NELLA GUERRA A DISTANZA TRA SIRIA E ARABIA FINISCE IMPALLINATO FABIO TESTI E LA SUA INTERPRETAZIONE DI RE ABDULAZIZ, FONDATORE DEL REGNO SAUDITA, NEL FILM “KING OF SANDS” FORAGGIATO DA DAMASCO

Cecilia Zecchinelli per ‘Il Corriere della Sera'

Fabio Testi di quel film non vuole parlare. Eppure in King of the Sands l'attore 72enne diventato famoso nel 1970 con il Giardino dei Finzi-Contini , e poi «bello» in molte pellicole, ha un ruolo importante come non gli capitava da tempo. Interpreta re Abdulaziz Al Saud, fondatore del regno in Arabia a cui diede il suo nome ottanta anni or sono, padre di tutti i sovrani che lo hanno succeduto a Riad compreso l'attuale. Una figura eroica, ormai leggendaria, almeno per i sauditi.

Vista però da un angolo particolare nel nuovo kolossal appena uscito con grande clamore a Damasco. Perché il film è particolare. Non tanto per i meriti artistici, non molti secondo chi lo ha visto e da quanto si evince dai trailer, e ancora meno per quelli storici. Ma perché questa biografia decisamente non autorizzata di Abdulaziz, noto come Ibn Saud, è stata concepita e si sta rivelando come un'arma politica nella guerra tra Siria e Arabia saudita. Due Paesi che mai sono stati amici, ma che nell'attuale conflitto tra pro e anti Assad sono in prima linea l'uno contro l'altro, arcinemici.

L'Arabia, sostiene il regime siriano (e non solo), è infatti il principale finanziatore dell'opposizione armata a Damasco, specie di quella jihadista. Ed è un Paese, e questa è la tesi della pellicola, che già nella figura del fondatore rivelava propensione alla crudeltà, al tradimento e al fanatismo.

Ibn Saud, interpretato da giovane da un altro italiano, Marco Foschi, è infatti dipinto nel film come un sanguinario con l'ossessione per le donne, minorenni comprese, pronto però a far lapidare presunti amanti per adulterio e votato all'integralismo predicato dal teologo Abdel Wahab, nonché come una pedina dell'impero britannico, ovvero nemmeno abile politicamente.

Nonostante il loro consueto riserbo, lo sdegno e la rabbia dei sauditi sono subito trapelati, confermati in un tweet dall'anziano principe Talal (un altro figlio di Abdulaziz, noto per parlare chiaro) in cui questi confidava di aver chiesto a un «comune amico» di convincere Assad a ritirare il film perché «inammissibile che una tale opera scadente macchi una simile e grande figura storica». Tentativo fallito, ovviamente.

All'anteprima privata a Londra lo scorso 11 settembre (data non casuale, scelta dai siriani per ricordare che l'attacco alle Torri fu opera soprattutto di terroristi sauditi), il regista Nadjat Aznour, produttore e autore di soap di successo e aperto sostenitore di Assad, aveva respinto ogni motivazione politica: «Il mio film è privo di riferimenti agli attuali eventi in Medio Oriente, è un'opera storica basata su fatti veri e diretta soprattutto all'Occidente, e per questo è girata in inglese, perché nel mondo arabo verrà censurata».

Ma poi aveva parlato di «pressioni» nei suoi confronti, a cui si sarebbero aggiunte «minacce di morte», come ha lui stesso rivelato venerdì all'agenzia Ap dopo il debutto del film all'Opera House di Damasco a cui erano presenti un migliaio di Vip del regime, mentre le bombe (saudite?) cadevano a pochi metri.

Non si sa se tali minacce, ammesso che siano vere, siano arrivate anche agli attori, arabi e turchi oltre ai due italiani e all'inglese Bill Fellows (Downton Abbey ), nel ruolo dell'agente-esploratore di Londra John Philby. Ma è comunque comprensibile l'attuale riserbo di Fabio Testi che a Londra, in settembre, si era limitato a dichiarare di aver accettato il ruolo «perché sono come un dottore, dove c'è bisogno di me io vado» e di essere felice perché «per la prima volta ho avuto la parte di un re, cosa che ogni attore vorrebbe». E che all'inizio, quando aveva detto sì all'offerta di Aznour conosciuto a Damasco nel 2010 al Film Festival dove era in giuria, non aveva probabilmente intuito quanto quella pellicola fosse delicata e politica.

Come difficile può essere per molti capire oggi l'impegno del governo di Assad nel produrre un film di propaganda, che vedranno probabilmente in pochi, mentre una guerra vera, con decine di migliaia di morti, è in corso. Ma per restare nell'area, Al Jazeera è un esempio per tutti. Per il piccolo e aggressivo Qatar la tv è infatti l'arma più efficace. Per Damasco, che già ha bombe e soldati, un film come questo può aiutare o comunque dare il piacere di far infuriare il nemico.

 

Fabio Testi FABIO TESTI E GIUDITTA SALTARINI PATRIZIA DE BLANK FABIO TESTI E ANTONELLA - Copyright PizziIL RE SAUDITA Abdullah bin Abdulaziz al Saud CON BARACK OBAMA fabio testi.

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