MÜLLER FESTIVAL! - DOPO UN ANNO DI BARUFFE, APPENA SEI MESI DI CACCIA AI FILM E DOMANI COMINCIA L’AVVENTURA CON UNA MATTONATA RUSSA “ASPETTANDO IL MARE” DI KHUDOJNAZAROV - E PRENDE PER I FONDELLI AMELIO E IL SUO FESTIVAL DI TORINO: “SONO CONTENTO CHE ABBIANO UN NOTEVOLE FILM GIÀ PRESENTATO A TORONTO E A LONDRA, MENTRE NOI SEGUIAMO LA LINEA DELLE PRIME MONDIALI”…..

Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"

Dopo un anno di baruffe, domani comincia il Festival del cinema di Roma con la nuova direzione di Marco Müller, che per gli scontri politici ha avuto sei mesi a disposizione. Veniva da otto anni importanti alla Mostra di Venezia.

Müller, è vero che lo considera una sorta di numero zero?
«No, direi un banco di prova. Dobbiamo capire, dopo questa edizione, se Roma e questo Paese hanno bisogno di un festival che ha una identità pluralista e contraddittoria, legata al cinema nel suo divenire, toccando versanti diversi che dialogano tra loro. Non ho fatto una cosa diversa dai miei predecessori».

Ma come, se ha detto che prima di lei non era stato fatto niente di buono...
«Al contrario, è un serbatoio di esperienze a cui bisogna attingere regolarmente».

Lei ha detto che in passato si sborsavano molti soldi per avere le star. Ma è stato smentito dall'ex direttore Piera Detassis. È successo solo per Nicole Kidman.
«Produttori e distributori mi hanno chiesto: quest'anno non pagate niente? Fine».

Per la prima volta, il festival all'Auditorium non avrà a disposizione la sala grande da 2.700 posti: una rinuncia che pesa?
«Le altre due sale, la media e la piccola, sono il luogo più giusto per un grande evento cinematografico, anche per la loro forma rettangolare. Quella grande, irregolare, è ideale per esaltare le performance musicali. I distributori di Gangs of New York di Scorsese mi hanno raccontato che ci vollero dieci giorni per trasformarla in vista dell'anteprima».

Ma non è curioso per un grande festival puntare anche sulla sala del Maxxi, il museo d'arte contemporanea, meno di 300 posti?
«Se non ci fosse stata la sala Walter Read al Moma di New York, non ci sarebbe stato il Festival di New York. La punta di diamante della ricerca non può che coniugare arti visive e cinema».

Senta Müller, di tutte le recriminazioni del Festival di Torino, che comincia sei giorni dopo di voi, secondo lei ce n'è una giusta?
«A me fa sorridere vedermi trattato come il nemico di Torino quando fui io, al Festival Ombre elettriche nel 1981, in un'epoca che ospitava solo una rassegna di cinema gay, a portare 185 film cinesi davanti a 1.000 testate giornalistiche. Quando si parlò di armonizzare le date, Torino rispose con un bel no, loro non si sarebbero spostati. Potrei girarla, la polemica di Gianni Amelio».

Roma apre con il kolossal russo «V Ozidanii Morja» («Aspettando il mare») di Bakhtiar Khudojnazarov. Non invidia l'apertura di Torino con «Quartet», l'esordio alla regia di Dustin Hoffman?
«Ognuno fa quello che vuole. Sono contento che abbiano un notevole film già presentato a Toronto e a Londra, mentre noi seguiamo la linea delle prime mondiali, aprendo con un film favolistico e sorprendente, un grande spettacolo dalle tonalità esotiche, così diranno il solito Müller».

Dal suo festival dicono che vi sono stati rifiutati 007, Spielberg e Peter Jackson.
«Non siamo sprovveduti, non abbiamo chiesto film dove la campagna di promozione era già bella che decisa. Ma abbiamo tutto il glamour di Hollywood e divi come Adrien Brody, Jude Law, Bill Murray, James Franco, Matthew Modine, che sfileranno sul red carpet dove saranno esposte scenografie e archeologie di cartapesta che hanno fatto grande Cinecittà».

Michele Placido vi suggerisce di abolire la gara.
«Ha ragione nel senso che per i film più popolari andrebbe messo il premio del pubblico, come feci a Locarno, non concorrenziale a quello della giuria».

Lo spostamento di date in avanti era stato fatto per intercettare i filmoni Usa del Thanksgiving?
«Ce l'hanno chiesto produttori e distributori, siamo a metà dei festival estivi e di quelli invernali. Altrimenti non avremmo avuto 60 anteprime mondiali, o il film a sorpresa 1942 di Feng Xiaogang che è, produttivamente, il più importante film cinese di quest'anno».

Ha detto che se non riesce andrà via?
«Mi mettono in bocca tante cose... Se mi mandano via prima dei tre anni di contratto sarà una pena, ma sarà interessante capirne il perché».

Stato d'animo?
«Stanco ma non stufo, e curioso di capire come andrà».

Gianni Amelio per il lavoro a Torino si dice orgoglioso.
«Ho un altro carattere, uso altre parole».

 

 

marco muller all auditorium di roma marco muller all auditorium di roma muller Piera Detassis Michele Placido GIANNI D AMELIO SPIELBERG SUL SET DI TERRANOVA Adrien Brody

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