1- MARCO GIUSTI: “CON LA FINE POLITICA DI BOSSI, SE NE VA UN’EPOCA. ANCHE TELEVISIVA” 2- E NON È UN CASO CHE ESCA DI SCENA CONTEMPORANEAMENTE AL DINOSAURO EMILIO FEDE, BURATTINO E BURATTINAIO DEL PIÙ SGANGHERATO E PARODISTICO TIGGÌ DEGLI ANNI ’90 3- IL BOSSI IGNORANTE CHE RUTTA E GRUGNISCE, PIÙ DIVERTENTE DEI SOSIA DEL BAGAGLINO E CAPACE DI ANIMARE DA SOLO I PRIMI GRANDI TALK DI GAD LERNER E I TEATRINI DI FUNARI, È QUELLO CHE PIACE NON SOLO AL SUO PUBBLICO, MA ANCHE A QUELLO DEI SALOTTI MILANESI 4- CI CASCA IN PIENO GIORGIO BOCCA: “BOSSI HA IL GENIO DEI NARRATORI POPOLARI”. E SE NE SERVE PER ATTACCARE “LA SUBCULTURA DI SINISTRA”, QUELLA “INTESSUTA DALL’UMORISMO CHE NON FA RIDERE, DALL’IRONIA CHE ANNOIA, DALL’ETERNO CONFORMISMO DEI VARI BENNI, GINO E MICHELE, AVANZI, PAOLO ROSSI E MEDIOCRISSIMA COMPAGNIA” 5- VA FUORI DI TESTA ENZO BIAGI, CHE SU “PANORAMA” (1992) LO PARAGONA A NAPOLEONE: “HO DOVUTO RAVVEDERMI: BOSSI È UN POLITICO FINE CON UN GRANDISSIMO ISTINTO. DICEVA TOLSTOJ CHE I NAPOLEONI NON NASCONO A CASO”

Marco Giusti per Il Manifesto

"La politica è un rischio mortale per chiunque la faccia", sosteneva Gianfranco Miglio. E infatti è andata così. Con la fine politica di Umberto Bossi, l'uomo che aveva salvato lo show business in un'Italia in piena tangentopoli, annoiata, tra la fine della Prima Repubblica e prima dell'arrivo di Berlusconi, lui, più divertente dei sosia del Bagaglino e capace di animare da solo i primi grandi talk show politici di Gad Lerner e i teatrini di Funari, se ne va un'epoca. Anche televisiva.

E non è un caso che esca di scena quasi contemporaneamente all'ultimo rimasto dei dinosauri televisivi di quell'epoca, cioè Emilio Fede, burattino e burattinaio del più sgangherato e parodistico tiggì degli anni '90. Potevamo detestare politicamente Berlusconi, ma Bossi, come Funari, Fede, il primo Ferrara, faceva comunque parte di un panorama televisivo così primi anni '90, che sono poi gli anni d'oro di tutta la nostra tv, che ci metteva, malgrado tutto, allegria.

Era probabilmente l'allegria di un paese ancora in grado di cambiare, di rinnovarsi, che non si era reso conto del pericolo politico dell'ascesa di Berlusconi e della pochezza della gioiosa "macchina da guerra" ochettiana, della inutilità di personaggi che allora sembravano interessanti come Mario Segni, dello scarso potenziale dei giovani rampanti Veltroni e D'Alema.

Bossi, l'uomo che già nel 1989 aveva dichiarato "fino a che io non rubo, nella Lega non ruba nessuno", e che di questa onestà lombarda aveva fatto la propria bandiera, si era platealmente adattato a tutti i modelli, non solo politici, che lo avevano preceduto. Rivoluzionario, bottegaio, piccolo borghese, militante, bravuomo, statatalista e antistatalista, pacifista e guerrafondaio, poeta e canzonettista.

Quando apriva bocca, se riusciva a superare gli scogli della grammatica e dell'italiano, passava dallo slang lombardo agli slogan rivoluzionari da leaderino del '68 precipitato dal pianeta Duplex dei vecchi albi di Nembo Kid. Era come se dall'esplosione dei politici di tutti i partiti fosse nata questa tartaruga Ninja che li aveva fagocitati e mal digeriti. Più un groviglio da sciogliere con l'Alka Seltzer che un personaggio postmoderno.

Una sorte di "briccone divino" mitologico che ce l'aveva sempre duro, armato di kalashnikov e di manico. Come il figlio Renzo, il Trota, aveva finto coi genitori di aver fatto esami a Medicina che non aveva mai sostenuto. Andava pazzo per le macchine, la Citroen amaranto, però e non il Porsche come il Trota. Un misto di Don Backy e di Celentano, che col nome d'arte di Donato aveva già tentato la sorte al concorso "Voci Nuove" di Castrocaro con la canzone "Col caterpillar" della quale sappiamo solo pochi, ma illuminanti versi: "noi siamo venuti dall'Italy/ Abbiamo un piano / per far la lira / Entriamo in banca col caterpillar / e ci prendiamo il grano". Magari, se avesse vinto a Castrocaro, le cose sarebbero andate diversamente...

Nei primi anni, qualcuno (ma chi?) tenta di costruire un'immagine diversa del leader della Lega. Un Bossi che legge: "Ero in vacanza al mare, a Finale Ligure, con moglie e figlio. Mi ero portato parecchi libri, ormai divoravo uno dopo l'altro volumi di storia, di filosofia politica di sociologia. Marcuse, De Felice, Pareto, Adorno, Weber e poi i classici del federalismo: Cattaneo, Gioberti...".

Mah? Intervistato poco dopo a "Mixer" da Giovanni Minoli, alla domanda sull'ultimo libro letto, Bossi rimane interdetto e non riesce a ricordare nemmeno un titolo. Ma proprio il Bossi ignorante che rutta e grugnisce, il Bossi armato è quello che piace non solo al suo pubblico, ma anche a quello dei salotti milanesi e televisivi.

Ci casca in pieno Giorgio Bocca, che ne parla come fosse un eroe moderno: "Bossi ha il genio dei narratori popolari per i paragoni che fa, le immagini che crea. Del resto è un movimento nato tra le montagne del Bergamasco... ", e se ne serve per attaccare quella che definisce "la subcultura di sinistra", quella "intessuta dall'umorismo che non fa ridere, dall'ironia che annoia, dall'eterno conformismo dei vari Benni, Gino e Michele, Avanzi, Paolo Rossi e mediocrissima compagnia". ("La Repubblica, 1993).

Ci casca per comodità Philippe Daverio ("E' come partire per il Vietnam!"), ma anche Donatella Pecci Blunt ("Voglio Bossi a casa mia"). Ci cascano Funari, Fede, Chiambretti e soprattutto Gad Lerner, il primo che ne vede le potenzialità televisive. John Moody, su "Time", scrive che "Bossi è il politico più temuto e genuinamente populista - se non popolare - che l'Italia ha prodotto dopo Mussolini".

E, infine, Enzo Biagi, che su "Panorama" (1992) scrive: "Ho dovuto ravvedermi: Bossi è un politico fine con un grandissimo istinto. Ha cavalcato il malessere che c'è nel paese, lo ha interpretato e lo ha espresso. Diceva Tolstoj che i Napoleoni non nascono a caso". Con tutta la stima per Biagi, questo paragone con Napoleone non è il massimo.

Bossi è un politico furbo, come dimostrerà nella sua unione con Berlusconi, ma non esprime mai grandi finezze, ricordate la gabina elettorale? Culturalmente si illumina solo quando parla di "Excalibur" e di "Braveheart". In vent'anni di potere Bossi e i leghisti riusciranno a produrre poco e niente, oltre a prendersi parte della Rai. Il "Barbarossa" di Renzo Martinelli, un mattone ridicolo che sarà un disastro al botteghino, dove Bossi apparirà come un fantasma in una sequenza.

Un programma tv, fortemente voluto da Bossi che ne ideò anche il titolo, "Follia rotolante", un mischione di rock lombardo e voci e volti delle valli del Nord. Ricordo anche un "Busto in fiore", marchettone su Busto Arsizio. Il meglio la Lega, e Bossi in prima persona, lo produrranno nelle esibizioni clamorose del leader. Il rituale dell'ampolla, l'invenzione della Padania, l'arrivo a Venezia, i raduni oceanici.

Lo hanno distrutto la famiglia, i figli impossibili, le voglie dei capi e dei capetti, il gioco delle poltrone. Lo aveva detto Miglio, "I nostri politici quando vanno a Roma si corrompono", che aveva avvisato i leghisti di stare lontano dalla capitale. Ma non era solo la capitale il male.

 

con33 funariUmberto Bossi beve una birraBOCCA ANERI E BIAGI PREMIANO ANTONIO RICCIbossi lega manifestobossi01bossi postmalattia01Umberto Bossi20080429 artefatti bossi comandanteBaciamano di Bossi al Papa Ratzinger Ansa

Ultimi Dagoreport

caltagirone milleri donnet nagel lovaglio giorgetti generali

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEI “FURBETTI DEL CONCERTINO”? IL PRIMARIO OBIETTIVO DI ESPUGNARE IL “FORZIERE D’ITALIA”, ASSICURAZIONI GENERALI, ATTRAVERSO L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA, SI ALLONTANA SEMPRE PIÙ - L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI DI LOVAGLIO, CALTAGIRONE E MILLERI HA INTERROTTO LA TRATTATIVA CHE ERA IN CORSO PER CONVINCERE L’AD DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, IL CUI MANDATO SCADE FRA DUE ANNI, A RASSEGNARE LE DIMISSIONI. E L’IPOTESI CHE POSSANO IN CDA SFIDUCIARLO SEMBRA APPARIRE LONTANISSIMA - NEL MIRINO GIUDIZIARIO È FINITO ANCHE IL RUOLO DETERMINANTE DELLE CASSE DI PREVIDENZA, ENPAM (MEDICI), ENASARCO (AGENTI DI COMMERCIO), FORENSE (AVVOCATI), PER LEGGE VIGILATE DAL GOVERNO - ANCHE SE I “CONCERTI OCCULTATI” NON SONO CERTO UNA NOVITÀ PER IL MERCATO, LA SCALATA MEDIOBANCA COLPISCE IN QUANTO È LA PRIMA VOLTA CHE, A SUPPORTO DI PRIVATI, C’È DI MEZZO IL SOSTEGNO DELL'ARMATA BRACAMELONI CHE DOVREBBE OCCUPARSI DELL’INTERESSE PUBBLICO ANZICHÉ RIBALTARE I POTERI DELLA FINANZA ITALIANA...

giorgia meloni matteo salvini vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVE QUEL FIGLIO DI PUTIN DI SALVINI? SERVE ECCOME A GIORGIA MELONI PER APPARECCHIARE, AL DI LÀ DELLE FRONTIERE, IL MIRACOLO DEL SUO CAMALEONTISMO - SE, IN CASA, LADY MACBETH DE’ NOANTRI GETTEREBBE QUEL ROMPICAZZO DELLA LEGA OGNI GIORNO DAL BALCONE DI PALAZZO CHIGI, IN POLITICA ESTERA IL COPIONE CAMBIA E IL SUO DISPREZZO SI TRASFORMA IN AMORE - C’È DA VOTARE IN PARLAMENTO IL DECRETO SULLA FORNITURA DI ARMI A KIEV? MANCA SOLO L’ITALIA PER RATIFICARE IL MES PER GARANTIRE I PAESI EUROPEI DAI RISCHI CHE POTREBBERO DERIVARE DALL'UTILIZZO DEGLI ASSET RUSSI CONGELATI? VOILÀ, FIATO ALLE TROMBE! ECCO FARSI AVANTI L’ ANTI-EUROPEISMO DEL ‘’PATRIOTA’’ ORBANIANO SALVINI CHE SI RIVELA UN OTTIMO SCHERMO PER LA MELONA PER PIAGNUCOLARE SULLA SPALLA DI URSULA VON DER LEYEN: ‘’NON È COLPA MIA… PURTROPPO HO UN ALLEATO DI GOVERNO CHE È UN PAZZO IRRIDUCIBILE E NON POSSO CORRERE IL RISCHIO DI FAR CADERE IL GOVERNO…BLA-BLA-BLA…”

elly schlein dario franceschini roberto speranza onorato renzi orlando

DAGOREPORT - ELLY SARÀ ANCHE LA "SEGRETARIA DI TUTTI", COME HA DETTO A MONTEPULCIANO, MA NON INTENDE ASCOLTARE NESSUNO - IL "CORRENTONE" DI FRANCESCHINI-SPERANZA-ORLANDO SI E' ROTTO IL CAZZO DEL "QUI, COMANDO IO!" DELLA DUCETTA DEL NAZARENO: CARA SCHLEIN, HAI UN MESE DI TEMPO PER CAMBIARE MUSICA, CONDIVIDENDO CON NOI LA LINEA DEL PARTITO, O ANDIAMO ALLA GUERRA - IN BALLO C'È SOPRATTUTTO LA COMPOSIZIONE DELLE LISTE ELETTORALI 2027, CHE LA SIGNORINA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA VUOLE RIEMPIRE DI CANDIDATI A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA, LASCIANDO A TERRA DINOSAURI E CACICCHI D'ANTAN - ANCHE L'ALTRA FRONDA, QUELLA DEI RIFORMISTI GUIDATI DA GUERINI, GORI, SENSI ECC., E' SUL PIEDE DI GUERRA - MENTRE IL NASCENTE PARTITO DI CENTRO, FORMATO DAI CIVICI DI ONORATO-BETTINI E DAI CATTOLICI DI RUFFINI-PRODI, TEME L'ABILITA' MANOVRIERA DI RENZI – LA PROTERVIA DI ELLY, CON L'ASSEMBLEA DEL 14 DICEMBRE PER OTTENERE I "PIENI POTERI", RISCHIA DI FAR SALTARE IN ARIA UN CENTROSINISTRA UNITARIO... 

federica mogherini stefano sannino putin travaglio belpietro

DAGOREPORT – POSSIBILE CHE FEDERICA MOGHERINI E STEFANO SANNINO, SPECCHIATI ESPONENTI ITALIANI A BRUXELLES, SIANO DIVENTATI DI COLPO DUE MASCALZONI DA ARRESTARE PER "FRODE IN APPALTI PUBBLICI"? - VALE LA PENA SOTTOLINEARE LE PAROLE DELL'EURODEPUTATO DEL PD, DARIO NARDELLA: “NON VORREI CHE SI TRASFORMASSE IN UN FUOCO DI PAGLIA CON L'UNICO EFFETTO DI DANNEGGIARE ANCORA UNA VOLTA L'IMMAGINE DELL'ITALIA” - DEL RESTO, A CHI GIOVA SPUTTANARE L'EUROPA, IN UN MOMENTO IN CUI SI ERGE COME UNICO ARGINE ALLA RESA DELL’UCRAINA CHE STANNO APPARECCHIANDO TRUMP & PUTIN? - A GODERE SONO INFATTI "MAD VLAD" E I SUOI TROMBETTIERI, CHE HANNO ASSOCIATO LO “SCANDALO DI BRUXELLES'' AI CESSI D’ORO DI KIEV DELL'AMICO DI ZELENSKY - BASTA GUARDARE COSA SCRIVONO OGGI BELPIETRO SU "LA VERITA'" (''UE CORROTTA COME L'UCRAINA. FERMATA LA BIONDINA DEL PD") E TRAVAGLIO SU "IL FATTO QUOTIDIANO" ("BASSI RAPPRESENTATI... CI FACCIAMO SEMPRE RICONOSCERE")...

procuratore milano viola procura milano luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps giorgia meloni

FLASH! – MA GUARDA UN PO’... “EMERGE CHE IN AMBIENTI GIUDIZIARI SI È VALUTATO DI ESEGUIRE LE PERQUISIZIONI SOLO LA SCORSA SETTIMANA E NON A SETTEMBRE PER NON CONDIZIONARE L'ESITO DELL'OPS SU MEDIOBANCA ANCHE PERCHÉ LE INDAGINI NON SONO CHIUSE. ABBASTANZA PER IPOTIZZARE CHE IL RUOLO DELLA PROCURA POSSA DIVENTARE CRUCIALE NELLA FORMAZIONE DELLE LISTE PER IL RINNOVO DEI PROSSIMI CDA. IN PRIMAVERA TOCCHERÀ AI VERTICI DI BPM E DI MPS…” (BALESTRERI E SIRAVO PER “LA STAMPA”)