1- PAOLO RUFFINI, L’ULTIMO DEMOCRISTIANO CATODICO: LEGGETE CON QUALE ELEGANTE IPOCRISIA IL DIRETTORE DE LA7 PRENDE LE DISTANZE DAL POSSIBILE ARRIVO DI SANTORO, UN CONDUTTORE INGOMBRANTE CHE GLI CREEREBBE CASINI CON CHICCO MENTANA, GAD LERNER E CORRADO FORMIGLI: “NON NEGO CHE CI SIANO TENTATIVI DI CONTATTI E CHE POSSANO ESSERCENE IN FUTURO. MA PARLARE DI TRATTATIVE È FUORI LUOGO” 2- UN MANAGER PRONTO A INCIAMPARE NEL GROTTESCO, PUR DI DIFENDERE I PROPRI ARTISTI, LA PROPRIA EMITTENTE E -GIÀ CHE C'È- LA PROPRIA POLTRONA. “DANDINI, GRUBER, BIGNARDI, FORMIGLI, GUZZANTI, LERNER: QUALI FLOP, GLI ASCOLTI SONO AUMENTATI” 3- LA CADUTA DEL SESSUOMANE ARCORIANO HA RIMOSSO UNO DEI PIÙ GRANDI EQUIVOCI DEL VENTENNIO: QUELLO CHE ESSERE NEMICI DI BERLUSCONI, E ALIMENTARE UN'OFFERTA ANTAGONISTA, BASTASSE PER PRODURRE QUALITÀ DURATURA E ASCOLTI IMMARCESCIBILI

1- RUFFINI È FELICE, DI COSA NON SI CAPISCE
di RICCARDO BOCCA per il blog www.gliantennati.it

Ci sono interviste che restano per sempre, ritagliate dagli addetti ai lavori e riposte in apposite cartelline mentali, dove il loro effetto persiste e rimbalza nel tempo grazie al vigore dei contenuti, e alla limpidezza con cui emergono concetti troppo spesso confusi o taciuti.

Una di queste interviste, appunto, è uscita questa mattina sul "Corriere della sera" a firma Paolo Conti, e il protagonista della chiacchierata è l'attuale direttore de La7 Paolo Ruffini. Il quale, nell'occasione, si è ampiamente espresso sulla tv che governa e le sue stelle catodiche.

In sintesi, abbiamo appreso con gioia che a La7 va tutto bene, benissimo. Anzi: non potrebbe fiorire stagione migliore, a sentire Ruffini.
Anche se un italiano con sette o otto dita delle mani amputate, non avrebbe comunque difficoltà a indicare lo share raccolto il sabato sera da Serena Dandini. E anche se, ormai, le invasioni barbituriche di Daria Birignao Bignardi hanno esaurito il loro tempo massimo, diventando l'eco di un format che ha smesso di entusiasmare i suoi stessi autori.

Sciocchezze, comunque, per Ruffini. Lui è contento, spiega, degli ascolti raggiunti dai teledivi che gli stanno attorno. Tanto contento. Al punto da definire La7 «un posto bellissimo», strepitoso, dove lavora «molto bene», e dove l'arma vincente per la fascia pomeridiana sarà Cristina Parodi, caspita!, sorella della cuciniera che già puntella il segmento casalingo.

Tutte parole apprezzabili, visto che a pronunciarle è un dirigente pronto a inciampare nel grottesco, pur di difendere i propri artisti, la propria emittente e -già che c'è- la propria poltrona; ma al tempo stesso, parole (gravemente) insufficienti per comprendere le ragioni per cui La7 non riesce ad affermarsi come emittente competitiva.

Ruffini, infatti, tutto compreso nell'esaltare il cinque e mezzo per cento di share raccolto da Corrado Formigli, e i pari numeri incamerati dal duo Lerner-Gruber, non dedica un solo pensiero alla ritaratura genetica avvenuta nel Telepaese, dove da un giorno all'altro la caduta del sessuomane arcoriano ha rimosso uno dei più grandi equivoci del Ventennio: cioè quello che essere nemici di Berlusconi, e alimentare un'offerta televisiva coerentemente antagonista, bastasse per produrre qualità duratura e ascolti immarcescibili.

No. Oggi non ha più senso interpretare il reale, e tantomeno riprodurlo in video come nulla fosse accaduto; come se, ad aprile 2012, fossimo ancora sotto schiaffo di un Odiato Nemico, a cui l'esercito dei presunti buoni si contrappone con eleganza e grinta.
Ormai è segnata, la data di scadenza per i programmi che legavano il loro stesso esistere all'espressione del disagio antiberlusconide, e lo contrastavano con un repertorio di sarcasmi o snobismi tipici della più conformista classe borghese.

Ora che Berlusconi ha ceduto -di buon grado, come noto- la poltrona da premier, quest'offerta resta impiccata ai suoi numeri piccoli; che tra parentesi non cresceranno più, perché affogati nell'egomiopia dei loro interpreti pubblici.

I quali, è ormai scritto anche sui muri, hanno perso di vista il sentimento collettivo, e la capacità dinamica di abbandonare il rito dell'opposizione -a chiunque, Silvio o Mario che sia: vedi il caso Guzzanti, 3,60 punti di share- per costruire una tv dialogante; non rinunciataria, attenzione, ma interattiva dal punto di vista ideologico.

Su questo, forse, è il caso che il dottor Ruffini inizi a confrontarsi.
Non basta, come ha fatto nell'intervista al Corriere, sottolineare l'orgoglio per l'appuntamento previsto a metà maggio, quando La7 ospiterà il programma del tandem Fazio-Saviano.

Non è con simili trasmissioni -acchiappa ascolti, certo, e pure acchiappa consensi: ma comunque one shot- che si avvia una seria ripartenza. E tantomeno risolverebbe, in autunno, il recupero del clan Santorescu, efficace -è vero- ma pur sempre mondo a se stante.

Servono nuove idee, sincera disponibilità a uscire dalla propria tana: anche e soprattutto politica. La sente, questa devastante urgenza di aria nuova, il numero uno de La7 Ruffini? Oppure crede davvero, come dichiara alla stampa, che sia tutto a posto dalle sue parti?
Ecco: questa non sarebbe una brutta domanda, da porgergli.

2- LA7IMO CIELO! - PER IL DIRETTORE PAOLO RUFFINI, LA7 GODE DI OTTIMA SALUTE: "FLOP? QUALI FLOP?"
Paolo Conti per il "Corriere della Sera"

Paolo Ruffini, sei mesi da direttore de La7. Nostalgia della Rai? Capita a tanti, non sarebbe la prima volta...
«La7 è un posto bellissimo, lavoro molto bene con persone di ottimo livello professionale. Nostalgia? Bisogna sempre guardare avanti, avere tensione verso il futuro».

Ultimamente si parla dei flop della vostra tv. Che succede?
«Quali flop? Nel primo trimestre 2012, rispetto allo stesso periodo 2011, l'ascolto medio della giornata è aumentato del 2,6% e della prima serata del 5,6%. Il tg di Mentana è sopra l'8% di share. Corrado Formigli naviga sul 5,55%, Gad Lerner sempre sopra il 5, Lilli Gruber è tra il 5 e il 6. Il pubblico continua ad apprezzare la nostra vocazione da servizio pubblico: nessuno come noi cambia con rapidità la programmazione per seguire il disastro del Giglio, la crisi della Lega, gli annunci di Monti sul lavoro.

La rete è in crescita e puntiamo a non rappresentare un exploit estemporaneo ma una realtà sempre più solida. Lo dimostra la pubblicità: la raccolta lorda del primo trimestre è a circa +26,5% mentre il mercato è a -6%. Il 2011 è stato chiuso a 3,85% contro il 3,09% del 2010. Un'annata eccellente».

Possibile che vada tutto bene?
«Il pomeriggio soffriamo. Proponiamo film, l'offerta digitale fa lo stesso. Per questo lavoriamo sul progetto innovativo con Cristina Parodi: un volto per noi nuovo, familiare».

È vero che Michele Santoro potrebbe approdare a La7 a settembre? Si parla di trattative a buon punto...
«Non nego che ci siano tentativi di contatti e che possano essercene in futuro. Ma parlare di trattative è fuori luogo».

Parliamo di Sabina Guzzanti. Molti giudicano il prodotto ripetitivo, le imitazioni sempre le solite. Che ne pensa?
«Il fatto che un editore decida di riportare in tv un personaggio scomparso dagli schermi da dieci anni per i noti motivi, rappresenta comunque una scelta di coraggio e di libertà. Sabina punta su cose sperimentate ma su altre molto innovative: come i trailer dei film inesistenti, sui nuovi talenti scelti al di fuori dei soliti circuiti. Il risultato è un 3,60%, in linea con la rete. Insomma, non parlerei di flop».

E Serena Dandini? Pare sia stato lei a farla traslocare da Raitre per il suo arrivo a La7. Ha trovato pezzi di Raitre...
«In realtà arrivando qui sono stato felice di trovare pezzi di Raitre: per esempio Serena, per la quale avevo perso una battaglia per tenerla a Raitre mentre l'amministratore delegato de La7, Giovanni Stella, le proponeva un contratto dopo il no della Rai».

La prima serata del sabato poteva funzionare meglio...
«Io sto ai fatti. Serena ci ha dato un punto in più rispetto al nostro sabato sera. Ciò non toglie che possiamo ragionare sul futuro, innovando, com'è nel nostro stile».

Daria Bignardi ha appena chiuso la sua trasmissione con una media del 4%. Davvero siete soddisfatti del risultato?
«Daria ha chiuso in linea con l'anno scorso, cioè col miglior ascolto mai registrato dalla sua trasmissione».

Il 14-15-16 maggio ospiterete Fabio Fazio e Roberto Saviano con «Quello che (non) ho», ospite fissa Luciana Littizzetto. Anche qui, non è un pezzo di Raitre approdato a La7?
«Fazio, Saviano e Littizzetto non sono un format né un prodotto. Sono personaggi che, puntando su una tv artigianale, uniti dalle stesse passioni, raccontano l'Italia con un registro colto ma anche popolare. Lo fanno dove c'è la libertà di farlo. Nel 2010 su Raitre. Nel 2012 è La7, con orgoglio, a ospitarli. Ci aspettiamo un bel programma senza l'ossessione degli ascolti».

Si parla di molti ospiti famosi. Chi verrà?
«Ci sono molti contatti. Roberto Benigni, proprio da Fazio, ha detto che verrebbe molto volentieri. È un grande, ne sarei felice, gli sono grato».

Come giudica la Raitre di questa stagione?
«Un'ottima rete con buona tv con cui è bello confrontarsi».

È vero che lei e l'amministratore delegato Giovanni Stella litigate spesso?
«Liti? Ci si confronta tra professionisti, con competenza, passione e lealtà. In realtà mi trovo benissimo a lavorare con lui e con il direttore generale Marco Ghigliani. Le discussioni avvengono solo tra persone vive e vitali».

 

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