccati del film sono due. Il primo è di omissione. Forse perché sgraditi a qualcuno, non sono stati sentiti testimoni che su Pavarotti avrebbero avuto da raccontare molte più cose di altri. Per esempio, il maestro Leone Magiera, la figura più importante dell' intera vita musicale di Big Luciano, Mirella Freni, il cameriere-austista-badante Edwin Tinoco alias «Tino» (per il suo datore di lavoro), i superstiti amici della briscola.

 

Il secondo peccato, più grave, è che il film è tipicamente americano, con l' aggravante che il regista non ha letto Gramsci (né Stendhal). Non sa, cioè, che il melodramma è stata la vera forma artistica nazionalpopolare italiana. Crede, magari pure in buona fede, che i Tre Tenori o i concerti nei parchi o il Pavarotti&Friends e l' altro pattume musicale abbiano davvero «divulgato» l' opera.

 

Leone Magiera e Pavarotti

Gli sfugge che la grandezza sociale e storica dell' opera in Italia è quella di essere sempre stata interclassista, insieme alta e bassa, aristocratica e popolare, sublime e baraccona. È in quel mondo che Pavarotti è nato, è cresciuto, si è formato. Di più: di quel mondo oggi perduto Pavarotti è stata la voce, una delle più grandi e forse, in questo senso, anche l' ultima.

 

Era il mondo dove il figlio del fornaio di Modena pareva nato per cantare parole antiche e magari poco comprensibili e musiche egualmente antiche ma sempre modernissime. Allo stesso modo il figlio del «trombetta» di Pesaro diventava Rossini o quello dell' oste delle Roncole, Verdi, e sono nomi che ancora ci fanno tremare di emozione e gratitudine. Di questa grandezza, forse la maggiore della civiltà italiana, in questo bellissimo film non c' è traccia. E per questo è un bellissimo film sbagliato.

Leone Magiera e Pavarotti

 

2 - L'INEFFABILE PAVAROTTI NEL DOC DI HOWARD: UN BEL "BOH" DI PETTO

Federico Pontiggia per il “Fatto quotidiano”

 

Di certo a Ron Howard, regista premio Oscar per A Beautiful Mind e indimenticato Richie di Happy Days, non difetta la sincerità. Di più, il candore. Sul palco dell' Auditorium di Roma, dove è in Festa il suo Pavarotti, candidamente confessa che alle due interviste cardine del documentario lui non c' era.

 

Luciano Pavarotti e il soprano Mirella Freni

Un film a sua insaputa? Non scherziamo, eppure, a sentire il frontman degli U2 Bono Vox, che ricorda fuor di metafora come "il braccio di ferro emotivo" di Big Luciano ti lasciasse con l' arto spezzato, e la prima moglie Adua Veroni, che mastica amaro, Ron non c' era. Alla prima non ha partecipato "perché Bono lo conosce il produttore Nigel Sinclair, ci ha pensato lui" e/o per impegni concomitanti, alla seconda "perché non parlo italiano": forse è la giusta distanza poetica, chissà. Forse, non è - letteralmente - aria, ché di musica nella famiglia Howard se ne sentiva poca né lui collezionava dischi: vai a sapere, è al terzo doc musicale, dopo The Beatles: Eight Days a Week - The Touring Years (2016) e Made in America (2013) su Jay-Z.

luciano pavarotti ph adolfo franzo'

 

Comunque, i problemi del film, che la Festa pare accogliere più per catalizzare l' odierno incontro col pubblico di Howard che per indiscussi meriti artistici, sono talmente evidenti da sconfessare dietrologie: agiografico sempre, oleografico a tratti, nondimeno, riesce a rendere il celeberrimo tenore elusivo, sfuggente, meglio, insondabile. L'eterno sorriso incastonato da barba e capelli corvini come una maschera teatrale: chi c' è dietro?

 

Qualche dubbio lo confessano gli stessi autori: "Ci siamo avvicinati all' uomo, ma qualcosa lo ha tenuto per sé", Sinclair; "Rimane ancora un' aura di mistero", Howard.

Insomma, la domanda è la solita, chi era costui?, la risposta un "boh di petto", e trattandosi del re dei Do di petto - nove quelli messi in fila nella Fille du régiment di Donizetti - qualcosa non torna.

 

angela gheorgiu pavarotti

La camera non affonda mai, cincischia, suggerisce, svicola: così nel "passaggio" da Adua alla seconda moglie Nicoletta Mantovani; così nel rapporto tra il tenore e la soprano Madelyn Renee; così nelle critiche dei puristi, e non solo quelli, per le contaminazioni lirica-rock e lirica-pop dei concerti Pavarotti & Friends. Il resto è missing: stornato al montaggio, come i fischi alla Scala per il Don Carlo del 7 dicembre 1992 di cui Luciano sportivamente ammise "due e mezzo, anzi tre" errori, o nemmeno contemplato, come il patteggiamento col fisco di 25 miliardi di lire in diretta tv del 28 luglio 2000.

 

PAVAROTTI

Ecco, se l' intenzione era di offrire un ritratto a tutto tondo, che peraltro gli sarebbe calzato a pennello, questi, ehm, dettagli avrebbero potuto giovare, avrebbero detto qualcosa di più, di meglio, di quegli "occhi da cui traspariva la gioia di vivere, ma anche il rimpianto, l' abbandono e una follia che poteva ferire".

 

Pur from womb to tomb, dal grembo alla tomba, a questo viaggio manca se non qualche tappa tout court - dai Tre Tenori a Lady D, dai Friends alla beneficenza globale, ce n' è - qualche stazione di Via Crucis, di quel contadino che volle farsi tenore del popolo. Nessun dorma, cantava, eppure qualcuno dietro la macchina da presa dell' eponimo Pavarotti (dal 28 al 30 ottobre in sala) l' ha fatto, volente o - il condizionamento delle famiglie: Adua, con le figlie Lorenza, Alice e Giovanna, e Nicoletta - nolente.

PAVAROTTI E L EX MOGLIE ADUA

 

C' è però un momento da pelle d' oca: il Nessun dorma a Caracalla in occasione dei Mondiali di calcio del 1990. Con lui si unirono, la prima di un tour senza eguali, i colleghi Placido Domingo e José Carreras, e dinnanzi a un pubblico di un miliardo e quattrocentomila di persone entrarono nella leggenda. Era grande Pavarotti, ma chi era?

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...