facci riccardo muti

MA RICCARDO MUTI CHE DICE ALLA STAMPA “DOBBIAMO PUNTARE DI PIÙ SULLA NOSTRA IDENTITÀ” È LO STESSO DIRETTORE D’ORCHESTRA CHE NEL 1999 NON VOLLE SUONARE L'INNO DI MAMELI ALLA PRIMA DELLA SCALA, A DISPETTO DELLE ESPLICITE RICHIESTE DELL’ALLORA CAPO DELLO STATO CARLO AZEGLIO CIAMPI, CHE INFATTI SE NE ANDÒ SENZA SALUTARLO? - FILIPPO FACCI FA A PEZZI RICCARDO MUTI: "IL MAESTRO OGGI CI MANCA, E PURE MOLTO. LE SUE INTERVISTE CI MANCANO UN PO' MENO…"

Filippo Facci per “Libero quotidiano”

 

RICCARDO MUTI E ORCHESTRA CHERUBINI

Lo scoop più silenzioso della mia vita risale al 2 aprile 2005 e riguarda Riccardo Muti, maestro d'orchestra che in questi giorni sta rilasciando interviste a giornali che stanno cercando dappertutto qualche posizione culturale antigovernativa. Se me ne ricordo ora c'è una ragione.

 

Si torna appunto a 17 anni fa, quando Giuliano Ferrara mi diede il via libera per pubblicare sul Foglio un mega -ritratto di Muti (29mila battute, almeno tre pagine di questo giornale) destinato a cozzare clamorosamente contro l'apparato che proteggeva il Maestro un po' ovunque: su tutti la Sovrintendenza della Scala, il Corriere, il Giornale e soprattutto Mediaset attraverso Fedele Confalonieri, che per il maestro aveva una passione smodata. Scrissi una sorta di poema con informazioni mai pubblicate che avevo serbato per anni e che avevo recuperato tra amici orchestrali e poi da una talpa formidabile alla Sovrintendenza e anche traducendo libri e giornali stranieri.

 

filippo facci 44

Il giorno della pubblicazione era un sabato: Muti lesse l'articolo, telefonò a Confalonieri e gli comunicò le proprie dimissioni dal Teatro alla Scala, dov' era stato direttore di ogni cosa per quasi vent' anni: si sentiva tradito politicamente - dopo esserlo stato clamorosamente dai suoi stessi orchestrali - dopodiché Confalonieri, imbufalito, telefonò a Ferrara, che infine telefonò a me: «Hai fatto il botto».

 

Mi disse pure, perfidamente, che al telefono aveva obiettato: «Ma dottor Confalonieri, che vuole? Facci è un vostro dipendente». Era vero: ero stato assunto a Mediaset nel 1999.

 

Non furono giorni facili, perché il terremoto scosse mondi elitàri un po' porporali e insomma, non è che ne parlassero nei bar; poi era vero che il mio articolo era stato solo un micidiale colpo di grazia rispetto a un malcontento sorto soprattutto in seno all'orchestra: la reazione di Muti, tuttavia, diede l'idea di come un segnale mediatico di abbandono politico (che peraltro non era) poteva essere sovradimensionato in un mondo in cui il benestare del sovrano aveva ancora un suo primato.

 

QUANTE REAZIONI Nei giorni successivi ricevetti le telefonate più impensabili: mi contattarono persino due celeberrime bacchette (oggi scomparse) che misero a dura prova il mio inglese incespicante, e mi chiamò anche Franco Zeffirelli, che non conoscevo ma che mi voleva assolutamente a pranzo nella sua villa: rifiutai per timidezza.

 

RICCARDO MUTI UN BALLO IN MASCHERA CHICAGO SYMPHONY ORCHESTRA

Conservo ancora i bigliettini autografi del più grande dei critici musicali, Paolo Isotta: veleno puro. Mi chiamò entusiasta, invece, un noto magistrato melomane, Renato Caccamo, presidente milanese della Corte d'Appello, il quale, tu guarda, aveva fatto condannare Bettino Craxi a una decina d'anni nei processi Eni-Sai e Metropolitana Milanese: dovevamo incontrarci, disse, e magari organizzare una serata col suo giro di amici musicofili meneghini. La serafica violenza con cui gli risposi, ricordo, lo lasciò zitto per un po': disse che, a quel punto, ci saremmo incontrati di sicuro: ma il suo tono era cambiato. Comunque non avvenne mai.

 

L'altra sera, al Museo della Scala, mi hanno riconosciuto e salutato persone che non avevo mai visto e sentito - gente di un certo ruolo - ma che ancora volevano complimentarsi per quell'articolo di 17 anni fa.

 

Ed è la prima ragione per cui Riccardo Muti mi è tornato in mente. La seconda ragione è perché, nelle interviste di questi giorni, le sue lagnanze sono rimaste identiche nei decenni: c'è stata qualche virata solo sui nomi.

facci

 

Sei giorni fa, per esempio, Muti ha definito Vittorio Sgarbi «un uomo coltissimo», come è vero, ma nei primi anni Novanta, viceversa, muti tuonava contro «il diminuendo culturale totale degli Sgarbi e dei Pippibaudi». Era il periodo in cui si scagliava contro «la globalizzazione della musica», quando diceva che solamente tre orchestre al mondo erano degne di menzione: La Scala (c'era lui) e Vienna (c'era spesso lui) e Philadelphia (c'era stato lui).

 

Ieri, in un'intervista sulla Stampa, gli hanno ricordato quando si battè perché l'Inno di Mameli, che chiude le trasmissioni di RadioRai, fosse suonato da un'orchestra italiana e non dai Berliner (dove lui non è mai stato) e Muti ha risposto che «dobbiamo puntare di più sulla nostra identità»: né l'intervistatore né l'intervistato hanno tuttavia rammentato quando il maestro, nel 1999, non volle suonare l'inno di Mameli alla Prima della Scala, questo a dispetto delle esplicite richieste del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, che infatti se ne andò senza salutarlo.

RICCARDO MUTI UN BALLO IN MASCHERA CHICAGO SYMPHONY ORCHESTRA

 

ORDINI E CONSIGLI Qualche musicofilo potrebbe addirittura ricordare la nolenza del Maestro alle esecuzioni lente e più solenni dell'Inno (le uniche decenti, le uniche che non la facciano sembrare quella marcetta binaria "zumpappà" che purtroppo resta) e insomma:le volte che la Sovrintendenza fu costretta a giudicare «artisticamente incompatibile» l'esecuzione dell'Inno, che oggi è la regola.

 

Sempre nell'intervista alla Stampa, ieri, Muti ha detto di non conoscere il nuovo ministro Gennaro Sangiuliano ma che spera «sappia ascoltare i veri uomini di cultura non per ricevere ordini, ma per raccogliere consigli». Già sentita anche questa: capitò quando il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni parlò di sovvenzioni per la musica, nel 1997, e Muti rispose: «Non l'ho mai incontrato, e non sono certo io a dover battere alle porte».

RICCARDO MUTI UN BALLO IN MASCHERA CHICAGO SYMPHONY ORCHESTRA

Ci fermiamo qui. La verità è che il maestro Riccardo Muti oggi ci manca, e pure molto: a dispetto delle sue propensioni e di un repertorio preciso. Le sue interviste ci mancano un po' meno.

RICCARDO MUTI UN BALLO IN MASCHERA CHICAGO SYMPHONY ORCHESTRA RICCARDO MUTI CADE A TERRARICCARDO MUTI - CONCERTO G20 QUIRINALE paolo gentiloni riccardo muti dario franceschini riccardo muti sergio mattarella concerto g20 quirinalericcardo muti concerto per il g20 della cultura al quirinale riccardo muti sergio mattarella concerto g20 quirinale 2riccardo muti ciampifacci 4

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....