fellini disegni

IL CINEMA DEI GIUSTI - LE AVVENTURE PIÙ O MENO EROICHE IN LIBIA DI FEDERICO FELLINI. MAI SENTITO PARLARE DI UN FILM INTITOLATO “I CAVALIERI DEL DESERTO”? GIRATO IN PIENA GUERRA, NELL’AUTUNNO DEL 1942 DA NON SI SA BENE CHI TRA UN GRUPPO DI NON REGISTI COME OSVALDO VALENTI, IL MONTATORE GINO TALAMO. MA, FORSE, SI DICE, ANCHE DA UN GIOVANISSIMO FELLINI. TULLIO KEZICH SPIEGA PERCHÉ IL REGISTA DECISE DI ANDARE A TRIPOLI – IL RUOLO DI VITTORIO MUSSOLINI

Marco Giusti per Dagospia

fellini

 

Mai sentito parlare di un film intitolato I cavalieri del deserto? Aveva anche altri titoli, Gli ultimi tuareg, I predoni del Sahara, i predoni del deserto… Girato in piena guerra, nell’autunno del 1942 da non si sa bene chi tra un gruppo di non registi come Osvaldo Valenti, doveva essere la sua opera prima, e il montatore Gino Talamo.

 

Ma, forse, si dice, pare, anche da un giovanissimo Federico Fellini, che firma il film come sceneggiatore assieme al prestigioso  “Tito Silvio Mursino”, anagramma guarda un po’ di Vittorio Mussolini, cioè il figlio del Duce, che del film è anche produttore come direttore dell’A.C.I., società specializzata soprattutto in film di propaganda militare, come è direttore, da pochissimo, del Centro fotocinematografico della Real Aeronautica, che fornirà supporto aereo per riprese e spostamenti.

 

Fellini lavora, tra il 42 e il 43, proprio all’ufficio soggetti dell’A.C.I. di Vittorio Mussolini. E’ lì che conosce per la prima volta Roberto Rossellini, già co-sceneggiatore di Luciano Serra Pilota di Goffredo Alessandrini, del 1938, e regista, proprio nel 1942, di Un pilota ritorna, prodotto dall’A.C.I., sceneggiato da Michelangelo Antonioni e Massimo Mida da un soggetto di Tito Silvio Mursino alias Vittorio Mussolini.

federico fellini

 

In pratica tutto il grande cinema italiano del dopoguerra lavorava per Vittorio Mussolini su film di propaganda militare. Siamo in guerra, e, dopo anni di telefoni bianchi e di commedie più o meno riuscite, sono lo stesso Mussolini padre assieme al ministro della cultura Alessandro Pavolini, a chiedere film di propaganda, anzi “tutto un cinema di guerra o per meglio dire in guerra. In guerra cioè con gli ebrei di Hollywood, con l’asservimento pellicolare per cui maniere di vita a noi estranee si imponevano a casa nostra attraverso gli schermi” (“Corriere della Sera, 13 febbraio 1942).

 

federico fellini

 Ecco così che il cinema italiano, attraverso soprattutto l’A.C.I. e la figura di Vittorio Mussolini, si scatena con storie di piloti e marinai coraggiosi o con film anticomunisti o antiamericani. Cosa che non aveva fatto prima. Già alla Mostra di Venezia nell’agosto del 1942, troviamo parecchi film di propaganda, da Noi vivi di Goffredo Alessandrini a Bengasi di Augusto Genina, lanciato come “grande affresco propagandistico” e vincitore della Coppa Mussolini, ma ci sono anche I tre aquilotti di Mario Mattoli con un giovane Alberto Sordi, dedicato ai cadetti dell’aeronautica, sempre su soggetto di Tito Silvio Mursino alias Vittorio Mussolini che è anche produttore con l’A.C.I. Lo stesso Vittorio è il supervisore anche di Gente dell’aria diretto da Esodo Pratelli, prodotto dalla Cines e ideato prima da Mussolini padre in persona, poi, caduto il figlio pilota Bruno (7 agosto 1941), attribuito come ideazione e sceneggiatura proprio a lui. Insomma.

federico fellini

 

All’interno dell’A.C.I., tra tanti progetti e film di propaganda militare di un gruppo di grandi futuri cineasti, ma un po’ imboscati in questo ufficio soggetti in Via Francesco Crispi a Roma, nel 1942 parte anche questo strampalato progetto tratto da un romanzo di Emilio Salgari e sceneggiato dal giovane Federico Fellini e da Tito Silvio Mursino alias Vittorio Mussolini. Sul listino dell’A.C.I., 1 luglio 1942, il titolo è I predoni del Sahara, la regia è di Roberto Rossellini, che se la scampa andando a girare altro, i protagonisti sono Adriana Benetti e Folco Lulli.

 

Ma giò al 4 luglio 1942, con lo stesso titolo, la regia passa a Paolo Moffa, un modesto tuttofare che seguiterà a fare film avventurosi anche nel dopoguerra e, infine, ma siamo già al 25 settembre del 42, allo stesso protagonista Osvaldo Valenti, che è già in Libia assieme alla sua compagna e coprotagonista Luisa Ferida, a attori come Guido Celano, Luigi Pavese, Piero Lulli e al pugile Erminio Spalla.

 

giulio andreotti federico fellini

Ma ci sono anche il direttore di produzione Luigi Giacosi, responsabile anche dei precednti film di guerra dell’A.C.I. Notizia subito smentita sul “Corriere” del 26 settembre dove il film viene attribuito al montatore Gino Talamo. Nell’ottobre ’42 diventa Gli ultimi Tuareg e il 25 novembre, leggiamo sulla rivista “Cinema”, che col titolo I cavalieri del deserto (Gli ultimi tuareg), dopo un mese di riprese in Libia, il film ha spostato il suo set in italia per proseguire le riprese degli interni nello stabilimento dell’A.C.I. della Farnesina a Roma. Sarà vero? Mah…

 

Guido Celano, uno dei pochi a sapere la storia, che nel film faceva il capo dei Tuareg, padre della Ferida, racconta in “Cinecittà Anni Trenta”, al critico Francesco Savio, figlio di Corrado Pavolini, parte della storia in altro modo. Intanto Valenti non era in grado di fare la regia, che era passato di mano in mano fino al montatore del film, Gino Talamo. “Poi Talamo si ammalò, anzi ebbe un incidente automobilistico… e allora tra me e Valenti cercavamo di fargli fare la regia a Fellini”.

 

federico fellini

Fellini, pensiamo con quanta voglia, parte per Tripoli pronto a diventare regista e salvare il film. Perché lo fa? Ce lo ricorda Tullio Kezich nella sua biografia di Fellini: “solo per ottenere l’ennesima proroga dal richiamo alle armi: dovendo ormai raggiungere il reparto sul fronte greco, sceglie l’alea non meno inquietante di un volo in Africa con un aereo della LAI in partenza dall’aeroporto Salario”. Così scende a Tripoli accolta da Luigi Giacosi come un salvatore. Ma Tripoli è bombardata giorno e notte. “La troupe”, scrive Kezich grazie ai ricordi di Fellini”, dovrebbe girare nel deserto a una ventina di chilometri, ma passa la maggior parte del tempo nei rifugi sotterranei del Grand Hotel. La Ferida incinta è in preda a crisi isteriche, Valenti si consola con la cocaina e Celano si esercita a fare l’irlo dello sciacallo.

 

I registi sono diventati tre: l’ex montatore Gino Talamo, un certo Barboni e l’organizzatore generale Franco Riganti che non ha perso la speranza di salvare il film”. Fellini comunque qualcosa gira, almeno nei ricordi di Celano. “Venne a girare le prime scene… Facemmo questa roba di fantasia con i cavalli, con gli arabi, con me”. Ma, a parte bombe e cannoni che si fanno sentire tutti i giorni, manca la pellicola, infuria il ghibli, gli inglesi sono “a venti centimetri”, come ricordava Fellini, e  Giacosi, non reggendo più la situazione, va dal generale Bastico, al comando di Tripoli che gli dice che devono andar via perché sono sbarcati gli Americani a Bona. Si prepara la fuga. Rapidamente. Ma nell’ultimo aereo per Roma da Tripoli, che cadrà nel gennaio ’43, ci sono solo 26 posti. Non bastavano per tutti.

federico fellini disegni

 

Fellini, Celano, Giacosi e un ispettore di produzione si rifiutano di partecipare a un sorteggio su chi si doveva salvare e restano a terra. Prenderanno un aereo militare tedesco. Ma fu un viaggio disastroso. Ricorda Celano: “gli Spitfires mitragliavano e noi dovevamo volare a fior d’acqua”. Sul momento Fellini “si rammarica solo di aver abbandonato in Africa un carico di ciabatte di pelle, braccialetti e tappeti comperato per rivenderlo a Roma”. I quattro vengono sbarcati dai tedeschi a Castelvetrano, in Sicilia, e lì parte una nuova avventura, perché il viaggio dura un’enormità e si svolge in un’Italia in piena guerra dove è quasi impossibile muoversi.

 

federico fellini disegni

Solo da Reggio Calabria a Roma ci vogliono dieci giorni di viaggio. Un po’ di questa non così eroica avventura la racconterà lo stesso Fellini il 14 novembre del 1942 sulle pagine del “Marc’Aurelio” in un articolo intitolato “Il primo volo”, che inizia più o meno così: «….Volavo, ero in cielo, e le case, le strade, gli amici, la macchina da scrivere, il giornale, voi tutti restavate piccini e dimenticati su questa cosa rotonda che si chiama terra».. Curiosamente, e non posso che dare ragione a Tullio Kezich, tutta la situazione del film continuamente interrotto e l’aereo dove è possibile morire da un momento all’altro, sembrano quasi la fonte dell’ispirazione per il grande progetto mai realizzato di Fellini, Il viaggio di G. Mastorna.

 

Di tutto il cast, solo Guido Celano era rimasto a raccontare la storia. Osvaldo Valenti e Luisa Ferida moriranno fucilati a Milano dai partigiani il 30 aprile del 1945. Gino Talamo diresse altri tre film, ma in Brasile, per poi tornare il Italia nel 1959. Il direttore della fotografia, Angelo Jannarelli figura nel 1945 tra gli operatori di Giorni di gloria, il documentario sulla Liberazione girato da Giuseppe De Santis, Luchino Visconti, Mario Serandrei e Marcello Pagliero. Fellini, tra il 1942 3 il 1943, ha occasione di lavorare come sceneggiatore a una serie di film che verranno più o meno interrotti e malamente ripresi.

 

kezich

Quanto a I cavalieri del deserto non se ne è saputo più niente. Nessuno lo ha visto perché, come pensa Tatti Sanguineti, non si è mai finito. Probabilmente nel viaggio, assieme alle ciabatte di pelle di Federico sono state scordate anche le pizze di pellicola del girato a Tripoli e dintorni. 

fellini disegnifellini disegni

 

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)