POLVERIERA STREGA - DALLE DIMISSIONI DI MORAVIA ALLA MORTE “SOSPETTA” DI ANNA MARIA RIMOALDI: I RETROSCENA IN FORMA DI ROMANZO DEL PREMIO CONFERMANO IL GATTOPARDISMO DELLO STREGA: È CAMBIATO PER RESTARE IN FONDO SEMPRE UGUALE

Raffaella De Santis per “la Repubblica

 

Stefano 
petrocchi
la polverieraStefano petrocchi la polveriera

Se un romanzo sul Premio Strega s’intitola La polveriera qualcosa vorrà dire. Intrighi, veleni, amicizie rotte e nuove alleanze, tradimenti, schede bianche e franchi tiratori: tutto vero. C’è persino la morte dell’organizzatrice Anna Maria Rimoaldi presentata come “sospetta” agli occhi di chi rinviene il corpo nella casa dell’Elba, in un tardo pomeriggio dell’agosto 2007. La stanza appare in uno “strano disordine”. Vederlo nero su bianco fa un certo effetto. L’autore però è un prudente e insospettabile “insider”: Stefano Petrocchi, il direttore della Fondazione Bellonci.

 

Petrocchi ha raccolto l’aneddotica intorno al premio e l’ha abilmente trasformata in un romanzo memoir che esce oggi per Mondadori e che è basato su lettere, carteggi, documenti e cronache giornalistiche. Dentro c’è materia a sufficienza per dire che lo Strega è l’istituzione più gattopardesca che abbiamo, perché è cambiata per rimanere in fondo sempre uguale. Nessuno è passato indenne nel suo tritacarne: da Italo Calvino a Pier Paolo Pasolini, che nel 1968 si scaglia contro gli editori “padroni”. Così come le dimissioni di Moravia e Garboli anticipano solo di qualche anno quelle di Emanuele Trevi.

5v08 anna maria rimoaldi5v08 anna maria rimoaldi

 

L’io narrante, l’alter ego dell’autore, è il “segretario fidato” di Anna Maria Rimoaldi, alla reggenza del premio per vent’anni dal 1987 al 2007, chiamata dal suo collaboratore semplicemente “il Capo”. Figura mitica, capace di creare intorno a sé e ai suoi modi bruschi quel tipo di venerazione che si accorda alle divinità. Scopriamo il backstage del premio grazie ai racconti fatti da chi narra a tre personaggi estranei alla società letteraria: un maresciallo, una giovane giornalista freelance e un ragazzo che gestisce un blog.

 

La narrazione restituisce le atmosfere, i documenti i fatti. «Intorno allo Strega – scrive Petrocchi – si muove una giostra di predatori». D’altra parte la stessa Maria Bellonci aveva scritto nel suo memoir sul premio (Come un racconto. Gli anni del premio Strega ) di possedere ben chiara «la percezione di aver architettato una polveriera».

 

Maria 
Bellonci
Maria Bellonci

È negli anni Sessanta che la polveriera diventa pericolosa. L’edizione del 1961 è epica. Si conclude con la vittoria per un voto di Raffaele la Capria ( Ferito a morte, Bompiani) sull’ex aequo di Fausta Cialente e Giovanni Arpino: 96 a 95. La Capria era un outsider: «Ricordo lo sconcerto di tutto lo staff dello Strega quando uscì il mio nome, nessuno se lo aspettava ».

 

Accade inoltre che una scheda in favore di Ballata levantina di Cialente (Feltrinelli) arrivi fuori tempo massimo. Pochi giorni prima Alberto Mondadori aveva spedito un telegramma alla Bellonci per perorare la causa di Arpino in gara con Un delitto d’onore: «Facciopiù che mai assegnamento suo prezioso e incondizionato determinante appoggio et di Goffredo stop Sono sicuro che nei limiti di onesta propaganda ella potrà aiutarci validamente raggiungere quota voti necessaria onde evitarmi grosso smacco nel riconoscimento editoriale stop».

 

Nel 1966 inizia invece la Calvino Story. Nella ventesima edizione Calvino paga il fatto di essere ilsuperfavorito e le Cosmicomiche (Einaudi) sono battute da Una spirale di nebbia di Michele Prisco, edito da Rizzoli, casa editrice che in quindici anni si aggiudica il premio ben sette volte.

PIER PAOLO PASOLINI PIER PAOLO PASOLINI

 

 

Mentre la Mondadori, dal ‘67 al ‘78, porta a casa cinque Strega e dieci Campiello. Calvino vorrebbe ritentare nell’84 con Palomar, ma quell’anno la Longanesi candida Pietro Citati, autore di Tolstoj. In nome dell’amicizia Calvino si ritira. Morirà l’anno dopo. La Zarina (così veniva chiamata la Rimoaldi) pensa allora di candidare postumo Lezioni americane, ma desiste perché il premio due anni prima era andato a Rinascimento privato della Bellonci: «Due defunti premiati in tre edizioni sembrarono decisamente troppi».

 

CARMEN LLERA CON MORAVIA jpegCARMEN LLERA CON MORAVIA jpeg

Il Sessantotto arriva anche allo Strega. Scoppia l’affaire Pasolini, che con Teorema ( Garzanti) si vede soffiare la semifinale da Alberto Bevilacqua ( L’occhio del gatto, Rizzoli). Una breve nota ne testimonia la rabbia: «L’ultima votazione ha accentuato in modo incontrovertibile il deterioramento, verificatosi negli ultimi anni, del gioco democratico». Poi sul Giorno scriverà contro gli editori diventati “padroni”, che «sia pure addolciti dal nuovo corso, sono capaci di tutto». Alla fine vince Bevilacqua ma si registrano 117 schedebianche. È Pasolini a parlare per la prima volta del “pacchetto di voti” (almeno 40) amministrato dalla Bellonci, «arbitra assoluta dei destini del premio». La protesta ha conseguenze pesanti: Moravia dà le dimissioni dal comitato direttivo. Vent’anni dopo sarà la volta di Cesare Garboli per aver tentato invano di far passare una modifica «per ridurre l’ingerenza degli editori».

 

cesare garbolicesare garboli

Lo Strega è stato a lungo un premio a reggenza matriarcale. Petrocchi, arrivato nel 1999 alla Fondazione grazie a una borsa di studio per lavorare all’inventario del carteggio Bellonci, restituisce un bel ritratto del loro rapporto e soprattutto della Rimoaldi, che con il suo senso pragmatico sarà un costante supporto per l’amica. Non solo compilerà per lei riassunti delle fonti storiche indispensabili per il suo lavoro ma l’aiuterà anche a far quadrare i conti.

 

1 italo calvino 0031 italo calvino 003

E una volta prese in mano le chiavi della polveriera si considererà sempre una semplice amministratrice, naturalmente alle sue regole: ricerca del duello, attenzione agli “equilibri editoriali”, capacita di dire “no” (nel 2005 riuscì a convincere Segrate a bloccare la candidatura de Le peggiori intenzioni di Alessandro Piperno). L’esercizio del potere era per lei una pratica ascetica: «Non fare sapere mai a nessuno le tue intenzioni. Mai cedere alla vanità di rivendicare il proprio ruolo». Raramente perdeva le sue battaglie. Non mandò giù la vittoria nel 1989 de La grande sera di Giuseppe Pontiggia contro Le nozze di Cadmo e armonia di Roberto Calasso. Da allora nessun autore Adelphi ha più concorso al premio.

 

clm08 emanuele treviclm08 emanuele trevi

Gli ultimi anni nel romanzo sono meno approfonditi ma ricchi di curiosità: dopo l’edizione del 2009 che vede trionfare Scarpa su Scurati arrivano tre schede in ritardo. Nel romanzo il segretario apre le buste. Ci sono tre voti: “Scarpa”, “Scarpa” “Scarpa”. L’intera storia dello Strega è dominata dal duopolio Mondadori-Rizzoli: Mondadori (come sigla editoriale singola) ha vinto 23 edizioni su 68, (il 33,8%, una ogni tre). Il romanzo finisce nel “mistero”: un manoscritto inedito di Maria Bellonci che sbuca da una panca e la morte “sospetta” della Rimoaldi. In quella stanza disordinata, dove in apparenza «sembrava fosse accaduto qualcosa».

 

raffaele la capria  raffaele la capria

«Si scelse di non dare seguito alle indagini, anche per tenere lontana l’attenzione dei media». Che intorno a quella signora anziana e potente sarebbe stata tanta. Tra veleni e ombre lo Strega è da sempre «un formidabile contenitore di storie, perlopiù a sfondo giallo».

 

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…