adua veroni luciano pavarotti

LUCIANO, LO CONOSCEVO BENE - INTERVISTA A ADUA VERONI, PRIMA MOGLIE DI PAVAROTTI: “LA NOSTRA RICONCILIAZIONE DURANTE LA SUA MALATTIA? NON FUI SOLLEVATA. NON STAVA PER NIENTE BENE SIA FISICAMENTE CHE PSICOLOGICAMENTE. È ANDATA COSÌ. DICIAMO CHE PROVAVO UNA GRAN PENA - AL FESTIVAL DI SALISBURGO, DURANTE LA BOHÈME DIRETTA DA KARAJAN, ALLA FINE DEL PRIMO ATTO, LA VOCE DI LUCIANO SI TRONCÒ ALL'IMPROVVISO. CORSI IN CAMERINO E DISSI A KARAJAN CHE LUCIANO NON POTEVA PROSEGUIRE. LUI REPLICÒ CHE…”

Piera Anna Franini per “il Giornale”

 

ADUA VERONI

Per 40 anni Adua Veroni ha condiviso la propria esistenza con un monumento vivente come Luciano Pavarotti. È stata la prima moglie del tenore (dei tenori), l' uomo per il quale è lecito usare il superlativo perché nessun cantante lirico d' oggi, e del passato prossimo, ha raggiunto la fama planetaria e trasversale di big Luciano, riempendo teatri e stadi e con l' onda lunga di più di 100 milioni di dischi venduti.

 

Su di lui è stato girato un docufilm, «Pavarotti» di Ron Howard: tutto è fuorché un capolavoro, ma le riprese di vita quotidiana e qualche gustoso dietro le quinte hanno ricordato perché la gente impazziva per questa leggenda dalla risata contagiosa e d' una spontaneità disarmante, qualità che si saldavano con una voce con dentro il sole e la voglia di vivere.

JIMMY CARTER E LUCIANO PAVAROTTI

 

Ma cosa vuol dire vivere accanto a un mito? Lo abbiamo chiesto ad Adua Veroni che ha ricostruito alcuni momenti del passato con disincanto, equilibrio e bonomia emiliana. Neppure l' ombra d' acredine per lo strappo della coppia (dopo 41 anni di unione, incluso il fidanzamento, entrava in campo Nicoletta Mantovani, poi seconda moglie), ricucito durante la fase dell' epilogo del cantante, quando la malattia se lo portava via nel 2007.

 

«Vivere con un mito, vuol dire semplicemente annullare sè stessi». Consigli a chi si trova in questa situazione?

«A mio avviso è sano condividere e ponderare le scelte e farsi consigliare da persone fidate e del mestiere. Mai intromettersi, per esempio, nelle questioni che riguardano il rapporto tra l' artista e la direzione artistica di un teatro. È poi importante essere sinceri, e critici. Calato il sipario, tutti lodano l' artista anche quando le cose non sono andate poi così bene. Invece la verità va detta».

pavarotti con adua veroni e figlie

 

Pavarotti accettava le critiche?

«Assolutamente sì, ascoltava le mie osservazioni e anche quelle delle figlie.

La critica onesta serve molto più di un' approvazione. E la cosa gli era perfettamente chiara».

 

Al partner di un artista tocca spesso occuparsi delle questioni pratiche. Accadeva anche a voi?

«Eh, sì. Questi sono i casi in cui devi fare il tuo ma anche quello che toccherebbe all' altra parte della coppia. Se vivi con una leggenda devi fare da contrappeso, risolvere i problemi che potrebbero compromettere la serenità dell'artista. Così come certe comunicazioni vanno fatte nel momento giusto. Ricordo, per esempio, che quando nostra figlia Lorenza fu operata di appendicite, lo avvisai quando tutto si stava risolvendo».

pavarotti

 

Faceva in modo che vivesse sotto una campana di vetro...

«È così che funziona, l'artista deve potersi occupare serenamente del suo lavoro».

 

Dove è volata la mente quando ha ascoltato Tosca, l'opera che ha inaugurato il cartellone della Scala?

«Eh... un fiume di ricordi... ».

 

Di Pavarotti e Kabaivanksa? Furono Mario Cavaradossi e Tosca al Met di New York, al Covent Garden a Londra, a Vienna, alla Scala...

«Una coppia fantastica. Per interpretare Tosca ci vuole gran classe, e Raina l'aveva, e sapeva anche muoversi meravigliosamente in palcoscenico. Il primo disco che regalai a Luciano fu proprio Tosca interpretato da Maria Callas e Giuseppe Di Stefano».

 

Perché regalare proprio Tosca?

luciano pavarotti adua veroni

«Perché in casa mia erano tutti appassionati di opera lirica. Io un po' meno, devo ammetterlo, però trovavo divertente studiare le trame delle opere; avevo uno zio che collezionava libretti. E mi ero letteralmente innamorata di Cavaradossi (ndr pittore, amante di Tosca), era il mio idolo, mi piacevano il suo patriottismo e il suo coraggio».

 

Come conobbe Pavarotti?

«Frequentavamo la stessa scuola, l' istituto magistrale. Io avevo 17 anni e lui 18 nella stessa scuola ma non nella stessa classe».

 

Com' era la famiglia di Pavarotti? Sappiamo che era molto legato ai genitori.

«Erano persone molto semplici, disponibili. Il papà era d' una simpatia genuina. Adorava l'opera, cantava nella Corale Rossini di Modena, dove fece entrare anche Luciano ancora giovanissimo. Adele era più introversa del marito ma molto sensibile e romantica».

Leone Magiera e Pavarotti

 

Si riavvicinò all' ex marito durante la fase della malattia. La riconciliazione la fece sentire un poco più sollevata?

«Sollevata non direi proprio. Non stava per niente bene sia fisicamente che psicologicamente. È andata così. Diciamo che provavo una gran pena».

 

Cosa dice del recente docufilm di Howard?

«L' impostazione registica mi è piaciuta e ritengo sia riuscita a far percepire al pubblico l' essenza della personalità di Luciano; mentre, sul piano narrativo, avrei preferito avendo vissuto tante situazioni in prima persona un racconto più puntuale. Ho avvertito poi la mancanza di molti testimoni che hanno veramente avuto un ruolo fondamentale nella vita di Luciano, sia condividendo con lui la realtà di tutti i giorni che l' esperienza del palcoscenico».

adua veroni luciano pavarotti nicoletta mantovani

 

A proposito di Scala, così assente nel film di Howard. Cosa ha significato questo teatro per Pavarotti?

«È stata una tappa molto importante. Luciano vi debuttò in Bohème in sostituzione di Gianni Raimondi. Dirigeva Karajan. E affrontare Karajan non era facile ma, per Luciano, è stato un incontro artistico importantissimo».

 

In che senso non era facile?

«Faceva tremare le vene e i polsi perché era molto esigente, anche se poi i risultati si vedevano. Quando Luciano stava preparando la Messa da Requiem alla Scala con Karajan, io stavo per partorire Giuliana, la nostra terza figlia. Era terrorizzato all' idea di prendersi raffreddori spostandosi fra Modena e la Scala, così non si mosse da Milano e vide sua figlia che aveva già otto giorni».

 

luciano pavarotti ph adolfo franzo'

Quali opere e arie cantate da Pavarotti accendono i ricordi più intensi?

«Senz'altro La Bohème perché gli ha permesso di iniziare la carriera da protagonista, dandogli la certezza che poteva finalmente considerarsi un tenore in carriera. Questo ha fatto sì che potessimo fare progetti per il futuro e di creare una nostra famiglia. Ricordo l'emozione che provai quando, in occasione del debutto, alla fine della romanza Che gelida manina, il pubblico applaudì con grande calore ed entusiasmo. Fondamentale anche il ruolo di Riccardo in Un Ballo in Maschera, personaggio da lui molto amato».

 

Partiamo dal Covent Garden di Londra

«Luciano fu chiamato a sostituire Giuseppe di Stefano che si era ammalato. L'indomani della recita, i giornali scrissero che era stato scoperto un nuovo talento».

 

Il Met di New York?

LUCIANO PAVAROTTI E ADUA VERONI

«Il debutto al Metropolitan, sempre con La Bohéme, non fu del tutto fortunato, in quella occasione si ammalò durante la seconda recita e dovette abbandonare, malgrado il successo della prima».

 

Possiamo immaginare il mix di rabbia e frustrazione quando un malanno manda all' aria una recita. Ma chi sta accanto all' artista, come vive questi momenti?

«Sono situazioni terribili. Ricordo, al Festival di Salisburgo, ero in piedi in galleria seguendo La Bohème diretta da Karajan. Alla fine del primo atto, la voce di Luciano si troncò all' improvviso. Mi sentii svenire, tanto che dovetti appoggiarmi ad una colonna che avevo di fianco. Corsi in camerino e dissi a Karajan che Luciano non poteva proseguire. Lui replicò che doveva continuare anche solo per rispetto di quanti avevano pagato il biglietto. Insistetti di nuovo, ma niente. Karajan fece intervenire il suo medico. Costui mise nella gola di Luciano un ferro, per me lunghissimo, per rimuovere quel catarro. Un ferro di tortura perché Luciano si lamentava per il dolore. Però poi tornò in scena e fu un grande successo».

angela gheorgiu pavarotti

 

Nel film, si vede Pavarotti raggiungere il palcoscenico dicendo: «Vado a morire». Era un modo per sdrammatizzare oppure faceva sul serio?

«Soffriva. Non prese mai alla leggera nessuna recita. Aveva sempre paura che un incidente potesse compromettere l' esito della serata. Il cantante è come l' equilibrista, cammina sul filo. La voce è un organo delicatissimo».

 

pavarotti 9

A un certo punto, lei fu pure sua agente.

«Non da subito però e sempre in collaborazione con gli altri suoi rappresentanti; la mia esperienza, o meglio, la mancata esperienza, non l' avrebbe permesso. Fin dall' inizio tenevo invece le fila con i vari agenti, tedeschi, inglesi, americani e l' agente italiano che lo aveva scoperto al Concorso Peri. Con questi vi era un continuo scambio di corrispondenza e da loro imparai molto. Proprio in questi giorni mi sono capitate fra le mani copie di lettere, scritte con carta carbone su velina».

 

Come si stanno trasformando i cantanti? Lei ha il polso della situazione anche perché segue e presiede il Concorso per cantanti lirici Opera-Pienza, in provincia di Siena.

«Innanzitutto, nel tempo è cambiata la morfologia del corpo, forse una conseguenza del cambiamento dello stile di vita. Poi, soprattutto negli uomini, è sicuramente più raro trovare voci di grande volume».

STING PAVAROTTI

 

Come è arrivata a questo concorso? Pienza è un gioiello rinascimentale, ma è estranea ai circuiti della lirica.

«Faccio un passo indietro. Alcuni cantanti, vincitori del Pavarotti International Voice Competition di Philadelphia, si rivolsero a me per chiedere supporto e consigli per la loro futura carriera. Avendo maturato negli anni una certa esperienza, decisi di aprire un' agenzia di rappresentanza per cantanti lirici con Angelo Gabrielli e Francesca Barbieri. Tra i giovani cantanti che rappresentavo, vi era anche il mezzosoprano Monica Faralli che, a sua volta, ben sapendo quanto sia importante dare un sostegno ai giovani talenti, ha poi istituito il Concorso Opera Pienza, e mi ha affidato la presidenza».

 

Soddisfatta dell' operazione?

DOMINGO CARRERAS PAVAROTTI

«Sì perché la soddisfazione nel lavorare per i giovani è grande. La Città di Pienza li accoglie come fossero persone di famiglia e l' Amministrazione Comunale sostiene, fin dall' inizio, il progetto con generosa partecipazione. Non è semplice gestire una tale organizzazione, in cui confluiscono tanti cantanti da tutto il mondo, ma la determinazione e la concertazione del Direttore Artistico Monica Faralli fa sì che tutti gli anni si compia il miracolo. Non ultimo, il concorso annovera una giuria composta anche da direttori e manager di teatri stranieri. Data la precaria situazione dei teatri italiani, è rincuorante sapere che i nostri cantanti possano avere audizioni e contratti con enti esteri. È importante vincere borse di studio ma, ancor più, avere possibilità d lavoro».

 

Cosa ricorda del primo vostro viaggio a Pechino? Correva l'anno 1986.

«Ci ricordava l' Italia del secondo dopoguerra. Non circolavano auto, vedevi fiumi di biciclette, la gente giocava a morra o a carte sotto i lampioni. Mi colpì la partecipazione di massa agli spettacoli, e questo nonostante i biglietti avessero un prezzo alto. Eravamo nel Palazzo dell' Assemblea del Popolo di Pechino, ed ero seduta al fianco di un personaggio chiave della storia cinese. Mi dissero che aveva partecipato alla Marcia di Mao. In generale, i Cinesi mi piacquero subito. Ricordo il grande calore con il quale fummo accolti».

LOU REED PAVAROTTI

 

E invece la vostra prima volta in Russia?

«La prima volta fu nel 1974. Fu eseguita a Mosca una splendida Messa da Requiem diretta da Claudio Abbado e il pubblico fu molto caloroso, ma l' aria che si respirava nella città era opprimente. Tornammo nel 1986, fu un' esperienza molto bella dove, in un paese ancora soggetto comunque a tanta corruzione, si cominciavano però ad avvertire segni di distensione e di cambiamento. Ritornando invece all' esperienza della Cina ricordo che trovammo un popolo dignitoso. Di lì a poco ci invitarono di nuovo, subito dopo la rivolta di Tienanmen. Rimanemmo così colpiti dalla situazione terribile e dall' efferatezza delle immagini che da quel paese lontano ci giungevano, che decidemmo di declinare l' invito».

 

luciano pavarotti nicoletta mantovani

Una sua opinione su quanto accaduto a Placido Domingo (ndr accusato di molestie ascrivibili a 30 anni fa, non dimostrate, ma che hanno compromesso l' attività americana del tenore dei Tre Tenori).

«Dov'è la verità? Non sta a me poterlo dire, non sono a conoscenza di fatti del genere. Certo le denunce dovrebbero essere fatte non a 30 anni di distanza. Voglio però fare una considerazione esclusivamente artistica: Domingo è stato sicuramente un cantante di così alto profilo che rimarrà, meritatamente, nella storia dell' opera lirica».

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....