HOLLY-WAR! – LE POLEMICHE E GLI ATTACCHI PER “THE INTERVIEW”, L’IRRITAZIONE DEGLI EGIZIANI PER “EXODUS” E DEI PACHISTANI PER LA SERIE TV “HOMELAND” DIMOSTRANO CHE HOLLYWOOD FA PAURA – FA PAURA PERCHÈ È LIBERA E PRODUCE TRANQUILLAMENTE BOIATE E CAPOLAVORI

1. HOLLYWOOD VA ALLA GUERRA

Vittorio Zucconi per "La Repubblica"

 

evan goldberg and seth rogen 102265124 seth rogen evan goldberg.1910x1000evan goldberg and seth rogen 102265124 seth rogen evan goldberg.1910x1000

Adorata ed esecrata con eguale trasporto da ammiratori e detrattori nei cento anni dalla sua nascita in un sobborgo di Los Angeles, Hollywood torna ad accendere quel Kulturkampf, quella guerra dei mondi e delle culture che l’industria cinematografica americana con ineguagliata sapienza e con faraonici profitti coltiva. Fra marketing e creatività, fra propaganda politica esplicita o implicita, la più formidabile fabbrica di cultura popolare mai costruita è di nuovo bersaglio di governi permalosi e di regimi con lunghe code di paglia, trascinata in una sorta di Hollywar che somiglia realmente a una Holy War, a una guerra santa.

 

il finto kim jong un in the interviewil finto kim jong un in the interview

È stato l’ormai celeberrimo caso del polpettone farsesco The Interview a riaprire lo studio globale in cui, già dalla messa al bando nel 1940 in Italia e in Germania del Grande Dittatore di Chaplin, si gira la saga del duello fra Hollywood e il resto del mondo, sul filo della contraddizione tra filo e anti americanismo. The Interview, che ha già reso alla Sony 14 milioni di dollari in cinque giorni, è stata scaricata legalmente sul web tre milioni di volte, più i milioni piratati: ma è stato soltanto l’ affaire più vistoso, non l’unico. Mentre le talpe informatiche di Kim Jong-un, o chi per lui, o chiunque fossero e dovunque si trovassero, in Cina o in un Internet Cafè dietro l’angolo di casa, frugavano nelle viscere della Sony, il governo pachistano protestava contro una puntata del serial tv Homeland. Si considera insultato per le insinuazioni contro i propri servizi di intelligence, l’Isi (semplice coincidenza di acronimi con i macellai jihadisti del nuovo califfato), accusati di fare il doppio gioco fra gli Usa e il terrorismo islamista. Sospetto che da decenni aleggia, ben oltre i telefilm.

the interviewthe interviewsony hack the interview 8sony hack the interview 8

 

E anche il governo egiziano, che pure “ben altri” problemi, come vuole il lessico qualunquista, avrebbe, dichiarava la propria “Hollywar” contro l’ultima, ennesima riedizione hollywoodiana della vita di Mosè nel nuovo Exodus - Gods and Kings di Ridley Scott. Film colpevole, per Il Cairo, di «gravissime distorsioni ed errori storici» nella descrizione del trattamento degli israeliti nelle mani dei Faraoni e nel provvidenziale spalancamento della acque del Mar Rosso verso la Terra Promessa. Come se esistessero inoppugnabili fonti e documenti storici che comprovassero l’apertura delle acque al passaggio dell’Esodo e la loro tempestiva chiusura sulle empie schiere egizie.

 

exodus di ridley scottexodus di ridley scott

Ma proprio nella confusione fra realtà e leggenda, nella decostruzione della storia per ricostruirla a piacere, sta da sempre la forza irresistibile di “Tinseltown”, ossia della ”città di stagnola”, come fu ribattezzata l’industria della fantasia negli anni ‘70, quando ormai da tempo anche Hollywood era una finzione, essendo gli studi ormai ben oltre la collina dei fichi — così si chiamava in origine — nella lontana vallata degli aranceti. La irritata stupidità dei censori e dei permalosi non demolisce, ma al contrario avvalora la potenza di questa che è stata, da sempre, ma soprattutto nei decenni dello scontro ideologico fra capitalismo e socialismo, la più letale delle armi improprie. La voluttà del piacere proibito che travolgeva i compagni sovietici di fronte alle più grossolane pellicole hollywoodiane contrabbandate oltre Cortina e guardate nel segreto dei primi videoregistratori era il tributo più sincero al successo della città della stagnola.

christian bale exoduschristian bale exodus

 

Damian Lewis in Homeland Damian Lewis in Homeland

I despoti di ieri come i fanatici di oggi sapevano bene quanto penetranti e devastanti potessero essere film che senza apparente intenzione propagandistica narravano l’epopea del bene contro il male, verso la vittoria inevitabile del bene. Cioè dell’America.

 

Quando l’agenzia ufficiale nordcoreana, cioè l’unica esistente a Pyongyang, risponde a Barack Obama definendolo «una scimmia nella giungla», anche la spazzatura come The Interview costa al regime familiare dei Kim più di una battaglia perduta e rende milioni alla macchina dei sogni. E se il governo pachistano respinge indignato la descrizione di Islamabad, la capitale, come una città ad alto rischio, non si accorge che bastano pochi minuti di ricerca in Rete per riscoprire quanti, e terribili attentati, l’abbiano colpita. Persino voci dal mondo ebraico americano hanno lanciato qualche rimprovero ai produttori del nuovo “Mosè 2014” accusandoli di avere utilizzato un attore non ebreo, Christian Bale, nella parte del salvatore del popolo israelita. Mentre gli egiziani naturalmente storcevano il naso di fronte a un Faraone nato in Australia come Joel Edgerton.

Frank CapraFrank Capra

 

GOEBBELSGOEBBELS

Nella loro irritazione, i combattenti nella guerra a Hollywood dimostrano di avere tuttavia capito quanto essenziale sia la falsificazione della realtà, o la reinterpretazione dei miti, fatta dal cinema americano per produrre molta parte di quei 20 miliardi di dollari in valore netto d’esportazione che esso genera per la bilancia commerciale Usa, voce seconda soltanto all’aereospaziale.

 

Se ancora il Why We Fight, “Perché combattiamo”, commissionato a Frank Capra dall’Esercito nel 1942, era pura propaganda di guerra a uso interno per reclute e per compratori di Buoni di Guerra, come addirittura faceva anche Topolino, fu con Harry Truman e la Guerra Fredda che la città dove nulla è vero dunque tutto è credibile dispiegò la propria potenza di fuoco contro la minaccia rossa.

 

homeland serial tel aviv beirut homeland serial tel aviv beirut

La Cinecittà mussoliniana, la Reichsfilmkammer di Goebbels o la Mosfilm creata da Stalin non avrebbero mai potuto raggiungere, ingessate nella burocrazia di regime nonostante la bravura di chi ci lavorava, la creatività insinuante di una cinematografia che non aveva bisogno di narrare rozzamente gli orrori del nemico, ma poteva esaltarsi nella descrizione dell’ American Way Of Life , della vita quotidiana negli Stati Uniti. Hollywood poteva permettersi di sfornare cinepanettoni anticomunisti come Alba Rossa, di disegnare macchiette come il John Wayne di Berretti Verdi, di sorridere con il grande Robin Williams, transfuga con il suo sax in Mosca a New York , perché, a differenza del cinema di regime, sapeva anche sfottersi e autodilaniarsi nel Dottor Stranamore, nei Giochi di Guerra , nei lavori di Oliver Stone o di Francis Ford Coppola. La propaganda diventava credibile perché esisteva il controcanto dell’autocritica.

 

'The Interview' nei cinema Usa'The Interview' nei cinema Usa

Di questo, alla fine, hanno terrore i governi, i regimi, i censori che dichiarano guerra a Hollywood, ai suoi peggiori film e alle più dozzinali serie tv. Temono la inarrestabile capacità di macinare il peggio e il meglio, di impastare la political fiction con la science fiction , lo sghignazzo triviale con la seducente nevrosi della quotidianità urbana di Woody Allen, di mescolare E. T. con la caricatura del capitano Ramius ai comandi del suo Ottobre Rosso . È paura della libertà, quella che produce boiate come capolavori e sa raccontarsi nel bene e nel male, oltre la Guerre Sante. Magari impressionando anche i nemici, come quel Nikita Kruscev che volando sopra Los Angeles confessò all’interprete: «Ma allora non era solo un film, ce le hanno davvero tutte queste piscine».

 

 

2. “SIAMO UN’INDUSTRIA MA SENZA TABÙ”

Silvia Bizio per "La Repubblica"

 

la regista Kathryn Bigelow la regista Kathryn Bigelow

«SE sei un giornalista o un cittadino normale presti attenzione a come Hollywood affronta la politica estera, e anche uno storico dilettante di Hollywood lo troverebbe interessante», esordisce Steven Gaydos, direttore di Variety . «Basta vedere il caso Zero Dark Thirty (di Kathryn Bigelow, 2012, ndr): ora Hollywood non aspetta più 20 anni per affrontare qualcosa di importante».

 

Cosa pensa del caso “The Interview”?

«Hollywood era sempre stata restia a fare film socialmente e politicamente controversi. Per decenni ha seguito la regola: “sei hai un messaggio, manda un telegramma”, non fare film politici. Adesso quell’industria salta fuori con una commedia caustica, di attualità internazionale e rompe un tabù».

 

The Interview non e’ il solo. Basta vedere come la serie tv Homeland parla del Pakistan...

«Vero, ma voglio difendere Hollywood. Ci sarà sempre una controversia ogni volta che un artista o un regista americano o occidentale fa un film che affronta la politica in un Paese che non ha cultura di scambio libero di idee»

 

Ma Hollywood lo fa in modo informato e consapevole?

HOLLYWOODHOLLYWOOD

«Stiamo parlando di produzioni da molti milioni di dollari. E il capitale, di solito, ha un punto di vista».

Ultimi Dagoreport

elly schlein dario franceschini roberto speranza onorato renzi orlando

DAGOREPORT - ELLY SARÀ ANCHE LA "SEGRETARIA DI TUTTI", COME HA DETTO A MONTEPULCIANO, MA NON INTENDE ASCOLTARE NESSUNO - IL "CORRENTONE" DI FRANCESCHINI-SPERANZA-ORLANDO SI E' ROTTO IL CAZZO DEL "QUI, COMANDO IO!" DELLA DUCETTA DEL NAZARENO: CARA SCHLEIN, HAI UN MESE DI TEMPO PER CAMBIARE MUSICA, CONDIVIDENDO CON NOI LA LINEA DEL PARTITO, O ANDIAMO ALLA GUERRA - IN BALLO C'È SOPRATTUTTO LA COMPOSIZIONE DELLE LISTE ELETTORALI 2027, CHE LA SIGNORINA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA VUOLE RIEMPIRE DI CANDIDATI A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA, LASCIANDO A TERRA DINOSAURI E CACICCHI D'ANTAN - ANCHE L'ALTRA FRONDA, QUELLA DEI RIFORMISTI GUIDATI DA GUERINI, GORI, SENSI ECC., E' SUL PIEDE DI GUERRA - MENTRE IL NASCENTE PARTITO DI CENTRO, FORMATO DAI CIVICI DI ONORATO-BETTINI E DAI CATTOLICI DI RUFFINI-PRODI, TEME L'ABILITA' MANOVRIERA DI RENZI – LA PROTERVIA DI ELLY, CON L'ASSEMBLEA DEL 14 DICEMBRE PER OTTENERE I "PIENI POTERI", RISCHIA DI FAR SALTARE IN ARIA UN CENTROSINISTRA UNITARIO... 

federica mogherini stefano sannino putin travaglio belpietro

DAGOREPORT – POSSIBILE CHE FEDERICA MOGHERINI E STEFANO SANNINO, SPECCHIATI ESPONENTI ITALIANI A BRUXELLES, SIANO DIVENTATI DI COLPO DUE MASCALZONI DA ARRESTARE PER "FRODE IN APPALTI PUBBLICI"? - VALE LA PENA SOTTOLINEARE LE PAROLE DELL'EURODEPUTATO DEL PD, DARIO NARDELLA: “NON VORREI CHE SI TRASFORMASSE IN UN FUOCO DI PAGLIA CON L'UNICO EFFETTO DI DANNEGGIARE ANCORA UNA VOLTA L'IMMAGINE DELL'ITALIA” - DEL RESTO, A CHI GIOVA SPUTTANARE L'EUROPA, IN UN MOMENTO IN CUI SI ERGE COME UNICO ARGINE ALLA RESA DELL’UCRAINA CHE STANNO APPARECCHIANDO TRUMP & PUTIN? - A GODERE SONO INFATTI "MAD VLAD" E I SUOI TROMBETTIERI, CHE HANNO ASSOCIATO LO “SCANDALO DI BRUXELLES'' AI CESSI D’ORO DI KIEV DELL'AMICO DI ZELENSKY - BASTA GUARDARE COSA SCRIVONO OGGI BELPIETRO SU "LA VERITA'" (''UE CORROTTA COME L'UCRAINA. FERMATA LA BIONDINA DEL PD") E TRAVAGLIO SU "IL FATTO QUOTIDIANO" ("BASSI RAPPRESENTATI... CI FACCIAMO SEMPRE RICONOSCERE")...

procuratore milano viola procura milano luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

FLASH! – MA GUARDA UN PO’... “EMERGE CHE IN AMBIENTI GIUDIZIARI SI È VALUTATO DI ESEGUIRE LE PERQUISIZIONI SOLO LA SCORSA SETTIMANA E NON A SETTEMBRE PER NON CONDIZIONARE L'ESITO DELL'OPS SU MEDIOBANCA ANCHE PERCHÉ LE INDAGINI NON SONO CHIUSE. ABBASTANZA PER IPOTIZZARE CHE IL RUOLO DELLA PROCURA POSSA DIVENTARE CRUCIALE NELLA FORMAZIONE DELLE LISTE PER IL RINNOVO DEI PROSSIMI CDA. IN PRIMAVERA TOCCHERÀ AI VERTICI DI BPM E DI MPS…” (BALESTRERI E SIRAVO PER “LA STAMPA”)

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...