LUCIO DALLA HA FATTO BENE O NO A TENERE NASCOSTA LA SUA OMOSESSUALITÀ? - PINO CORRIAS ACCUSA: “L’IPOCRISIA È STATO IL SUO LIMITE. IMMENSO È STATO IL SUO INGANNO” - TRAVAGLIO DIFENDE: “HA DATO UNA LEZIONE DI ELEGANZA. GLI SONO GRATO DI AVERCI RISPARMIATO IL RITO TRAGICOMICO DEL COMING OUT”

1 - ERA GAY, NON L’HA MAI DETTO, PERCHÉ?

Pino Corrias per il “Fatto quotidiano”

 

LUCIO DALLALUCIO DALLA

Se Lucio Dalla avesse fatto l’ingegnere, l’avvocato, il fornaio, il tassista, lo scienziato, il professore o l’idraulico, avrebbe avuto mille ragioni condivisibili (e almeno una non condivisibile) per nascondere dentro la propria vita privata il segreto di essere omosessuale. Avrebbe potuto tranquillamente non dirlo, servendosi di tutto il coraggio necessario per affrontare in solitudine i propri fantasmi. E poi lasciarsi cullare dalla confortevole viltà del quieto vivere.

 

Ma siccome ce lo ha tenuto nascosto da uomo pubblico dotato di immensa libertà (oltre che status e ricchezza) immenso è stato il suo inganno. Perfezionato dalla circostanza di essere e comportarsi da poeta, da narratore che svela le passioni, da musicista di alte e sentimentali atmosfere, cioè da artista.

 

E sempre attento a indossarne i panni, compresa quel po’ di trasgressione che affidava a qualche colore sgargiante delle magliette, qualche opinione non convenzionale, il baschetto, la parrucca color carota. Con l’aggravante di sollecitare in noi emozioni, ma sempre nascondendoci le proprie. Parlandoci dell’amore in generale e mai del suo in particolare, schermato dietro un equivoco.

LUCIO DALLA PAVAROTTI VALENTINO ROSSI LUCIO DALLA PAVAROTTI VALENTINO ROSSI

 

L’ipocrisia è stato il suo limite. Tanto ben nascosta da aver reso ipocrita persino la sua musica, svuotandola di senso, man mano che si arricchiva nella forma. Lo dico davvero con rammarico, avendo molto amato la sua maschera, la sua poesia, la sua musica. Specie quella a cavallo dei Settanta che esplorava le profondità del mare, le traiettorie di Nuvolari, i turbamenti delle nostre fragili passioni illuminate dai testi del grande Roberto Roversi, poeta di uomini e di sentimenti vivi.

LUCIO DALLA PAOLA PALLOTTINO LUCIO DALLA PAOLA PALLOTTINO

 

Che altro era, se non una finzione, anzi una stonatura, ogni sua ritmica inquadratura di lei e lui che si tengono per mano? Ingannando se stesso, ha ingannato noi. E lo ha fatto fino alla fine, negandosi persino la piccola verità di un testamento che (forse) avrebbe tutelato quel Marco Alemanno che viveva con lui da otto anni e che è stato sgomberato dall’arrembaggio dei parenti come dettaglio incidentale.

 

LUCIO DALLA GIANNI MORANDI LUCIO DALLA GIANNI MORANDI

Non dovrebbe essere l’arte la sola chiave che dissigilla la verità? E non dovrebbe essere la verità, la sola condizione indispensabile all’arte? Magari non la verità universale, ma quella personale e spesso solitaria dell’artista? Un discorso sull’amore, qualunque discorso su qualunque amore, può dimenticarsi della persona amata? Imbrogliare sulla persona amata? Nascondere la persona amata? Tenerla sotto le lenzuola, sotto falso nome, dentro una vita di copertura?

 

LUCIO DALLA CON RON LUCIO DALLA CON RON

E se un artista non ha neppure il coraggio di raccontare a noi che lo ascoltiamo la verità dei versi delle proprie canzoni, che altro ha di altrettanto urgente da comunicarci? Non finisce per trasformarsi in una perpetua superficie di accordi ornamentali? In un inganno per sé, per noi, per l’arte?

 

Mi faccio queste domande sollecitato dall’insopportabile clima di lacrime e rimembranze – che persino a Lucio Dalla avrebbe fatto orrore – e persuaso di quanto la macchina delle celebrazioni automatiche trasformi le vite vere degli uomini, con i loro difetti, debolezze, incongruenze, in gusci vuoti. Buoni per officiare gli orrendi funerali con l’applauso, lanciare sul mercato l’inedito post mortem. E poi tornare a seppellire la salma nell’urna dell’ipocrisia, già piena di fazzoletti usati.

 

2 - IL PRIVATO, LA SUA LEZIONE DI ELEGANZA

Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”

 

LUCIO DALLA ALLO STADIO PER IL BOLOGNA LUCIO DALLA ALLO STADIO PER IL BOLOGNA

Quello che il mio amico Pino Corrias rimprovera a Lucio Dalla come un inganno, un’ipocrisia, una finzione, una stonatura, un imbroglio, una negazione della verità, a me pare invece una lezione di eleganza, di discrezione e di stile. E non per l’amicizia che mi legava a lui, anche se soltanto negli ultimi anni della sua vita (Lucio era un amico del Fatto Quotidiano, stava iniziando un blog per il nostro sito, ci leggeva ogni giorno, commentava i nostri articoli).

 

LUCIO DALLA CON LA MADRE IOLE MELOTTI E LA ZIA LUCIO DALLA CON LA MADRE IOLE MELOTTI E LA ZIA

Ma perché ho sempre pensato che ciascuno, della sua vita privata, dev’essere libero di fare ciò che vuole: vuole trasformarla in un fatto pubblico e darla in pasto al suo pubblico? Liberissimo, anche se a me non piace. Vuole separarla nettamente dalla sua immagine di artista e custodirla nello suo scrigno più intimo? Liberissimo, e questa per me è la scelta migliore.

 

Dalla poi non era “un gay”. Aveva avuto amori per donne e per uomini (il suo verso “io che qui sto morendo, e tu che mangi un gelato” era dedicato a una ragazza conosciuta a un concerto di cui si era follemente innamorato) e non ne ha mai fatto mistero, così come tutti sapevano del suo ultimo legame con Marco Alemanno.

 

MARCO ALEMANNO E LUCIO DALLA MARCO ALEMANNO E LUCIO DALLA

Dalla era onnivoro e curioso e rabdomantico e contraddittorio umanamente, culturalmente, politicamente, musicalmente, e anche sentimentalmente e sessualmente. Ma chi un po’ l’ha conosciuto sa bene che rifuggiva tutte le etichette e le gabbie. Non certo per ipocrisia o per la necessità di nascondere qualcuno o qualcosa.

 

Iscriversi alla categoria del “cantante gay” (come a quella di “cantante etero”, o “bisex”) avrebbe immiserito il suo essere tutto e di tutti. Chi da ragazzo ha aiutato i propri amori con le sue canzoni d’amore non s’è mai posto il problema di chi ne fosse il destinatario. Personalmente, gli sono grato di non aver mai voluto circoscrivere l’amore con nomi, cognomi, generi e altre gabbie.

MARCO ALEMANNO E LUCIO DALLA MARCO ALEMANNO E LUCIO DALLA

 

E di averci risparmiato, almeno lui, il rito tragicomico del coming out a favore di telecamera dalla D’Urso o dalla Bignardi. Se l’avesse fatto, avrebbe persino giustificato ex post le orrende celebrazioni di questi giorni, su cui un uomo ironico e sarcastico come Lucio – in questo concordo con Corrias – non avrebbe potuto che sputazzare. Lo pseudonimo e l’indirizzo mail che si era scelto era “Domenico Sputo” e la sua barca si chiamava “Catarro”: ho detto tutto.

LUCIO DALLA GIANNI MORANDI LUCIO DALLA GIANNI MORANDI

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