pirati bucanieri

ALTRO CHE JACK SPARROW! I VERI PIRATI ERANO BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI - LO RACCONTA IL LIBRO DEL CAPITANO A.G. COURSE: STORIE DI RINNEGATI, RUM, TRADITORI E RISSE, TESORI E TAGLIATORI DI TESTE - LA GRANDE BASE OPERATIVA PER I BUCANIERI EUROPEI NEL XVII SECOLO? IL MADAGASCAR!

Susanna Nirenstein per “la Repubblica”

 

I pirati dei mari orientali I pirati dei mari orientali

Eterni protagonisti del nostro immaginario collettivo, i pirati sono una passione letteraria che sembra non esaurirsi mai. Non solo attraverso la continua riproposizione dei classici del genere, da L’isola del tesoro di Stevenson al made in Italy del Sandokan salgariano.

 

Ma anche con i prodotti sfornati da grande e piccolo schermo: ad esempio, la serie tv Black Sails o il nuovo capitolo della saga Pirati dei Caraibi, intitolato La vendetta di Salazar, in uscita a maggio, con Johnny Depp nei panni dell’ormai iconico Jack Sparrow.

 

pirati dei caraibi pirati dei caraibi

Ma se invece volete immergervi in storie realistiche di rinnegati, traditori, predatori coraggiosi e infingardi, in un marasma di abbordaggi, trucidatori e tagliatori di teste; in vere storie di bucanieri insomma, senza aura romantica per una volta, senza Long John Silver o il Corsaro Nero, ecco il libro del capitano A.G. Course, I pirati dei mari orientali (Odoya).

 

Gente attratta dai facili guadagni, dalla vita cameratesca di bordo, cibo buono, rum in quantità, pronta a spartirsi il denaro guadagnato senza il sudore della fronte: concetto che vale anche ai giorni nostri come sappiamo, visto che secondo l’Onu nel 2008 la pirateria nel solo golfo di Aden e davanti alla Somalia contava 1500 “addetti”, per un totale di 160 navi aggredite e un “fatturato” di 160 milioni di dollari.

 

pirati somali pirati somali

Nei mari orientali, siamo nel XVII secolo, la grande base operativa per gli europei a caccia di tesori degli altri era il Madagascar. Le ricche prede catturate nelle guerre dalla Compagnia delle Indie e le favolose quantità di denaro e gioielli che si trovavano sulle navi del Gran Mogol indiano in viaggio da Surat al mar Rosso portando i pellegrini verso la Mecca, indussero i nostri ladri professionisti a stabilire lì il loro quartier generale.

 

Le spiagge del Madagascar erano disseminate di carcasse di imbarcazioni catturate e merci scartate, la costa cosparsa di piccoli e grandi fortilizi, di depositi di armi, munizioni, provviste, alcolici che venivano scambiati con un bottino piratesco, gli abitanti in genere martoriati.

 

pirati somali pirati somali

Il Madagascar offriva acqua e viveri freschi in quantità, oltre a una vita facile, sregolata e licenziosa visto che le donne del luogo erano più che condiscendenti secondo Course. Nel 1686 i pirati però diventarono processabili a Madras e Bombay. Ne fece subito le spese l’ammutinato Alexander Murray che venne impiccato sul pennone, James Smith sulla forca comune, e Ralph Shackelbey fucilato. I loro compari invece furono marchiati a fuoco sulla fronte con la lettera “P” e deportati.

 

piratipirati

I personaggi di spicco che fecero del Madagascar il loro punto di riferimento furono molti: una volta piazzati lì coltivavano orti, allevavano pollame e tenevano mandrie di bestiame, facevano lavorare i nativi come schiavi, erano poligami. Prendiamo per tutti Robert Culliford, uno tra i più sanguinari: uomo della Cornovaglia, nel 1690 sottrasse la nave corsara (quelle col permesso di aggredire pirati e bandiere nemiche) al capitano William Kidd mentre era ad Antigua per far rifornimento.

 

PIRATI E BUCANIERIPIRATI E BUCANIERI

Sbarcato in Malabar e poi in Madagascar per pirateggiare le coste dell’India, nel 1696 catturò, saccheggiò e diede alle fiamme sulla costa del Malabar dieci sloop della Compagnia delle Indie. Poi passò alle isole Nicobar dove bruciò interi villaggi. Non sempre però i nativi si facevano fare a pezzi. Ad esempio John Gilliam, nocchiero della nave pirata Bachelor’s Delight e poi dell’Unity, fu riconosciuto dagli indigeni, blandito con alcoolici d’ogni tipo, acciuffato insieme agli altri, legato a un palo, picchiato, e infine circonciso con una dolorosa cerimonia di conversione all’Islam.

 

Culliford intanto aveva formato una specie di flotta pirata che agiva nei dintorni di Malacca e di Macao, catturando velieri portoghesi, malesi, inglesi, dando alle fiamme villaggi e stuprando nelle isole Maldive per poi abbordare la Dorrill della Compagnia delle Indie in viaggio tra Madras e la Cina e depredarla. Il capitano Course descrive una per una le spericolate azioni di Clifford e degli infiniti altri: par d’essere al cinema.

 

Sorvolando le imprese piratesche nel golfo di Aden e nel Mar Rosso e quelle sulla penisola di Malacca, passiamo al Mar della Cina, più esotico e impressionante. Tenuto a lungo sotto scacco dai pirati giapponesi, fu ancor più sconvolto e depredato dalla bellissima Ching Shih, capace di combattere con due spade in mano, di cambiare amante e farsi rispettare, pronta a imporre regole in difesa delle donne ai suoi marinai («nessuno dovrà approfittare delle femmine catturate nei villaggi», pena la morte).

PIRATI E BUCANIERI PIRATI E BUCANIERI

 

Nonostante la flotta imperiale tentasse continuamente di fermarla, Ching Shih (1785-1844) “terrore del Sud della Cina” con le giunche armate di cannoni e fornite nelle stive di fumerie d’oppio, comandava 800 imbarcazioni e 1000 più piccole, per un totale di 70mila uomini (e donne). Per poi ritirarsi al momento giusto, carica d’oro come una regina.

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