
“I MIEI EROI VOGLIONO SUCCESSO, POTERE, SESSO. È L’ITALIA DEL SEI DENTRO O SEI FUORI” - QUARANT’ANNI FA PIER VITTORIO TONDELLI PUBBLICAVA “RIMINI” TRA IL FESTIVALBAR AL "BANDIERA GIALLA" (VINSERO I RIGHEIRA CON “L’ESTATE STA FINENDO”), CRAXI A PALAZZO CHIGI E LE LUCI DELLE NOTTI ANNI ’80 (“DOPO IL RIFLUSSO AVEVAMO SOLO 2 DESIDERI: DIVENTARE RICCHI E FAMOSI, O MORTI E SEPOLTI”) - LA PRESENTAZIONE DEL ROMANZO AL GRAND HOTEL DI RIMINI E IL RICORDO DI DAGO: "FUI INCARICATO DI ANDARE A CHIAMARE TONDELLI IN CAMERA. LA PORTA ERA SEMI APERTA E QUELLO CHE VIDI (GANG-BANG DI CORPI MASCHILI ROVESCIATI SUL LETTO) HA SEMPRE RAPPRESENTATO PER ME UN QUADRO-VIVENTE DI QUEGLI ANNI, TERRIBILI E BELLISSIMI. UN "SOGNO BAGNATO" CHE TONDELLI AVEVA SVELATO CON I SUOI LIBRI"
5 LUGLIO 1985, LA PRESA DEL GRAND HOTEL DI RIMINI - COME LA PRESENTAZIONE DEL ROMANZO “RIMINI” DI PIER VITTORIO TONDELLI SI TRASFORMO’ NELLA RAPPRESENTAZIONE DEGLI ANNI OTTANTA - IL RICORDO DI DAGO: ‘FUI INCARICATO DI ANDARE A CHIAMARE TONDELLI IN CAMERA. LA PORTA ERA SEMI APERTA E QUELLO CHE VIDI (GANG-BANG DI CORPI MASCHILI ROVESCIATI SUL LETTO) HA SEMPRE RAPPRESENTATO PER ME UN QUADRO-VIVENTE DI QUEGLI ANNI, TERRIBILI E BELLISSIMI. UN "SOGNO BAGNATO" CHE TONDELLI AVEVA SVELATO CON I SUOI LIBRI"
L’ESTATE STA ANCORA FINENDO
Gabriele Romagnoli per “Robinson – la Repubblica”
rimini stabilimento balneare anni 80
Rimini negli Anni Ottanta era inenarrabile. Era l’immaginario costruito su un immaginario. Una diceria. Un passaparola che produceva accrescitivi e orrendi neologismi (divertimentificio). Era una leggenda a strati, un supermarket a corsie di condotta, come Beirut per le religioni: a ciascuno la propria. E all’alba, o per i più lenti a fine stagione, il sospetto che nulla fosse vero, nulla fosse esistito.
Non un sogno, neppure un incubo, piuttosto una fantasia, ma di qualcun altro, che era altrove, o non c’era più. Nell’agosto del 1985 avevo preso in affitto un monolocale all’ultimo piano di un edificio a Miramare e dalla terrazza vedevo le luci della discoteca Altro Mondo, oltre a quelle dell’aeroporto militare.
Ero anch’io militare, in licenza per due settimane.
Non potendo lasciare la regione mi ero rifugiato nel passato, nel bozzolo di oltre vent’anni di villeggiatura, con parenti, poi amici, infine solo, nell’ultima estate Under 25. Nello zaino avevo un romanzo di Pier Vittorio Tondelli, uscito a maggio: Rimini. O dell’inenarrabile.
Per favore, mi passeresti uno specchio deformante? Rimini come Hollywood intitolerà un capitolo dell’antologia Weekend postmoderno, raccogliendo appunti, articoli e riflessioni. «Tutto era molto californiano» , appunto.
«Dall’alto di unDC-9 che da Venezia mi riporta a Roma la riviera di Romagna altro non appare che un’esilissima striscia di sabbia. Vista invece di notte, dall’alto di Gabicce Monte, quella stessa striscia di sabbia mi appare come il bordo luccicante di strass di un vestito da sera e, quindi, l’invito al desiderio, alla follia della notte» .
Quella è Las Vegas. C’era un locale chiamato così (anzi, lo chiamavano “dancing”). Era il “giardino del liscio”. Tutte le musiche si tenevano insieme: cacofonia in salsa balneare.
Tondelli inaugurava il Festivalbar al Bandiera Gialla («provai per un istante l’eccitazione di poter conoscere il mondo dello spettacolo, fra ballerine stanche e cantanti dagli occhi gonfi, sentii nella mia stessa stanchezza il doppio e il falso dello spettacolo, la seduzione di una maschera grondante fatica e sudore»).
Vinsero i Righeira. C’è bisogno di dirlo? Con L’estate sta finendo.
Era iniziata il 5 luglio, con la presentazione del romanzo al Grand Hotel. Pier Vittorio non voleva raccontare un’epoca, ma incarnarla. Ricorda Roberto D’Agostino che quando fu mandato a chiamarlo in camera trovò «la porta semi aperta e vide una gang- bang di corpi maschili rovesciati sul letto, un quadro vivente di quegli anni terribili e bellissimi».
D’altronde l’autore proclamava di volere «una palude bollente di anime che fanno la vacanza solo per schiattare al sole e in questa palude i miei eroi vogliono emergere, essere qualcuno, vogliono successo, ricchezza, notorietà, fama, gloria,potere, sesso. E Rimini è questa Italia del sei dentro o sei fuori».
Governava Craxi, ancora oggi in Italia se dici “socialisti” ti escono le bollicine dalle labbra.
Al Paradiso, la discoteca sul colle di Covignano con le pareti d’aria, ballai tra il ministro del lavoro, Gianni De Michelis, quello che disse: «Ragazzi il lavoro non c’è dovete inventarvelo», e Anna Maria Capicchioni, campionessa a un quiz di Mike Bongiorno (se la risposta non c’è, bisognerà inventarsela).
Pippo Baudo rispedì a casa il già invitato Tondelli, ma non per sua volontà: i capi della tv pubblica inorridirono per le recensioni con titoli sull’apocalisse in Riviera, l’omosessualità, il politico cattolico morto tra le pagine di Rimini.
Come non capirli, poveri? Ma lui che ci voleva andare a fare a Domenica In? Voleva essere un gioco, una contaminazione, uno sberleffo? Il cucù che esce all’ora sbagliata, con l’abito buono e i modi cortesi: «Un bravo ragazzo, benché gay»? Pier Vittorio, nel «refrigerante lusso del Grand Hotel», pensava a Nathanael West, «sfortunato scrittore affondato nella Hollywood maledetta del massimo splendore e del massimo cinismo», ma quelle erano le stanze del cavalier Arpesella, dove chiuse gli occhi al figlio, accompagnò al suo destino Federico Fellini, aprì la porta della medesima camera (numerologicamente segnata, disse Gustavo Adolfo Rol) a Lady Diana, prima di farla finita per sopravvenuta impossibilità d’amare.
A lui il Grand Hotel, altri 16, per un totale di 51 stelle, ad Aldo Foschi, detto Veleno, che tenne sulle ginocchia “la Lella” (Raffaella Carrà) e sedette sulla poltrona di Enrico Cuccia. Andava per night in giacca bianca e pantaloni neri, ma più che le donne lo eccitavano gli alberghi. «Le hall, i lampadari, la piscina, il minigolf, la spiaggia privata», diceva sognante come un bambino di Amarcord percorrendo le forme della Gradisca.
dago al grand hotel di rimini, con turbante , 1985
Vedi perché Tondelli fece di Rimini un romanzo corale? Non si riesce a trovare una sineddoche, una storia esemplare che le contenga tutte. Ti arrivano addosso da ogni parte. E allora vai col giornalista, il sassofonista, il regista «il dentista, il taxista, la ragazza, la star, scaraventati in mezzo al traffico» (Lucio Dalla, Meri Luis, cinque anni prima).
Che altro stesse cercando di fare lo svela in uno scritto dello stesso anno (Cabine! Cabine!) citando Scerbanenco a cui «l’ambiente della riviera aveva permesso di ambientare, verosimilmente, un giallo metropolitano» , come in parte era Rimini. Più ancora voleva un libro di successo, se centomila copie bastavano.
Mi disse uno di quelli che avevano fatto il ’77 a Bologna: «Dopo il riflusso avevamo solo due desideri: diventare ricchi e famosi, o morti e sepolti».
Ci fu chi passò dalle radio libere a Fininvest. A Rimini nel ’77 c’era Radio Rosa e Giovanna, la cugina sciocca di Alice: tra i fondatori anche il calciatore Paolo Sollier, che esultava con il pugno chiuso. La sequestrarono dopo otto mesi, per commenti irriverenti sulla strage di via Fani. Mai il senso della misura, mai. La musica del sassofonista di Tondelli «fu come il rauco grido di dolore delle cose e degli uomini colti in quel momento bagnato, all’alba, dopo il diluvio.
rimini elisabetta sgarbi tondelli moreno neri barilli
Non so se sia stato molto bello, ma finiva la tarda estate e non si stava diventando grandi, si stava solo andando avanti e l’ultimo avrebbe spento le luci, anche quelle di Rimini.
anna maria capicchioni
bettino craxi
bandiera gialla rimini anni 80
pier vittorio tondelli 1
i righeira
movida rimini 7
movida rimini 9
GIANNI DE MICHELIS
gianni de michelis
pier vittorio tondelli
movida rimini 6
pier vittorio tondelli copertina di robinson la repubblica 31 agosto 2025
pier vittorio tondelli rimini 33