julia roberts luca guadagnino after the hunt

IL GUADAGNINO DEI GIUSTI: “’IL MIO FILM NON È ANTI-WOKE, È UN FILM MOLTO CONSAPEVOLE DELLE DINAMICHE DI POTERE” – MARCO GIUSTI INTERVISTA LUCA GUADAGNINO, IN CONCORSO A VENEZIA CON “AFTER THE HUNT”, STARRING JULIA ROBERTS: “LEI È UNA DELLE ULTIME MEGASTAR, MA È ANCHE UNA DONNA DI UNA SEMPLICITÀ E DI UNA CONCRETEZZA INCREDIBILE. C’È STATO UN CLIC FRA NOI DUE MOLTO FORTE” – “IL CINEMA D’AUTORE EUROPEO SI È DEGRADATO. DA UN LATO SIAMO ENTRATI NELL’UNIVERSO DELLA SCIATTERIA PIÙ ASSOLUTA, DALL’ALTRO NELL’UNIVERSO DELL’AUTOREFERENZIALITÀ PIÙ TOTALE. MA UN GRANDE AUTORE NON HA MAI RAGIONATO COSÌ. HA SEMPRE MESSO IN DISCUSSIONE IN PRIMO LUOGO SE STESSO, E POI I PARADIGMI DEL CINEMA…” - VIDEO

 

 

Marco Giusti per Dagospia

 

LUCA GUADAGNINO A VENEZIA - FOTO LAPRESSE

Una delle grandi qualità di Luca Guadagnino, e ce l’ha da quando lo conosco, praticamente fin dall’inizio della sua carriera, è di essere impermeabile a qualsiasi critica.

 

Gli scivolano addosso. Non si fissa né sulle cattive con rancore né sulle buone. Anche perché è sempre proiettato sul prossimo film.

 

Anche rispetto a “After The Hunt” con Julia Roberts, Ayo Edebiri, Andrew Garfield, appena presentato a Venezia fuori concorso, e non accolto troppo bene da parte della critica americana, non sembra affatto turbato.

 

julia roberts - after the hunt

Amazon, che lo ha prodotto, lo protegge, sapendo che un film con Julia Roberts in uscita il 16 ottobre, considerata da molti critici in odore di Oscar, ha un grande valore economico.

 

E Luca mi legge la critica entusiasta appena uscita di “Le Monde”. Ma con la testa è già sul nuovo film, “Artificial”, il biopic con Andrew Garfield e Monica Barbaro su Sam Altman, il Ceo di OpenAI. Anche lì, inevitabilmente, ci saranno polemiche.

 

Perché pensi che “After The Hunt” non sia piaciuto a molti critici americani? Non l’hanno capito?

julia roberts after the hunt, dopo la caccia 2

E’ interessante, perché passati due giorni dalle prime recensioni cominciano a uscirne di nuove. Positive. Guy Lodge su “Variety” ha preso la penna e ha scritto che è la migliore interpretazione di Julia Roberts della vita, e ha usato il trampolino di Julia per fare la sua recensione al film, iper-entusiasta.

 

Oppure Alex Billington, di FirstShowing.net, che ha scritto “Non riesco a capire cosa abbiano visto i miei colleghi”. Penso che purtroppo nella critica anglosassone c’è la tendenza a scambiare la posizione ideologica e il tema del film per il punto di vista dl film.  Ma questo è uno dei più grossi peccati che si possa fare al cinema.

 

kim novak e james steward - vertigo

E’ come dire che “Marnie” di Alfred Hitchcock è un film che esalta la cleptomania, anziché guardare a quel film come un bellissimo saggio di un maestro del cinema sul soffocamento della perversione e su cosa genera il rimosso.

 

O come accusare “Vertigo” di essere un film misogino perché James Stewart vuole ricreare l’amante morta nel corpo di un’altra donna… Secondo me il cinema in generale ha un linguaggio molto più forte della ottusità tematica aristarchiana dei critici e nel tempo questo tipo di accuse muoiono da sole..

 

JULIA ROBERTS A VENEZIA 2025 - FOTO LAPRESSE

Eppure ti hanno dato dei voti bassissimi, non ti spiace?

Ma non importa, questo è transeunte.

 

Mi parli di Julia Roberts? Come è? Come l’hai convinta?

Non ho avuto grandi difficoltà a convincerla. Io ho avuto il copione del film dai miei agenti mentre andavo a girare una pubblicità a Los Angeles. Mi dicono leggilo è bellissimo. E mi sembrava molto interessante.

 

Quando sono atterrato, mi dicono che lo hanno fatto leggere pure a Julia Roberts. Io ho una regola. Di non fare film se non ho scelto io il cast. Ma quando mi hanno detto che lo aveva letto Julia Roberts ho detto… magari.

 

julia roberts after the hunt, dopo la caccia.

Proprio in quella settimana che ero a Los Angeles, la settimana degli Oscar, ci hanno combinato un appuntamento e ci siamo messi su un divano a una cena e abbiamo cominciato a parlare.

 

Per me era facile. Essendo Julia Roberts nell’immaginario collettivo da quarant’anni, con questi grandi divi è come conoscerli da sempre. È quella cosa che aveva raccontato anche Luchino Visconti in “Bellissima”.

 

Pensi di conoscere il divo che ti è vicino perché lo hai visto da sempre al cinema. Così Julia Roberts ti sembra una vecchia amica. Ma in effetti c’è stato un clic fra noi due molto forte, molto potente, che non si è mai contraddetto, anzi si è evoluto e dopo una iniziale conoscenza, che era la mia di lei come star e di lei verso di me come regista, perché aveva visto il mio lavoro, alla fine siamo entrati in una dinamica personale molto intima molto fruttuosa.

 

ANDREW GARFIELD - LUCA GUADAGNINO - JULIA ROBERTS - AYO EDEBIRI A VENEZIA - FOTO LAPRESSE

Poi lei è proprio una star vecchio tipo. Non dico Bette Davis o Joan Crawford, però…

Lei è una delle ultime mega star di questo tipo, sì. Eppure è anche una donna di una semplicità e di una concretezza incredibile.

 

In “After The Hunt” ci sono tre personaggi di età diverse che appartengono a mondi diversi con moralità diverse. Da che parte stai?

Mi stai chiedendo se ho voluto prendere le parti di Hank, Alma o Maggie? Ma io non posso prendere le parti di un personaggio rispetto a un altro. Il regista deve essere laico, altrimenti è finita. Non posso prendere una posizione.

 

Ma non ti senti generazionalmente affine a Julia Roberts…

luca guadagnino con julia roberts foto lapresse

No, l’unico personaggio che posso dire ho delle rifrazioni di me, nella vanità della messa in scena, è il marito di Alma, Frederick, che come me è un iper romantico, che sa cucinare molto bene e è una persona che non desiste dall’obbiettivo che ha in testa, cioè vedersi corrisposto nel suo amore dalla moglie.

 

Anche io sono fatto così. Ma è una posizione caratteriale piuttosto che una posizione che voglio prendere rispetto alle dinamiche di potere di questi personaggi. Nemmeno il film vuole posizionarsi dalla parte di qualcuno, ma vuole analizzare, osservare qualcosa che prende forma nelle dinamiche che scaturiscono quando c’è una sorta di rincorsa al potere a discapito dell’altro.

 

Barbaro after the Hunt - Rosa Bonheur, 1858 – Philadelphia, museo delle belle arti

Se c’è una caccia, come dice il titolo, c’è un predatore e una preda, in questo caso chi è il cacciatore e chi la preda?

C’è un quadro meraviglioso, che si intitola proprio “After The Hunt”, dipinto da una donna, Rosa Bonheur nel 1858, impressionante, che mi ha dato un amico, un filosofo, che può spiegare molto.

 

Si vede un cane dopo la caccia alla volpe. Intuiamo che il cane abbia aiutato il padrone a trovare la volpe, e che abbia avuto un’azione di dinamismo, di aggressività, di forza e potere verso volpe, ma invece è ritratto da questa pittrice con una catena al collo legato a un muro, con gli occhi bassi, terrorizzato da qualcuno che da fuori lo guarda, che saremmo noi.

 

Secondo me questa immagine spiega bene il ruolo e il cambio di posizione che assumi continuamente in una dinamica come quella della caccia del film, cioè della relazione col potere che ha ciascuno di noi.

 

julia roberts after the hunt, dopo la caccia 2

Quindi la nostra realtà cambia continuamente rispetto agli occhi degli altri?

Noi siamo in una posizione di costante ribaltamento e il ribaltamento avviene nella misura in cui noi non lo prevediamo. E quando pensiamo di aver raggiunto un obbiettivo, una posizione a scapito di un altro ci sarà sempre qualcosa o qualcuno in grado di farcelo ribaltare.

 

Ciò che non cambia è la dimensione del potere diciamo immateriale. Nel caso di un film come questo, è il capitalismo. Che è pervasivo e sovradeterminante il destino degli altri. Infatti il film finisce con la banconota da 20 dollari dove è raffigurato un presidente americano in odore di schiavismo.

 

 

julia roberts cardigan con la faccia di luca guadagnino

Col capitalismo, anche i rapporti di classe entrano in questi gioco?

Il fatto che in America si dice che non esistano rapporti di classe è un falso mito. E’ vero che l’America è una società che premia il successo individuale e l’accumulo di ricchezza, basta vedere le nuove ricchezze che si sono generate in questi ultimi 25 anni nella Silicon Valley, però secondo me esiste sempre una sorta di muta dimensione interclassista molto rigida, che è uguale a quella che viviamo noi nella nostra Europa.

 

Sulla cultura woke… E’ possibile vedere il film come una sorta di critica alla cultura woke americana?

Il film è disseminato di una miriade di detti e non detti a proposito della sovradeterminazione che i personaggi subiscono dal sistema di segni in cui loro sono avvolti.

 

Quando Maggie scappa dalla classe dove ha fatto irruzione con uno scoppio d’ira Hank, il professore, che lei accusa di averla stuprata, e finisce nel campus, vediamo la professoressa Alma, Julia Roberts, che la insegue per consolarla. Quando la raggiunge, le dice “dobbiamo parlare, raccontami la tua versione, facciamolo nella maniera più confortevole per te”.

 

ayo edebiri after the hunt, dopo la caccia

Le dà tutta l’apertura possibile e la ragazza finalmente sente che c’è un contatto con questa donna, Alma, che lei ammira, forse desidera. E le due donne si abbracciano. E io mostro questo abbraccio, la felicità delle mani che si toccano dietro la schiena. Maggie alza lo sguardo e, a un certo punto, incrocia lo sguardo di una statua, uno sguardo celibe, perché la statua è inanimata.

 

Ma quello è un simbolo, un segno, perché è la statua del fondatore di Yale, anche lui schiavista. E lei è una giovane donna nera che è entrata nel mondo privilegiato di questa accademia. La famiglia che l’ha adottata le ha dato la possibilità a questo accesso. Ma lei sente il peso incommensurabile della sua identità all’interno di una dimensione che fa finta che questa sua identità non esista.

 

luca guadagnino melissa p

Tutto quello che riesce a ottenere dalla sua professoressa in questo abbraccio, alla fine è questo sguardo celibe di una statua che non potrà cambiare mai. Quindi non vedo come questo film possa essere accusato di essere anti woke. Diciamo che è un film molto consapevole delle dinamiche di potere. Visibili e invisibili.

 

Tu che lo frequenti. Come funziona il cinema americano? Hai totale libertà o no?

Io parlo per me. Tutto ciò che ho fatto nella mia carriera, a parte “Melissa P”, è stato tutto espressione assoluta del controllo totale che io esercito sul mio lavoro e da tutti i punti di vista, sia da quello pratico, manageriale, produttivo, sia da quello creativo.

 

armie hammer call me by your name

Fino a pensare a come veicolare un film. Io ho avuto e ho un sostegno commovente da parte dei miei finanziatori e degli studios per cui lavoro. E non devo mettere in atto inganni per avere quello che voglio. Credo anzi che sia sempre meglio essere diretti. Quando dici queste sono le mie intenzioni, queste sono le mie necessità, non hai bisogno di trucchi.

 

Come ho sempre sospettato, avendo amato il cinema hollywoodiano da sempre è una banalità dire che Hollywood è il luogo dove un regista vende l’anima al diavolo, si corrompe, e non può esprimere se stesso, a differenza del mondo del cinema d’autore europeo.

 

julia roberts after the hunt, dopo la caccia

Il cinema d’autore europeo post-bertolucciano, diciamo quello che ha cominciato a crescere all’ombra di Bernardo e Bellocchio in Italia, ma anche di Chabrol e Truffaut, si è, piano piano, sempre più degradato in una sorta di twist in cui da un lato siamo entrati nell’universo della sciatteria più assoluta, e dall’altro si è entrati nell’universo dell’autoreferenzialità più assoluta.

 

Cosa che nessuno di questi grandi storici autori europei è mai stata. Sfido chiunque a dire che un film di Miklos Jancso, che potrà essere considerato noioso da chi lo conosce, fosse un cinema autoriferito.

 

miklos jancso

Ma quel che è venuto dopo, da parte dei miei colleghi europei, è stata una ipocrita non confessione di intenti, cioè quella di volere, come in “After the Hunt”, il potere, e di volerci arrivare piano piano, pensandolo come una cosa giusta.

 

Ma un grande autore non ha mai ragionato così. Ha sempre messo in discussione in primo luogo se stesso, e poi i paradigmi del cinema. Non fai un film pensando a come possa essere recepito.

 

 

Il fatto che tu sia passato da un film andato molto bene al botteghino, come “Challengers”, a uno che non è andato bene come “Queer” ha cambiato un po’ le cose in America per te?

ARMIE HAMMER CALL ME BY YOUR NAME

“Queer” è un film che è andato male a livello economico, al botteghino, ma è un film che è molto amato, molto rispettato. Mi sento molto tranquillo, ripeto, sento che c’è un affetto da parte dell’industria americana molto solida, molto potente.

 

E da parte dell’industria italiana?

Per questo film ho avuto delle belle recensioni. Il cinema italiano è un cinema di cui conosco bene i meccanismi ma che non pratico… perché non ci lavoro come regista. Come produttore un po’ di più. E penso che ci siano dei meccanismi del cinema italiano che aprano a grandi possibilità.

 

Per esempio, con il successo in sala di un film che avevo anche prodotto “Call Me By Your Name”, ho ottenuto dal Ministero quello che si chiama premio governativo, cioè una percentuale dell’incasso del film che va interamente reinvestita nel cinema.

 

“Vizi privati, pubbliche virtù”,

E, grazie a questa forma di finanziamento molto, molto significativa per una società piccola come la mia, sono riuscito a finanziare due opere che per me sono state importantissime.

 

Una è il cortometraggio “The Metaseller” di Margherita Giusti e l’altro “19”, l’esordio di un brillante cineasta siciliano che si chiama Giovanni Tortorici, che ora sta girando il suo secondo film a Palermo con Monica Bellucci.

 

Quindi nella disfunzione incestuosa del cinema italiano esistono dei possibili paradigmi finanziari produttivi che ti permettono di montare un film. In questo caso ho fatto due film, non uno.

 

un film fatto per bene franco maresco 9

Chi stimi nel mondo del cinema italiano?

Penso che Gianfranco Rosi sia un grandissimo regista, Michelangelo Frammartino mi incuriosisce sempre molto, Il buco era un bellissimo film. Poi c’è Franco Maresco. Lo conosco da quarant’anni e è sempre stato cattivissimo con me, ma siccome la cattiveria è una delle caratteristiche della sua essenza che si riflette nella sua meravigliosa ricerca cinematografica, io dò il benvenuto alla cattiveria di Franco e sarò sempre dalla sua parte. Ho anche partecipato alla produzione di un suo film e ne sono molto orgoglioso.

 

Invece internazionalmente chi vedi che ti piace?

The Immigrant di James Gray Lowlife

Io sono molto amico di James Gray, regista che trovo sempre molto interessante. C’è qualcosa di inattuale nel cinema che fa lui, e che lo fa sentire un po’ non al centro del consenso, però fa film bellissimi. “Armageddon Time” era un film molto doloroso, che è stato molto osteggiato a Hollywood. Recentemente ho visto un film bellissimo, “Weapons” di Zach Cregger che veramente è un grande film di genere ma non solo dove questo regista arriva sulla scena in maniera potente.

 

Pauline Kael

Tu sei un cinephile. Che film rivedi più spesso?

In questo momento sto rivedendo tutto Vincente Minnelli e mi sono imbattuto in Pauline Kael che diceva che Minnelli era trash camp…

 

In tanti gli hanno detto che era un vetrinista… effettivamente nasceva come vetrinista a New York…

Però era un genio. “Il bruto e la bella”, il film su Van Gogh, “Meet Me in St Louis" sono film straordinari. Rispetto all’incapacità di comprendere la performance che vedo nel cinema contemporaneo ben venga un vetrinista come Vincente Minnelli. Non pensava agli attori? Altro ché se pensava agli attori… Guardo anche Eisenstein. I suoi film vanno rivisti regolarmente come se fossero la fonte della conoscenza. Lui e Hitchcock sono i due grandi maestri.

 

Nel tuo film citi nomi come Adorno, Foucault…

… e anche Agamben, la desoggettivazione contro la soggettivazione…

IL BRUTTO E LA BELLA

 

Non sono elementi un po’ difficili per il cinema di oggi?

Ma no, sono i miei effetti speciali, sono come inquadrare le ruote in una macchina che corre in una scena di azione. I protagonisti sono professori di filosofia di Yale, quindi usano quelli strumenti. Ma non sono necessarie le conoscenze dei filosofi per potersi divertire in queste sciarade intellettuali, sono più segni del loro comportamento, sono tic di queste persone. Non è un film che per essere compreso ha bisogno che tu conosca Adorno.

 

andrew garfield julia roberts after the hunt, dopo la caccia

Ma stavano già nel copione o sono state aggiunte?

Sono state aggiunte, andava data sostanza a quelle scene  perché non puoi fare un film su una professoressa di filosofia dell’etica e poi essere cialtrone in quella cosa. La cura del dettaglio è tutto, la sciatteria per me è inconcepibile.

nina di vincent minnelli

vincente minnelli

chloe sevigny after the hunt, dopo la cacciajulia roberts after the hunt, dopo la caccia julia roberts after the huntayo edebiri after the hunt, dopo la caccia andrew garfield after the hunt, dopo la cacciaandrew garfield julia roberts after the hunt, dopo la caccia

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