
“I LIBRI? ORMAI SI SCRIVONO PER POTER FARE LE PRESENTAZIONI” – LA PROVOCAZIONE DI ROBERTO COTRONEO SCATENA ER “DIBBBATTITO” - RAIMO METTE IN RELAZIONE IL CALO DI LETTORI CON LO SCIALO PROMOZIONALE E IL SUCCESSO DELLE SCUOLE DI SCRITTURA – PAOLO DI STEFANO (CORRIERE DELLA SERA): "LA VERITÀ È CHE LE PRESENTAZIONI FUNZIONANO SEMPRE MENO: PUBBLICO SCARSO E TIEPIDO, SCRITTORE PRIVO DI AURA AVVINCENTE. IL PEGGIO È L’AUTORE CHE HA L’ASSURDA PRETESA CHE IL SUO LIBRO CONTI PIÙ DELLA SUA (EVENTUALE) SIMPATIA…”
Paolo Di Stefano il "Corriere della Sera" - Estratti
Letto e condiviso il pensiero di Dacia Maraini sull’utilità dei gruppi di lettura che partecipano alla giuria di alcuni premi letterari, vale la pena riprendere una discussione che corre veloce on line e nei social e che riguarda le presentazioni pubbliche dei libri. Ne hanno scritto, tra gli altri, Roberto Cotroneo su Facebook e Christian Raimo sul Tascabile.it.
Il paradosso di Cotroneo è che «i libri ormai si scrivono per poter fare le presentazioni» (anzi, il libro presentato potrebbe anche non esistere). E Raimo mette in relazione il calo di lettori con il fermento (lo scialo) promozionale e il successo delle scuole di scrittura.
A proposito delle presentazioni, è necessario distinguere. Uno: quelle concepite per assecondare l’ego (sacrosanto, dopo tanto lavoro) dell’autore, che conoscendo l’aria che tira ha abbassato le sue esigenze: gli basta essere ascoltato da quattro gatti senza obbligo di acquisto.
Due: quelle, pochissime, che si propongono un reale scopo di vendita e che richiedono una lochescion prestigiosa (esclusa dunque la libreria!), un nome televisivo accanto a quello dell’autore, almeno un attore o un’attrice, qualche geniale invenzione scenica. La verità, detta alla Catalano, è che le presentazioni sono belle quando funzionano. Ma funzionano sempre meno: pubblico scarso e tiepido, scrittore privo di aura avvincente. Il peggio è l’autore che ha l’assurda pretesa che il suo libro conti più della sua (eventuale) simpatia.
Dal profilo Facebook di Roberto Cotroneo – 16 giugno
Poi a un certo punto capisci all'improvviso che tutto questo vendere e vendersi è perverso. Soprattutto quando ha a che fare con le idee, l'arte, la bellezza, l'intensità. E capisci che ci hanno ingannato e ci stanno usando. Mandati in giro come pacchi postali a provare a dire, a convincere, a esporci.
A dire parole, e anche a dire parole impegnate. Prendere posizione in un mondo di totale spaesamento, confessare tutto di sé stessi, esporre la propria intimità perché genera adesione e simpatia. Stare dentro il mondo con il proprio corpo, il corpo dell'autore (e tocca pure mettersi a dieta), ripetere parole che sono sempre le stesse, con qualche piccola variante, e rispondere a domande che sono sempre le stesse, con le solite piccole varianti.
A chi lo dedico? A sua moglie, a suo figlio, a lei, a lei che... E tu ti senti generoso, ti hanno detto che incontrare i lettori è un fatto di generosità. Ti hanno detto che il testo non basta, che non basta il libro, che devi esserci tu, anche quando davanti a te ci sono otto persone, oppure venti, o anche sessanta (assai più raramente, va detto). E dopo il libro lo comprano o non lo comprano?
roberto cotroneo la nebbia e il fuoco
Non lo comprano, si sintonizzano con te come si fa con un canale del televisore. E certo che così va bene. E poi a che ora? C'è lo slot delle dieci del mattino, vuoi parlare alle dieci del mattino? Non voglio parlare alla dieci del mattino, non voglio parlare più. La ascolterei per altre due ore. Solo perché non hai parlato per altre due ore. Perché dubito possano resistere, davvero. Non voglio parlare alle dieci del mattino, voglio lavorare alle dieci del mattino. E devi essere sincero, spiazzante, e dire: quanto è stato difficile, quanto è stata dura scrivere quelle pagine. Quelle pagine che non è necessario leggere, perché basti tu, lì, a dire quello che serve.
A spiegare a cosa serve la letteratura. E a cosa serve la letteratura? Allora? A cosa serve la critica? E il libro va bene? Sta andando bene? Ma certo sta andando bene. Ma che fortuna.
E girerai molto? E lo promuoverai anche altrove? E io non voglio promuovere, e non ho più voglia di scrivere sui social. Dove si passa dal marketing a questo orrore del mondo come fosse tutto uguale. E tu cosa devi fare? Prendere un treno, prendere un aereo, salutare i colleghi, che anche loro, certo, hanno da promuovere, sono lì per questo. E ti chiedi: era questo quello che volevo fare? Era questa la mia felicità? Sorridere, e mettere la propria firma su un frontespizio, immortalato, con quel sorriso stanco che potrebbe pure sembrare ebete, più ebete che stanco, ma fa lo stesso.
E non vuoi più, non vuoi inseguire fantasmi che non ci sono, ragionamenti perduti, lettori distratti, concentrati su libri, romanzi, quelli con le storie, pieni di affreschi spietati, che attraversano il novecento meglio di un aliscafo, che entrano sotto la pelle con una ferita inaspettata, che sanguina sempre, che ti costringono a specchiarti e a capire veramente chi sei, quando sei arrivato all'ultima pagina.
roberto cotroneo foto di bacco
Queste scritture potenti, queste narrazioni inesorabili, che ti tolgono il fiato, questo indagare i momenti di passaggio tra adolescenza e giovinezza, giovinezza ed età adulta, maturità e senilità, senilità e morte, memoria e desiderio, perché ormai non solo aprile è il più crudele dei mesi, ma tutti sono crudeli, eccetto agosto, che ad agosto i libri non si vendono, e forse un po' gennaio.
Tutti a studiarsi guardinghi, convinti di essere pronti a svelare il noumeno della letteratura, a cambiare le regole del gioco, a scrivere un libro che resta, quando ormai i libri restano un mese sui banchi, tre mesi sugli scaffali, e poi tornano a farsi carta riciclata. In questa miseria collettiva di promuovere libri e autori come fossero un aspirapolvere, o un nuovo prodotto per la casa.
Recensioni spaiate, messe come capita. In un mondo senza memoria ora è tutto indimenticabile. Perché lo hai scritto? Ma saranno fatti miei perché l'ho scritto, non sarebbe meglio leggere quello che è scritto?
No, gli autori sono le balie di libri come bambini discoli, che vanno tenuti a bada: signora, quelle pagine, le perdoni, non si tengono a bada, non si capiscono, ma non fanno male a nessuno, è solo un gioco. Si figuri, si immagini, sono romanzi lasci fare. Signora se vuole le parlo di me?
Parliamo tanto di noi: di cosa sentiamo, di cosa pensiamo, se siamo sionisti o propalestina, se siamo filo russi o filo ucraini, e che ne dite di Trump, e che ne pensiamo dei cinesi? E delle bombe? E dei bambini, dell'orrore dei bambini? Aspetti però perché quel mio personaggio, un po' dice cosa siamo diventati, anticipa, i tempi, forse intuiva quello che sarebbe accaduto. Anzi, è profetico. Anzi è medianico. Anzi è una storia che riguarda tutti noi.
Se compra il libro lo capisce. E glielo firmo anche. Siamo tutti coinvolti. Anzi il mio personaggio sei tu anche se non ti conosco, tu che stai in prima fila, e non sai che sei il mio protagonista. Ma francamente adesso basta, sono stanco, leggete quello che vi pare, e lasciatemi stare in silenzio. Quanto voglio, come voglio: non voglio parlarvi di me, voglio tornare a suonare il pianoforte, lo faccio troppo poco. Non voglio stare ai festival, alle kermesse, alle presentazioni, in libreria, al bar, al telefono, dove vi pare. E so che mi pentirò di questo post, ma questa volta non lo cancellerò. Lo lascio, anche se non era il caso, non è mai il caso. In un mondo dove nessuno sa cosa sia il caso. Buona giornata.