1. DOMENICA PROSSIMA, QUANDO TORNERÀ DALLA SUA TOURNÈE AMERICANA, RENZI RISCHIA DI TROVARSI UN PD E UN SINDACATO IN RIVOLTA CONTRO LA SUA RIFORMA DEL LAVORO 2. CON CGIL E CISL IN CAMPO, DA EVITARE IN TUTTI I MODI UN REFERENDUM DEL PD SU ARTICOLO 18: SAREBBE LA SUA WATERLOO PERCHÉ RENZIE NON POTREBBE SCHIERARE LE LOBBY - DAI GRANDI GIORNALI A CONFINDUSTRIA - CHE APPOGGIANO LA SUA RIFORMA DEL LAVORO 3. I DISSIDENTI PD COSTRINGEREBBERO RENZIE A BUTTARSI TRA LE BRACCIA DI FORZA ITALIA PER OTTENERE QUEL “SOCCORSO AZZURRO” CHE SILVIO NON VEDE L’ORA DI DARGLI 4. SE UNA RIFORMA COSÌ IMPORTANTE PASSASSE COI VOTI DELL’OPPOSIZIONE RE GIORGIO NON POTREBBE NON PORSI IL PROBLEMA DI UNA NUOVA MAGGIORANZA DI LARGHE INTESE 5. RENZI SUL LAVORO GIOCA DAVVERO UNA PARTITA CHE NEL GIRO DI UN MESE E MEZZO CI DIRÀ SE ABBIAMO UN PREMIER SPACCONE OPPURE UN ASFALTATORE PROFESSIONALE

Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia

 

1. AVVISI AI NAVIGATI

videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati  7videomessaggio di renzi contro la camusso e i sindacati 7

Parte nel momento peggiore, Matteo Renzi. Domenica, quando tornerà dalla sua tournèe americana, rischia di trovarsi un Pd che gli si è rivoltato contro e un sindacato che avrà deciso come mobilitarsi contro la sua riforma del lavoro. Insomma, una tenaglia assai insidiosa.

 

Come insidiosa è l’arma del referendum interno evocata dalle minoranze del partito, che può essere richiesto dal 30% dei delegati dell’assemblea nazionale oppure dal 5% degli iscritti. Con Cgil e Cisl in campo, un referendum del Pd su articolo 18 e dintorni avrebbe poca storia perché Renzie non potrebbe schierare le lobby – dai grandi giornali a Confindustria – che appoggiano la sua riforma del lavoro. Per Pittibimbo sarebbe una disfatta ed è chiaro che il referendum deve evitarlo in tutti i modi.

 

PIERLUIGI BERSANI  PIERLUIGI BERSANI

I dissidenti interni possono poi contare su un manipolo di 80-100 deputati che non sono poca cosa e costringerebbero Renzie a buttarsi tra le braccia di Forza Italia per ottenere quel “soccorso azzurro” che Silvio Berlusconi non vede l’ora di dargli. Se una riforma così importante passasse con i voti dell’opposizione Re Giorgio non potrebbe non porsi il problema se sia nata una nuova maggioranza di larghe intese e Renzi si troverebbe sottoposto a un abbraccio soffocante, che va ben oltre lo spirito del Patto del Nazareno.

 

Insomma, Renzi sul lavoro gioca davvero una partita che non prevede il pareggio. Una partita che nel giro di un mese e mezzo ci dirà se a Palazzo Chigi abbiamo un premier spaccone oppure un asfaltatore professionale.

 

 

2. PD, PASTICCIO DEMOCRATICO

giorgio napolitanogiorgio napolitano

Renzie parte per gli States sganciando le ultime bombette: “Renzi chiude la porta agli oppositori nel Pd. ‘Cascano male, io cambio davvero’. La Uil approva il Jobs Act. E Squinzi: via l’articolo 18”. “Il segretario non teme i ‘giapponesi’. Libertà di coscienza? Non può valere su tutto. Il leader spiega ai suoi: è un fatto che prima il partito perdeva e adesso vince. Voto in direzione, poi nei gruppi parlamentari: decide la democrazia interna” (Corriere, p. 5)

 

Gianni Cuperlo Gianni Cuperlo

L’opposizione interna è pronta a dare battaglia: “Ma la sinistra sfida il segretario: ‘Trattiamo o l’arma finale sarà il referendum nel partito’. Gianni Cuperlo: ‘Renzi la smetta con le provocazioni, gli ultimatum e la propaganda. Indichi il percorso” (Repubblica, p, 2). “Bersani star tra i militanti. ‘E’ vecchio pure Silvio, ma Matteo lui lo rispetta’. L’ex leader alla festa dell’Unità di Modena duella con Renzi. Giro negli stand tra applausi e chi lo chiama ancora segretario” (p. 4). Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil e del partito, si fa intervistare dal Corriere e boccia la soluzione renziana dell’indennizzo per l’articolo 18: “deve restare il reintegro” (p. 6). Il Messaggero fa i conti sulla direzione e spara: “Torna l’incubo scissione: in direzione 60 pronti allo strappo. Domani i capi della fronda si riuniscono tra loro e poi convocano le truppe” (p. 5). Per Stefano Fassina, intervistato dal Cetriolo Quotidiano, “il premier cerca nemici perché è in difficoltà” e “fa precipitare tutto, così il rischio del voto a primavera si fa concreto” (p. 2)

Guglielmo Epifani Guglielmo Epifani

 

Sul fronte del sindacato, “Vertice Cgil, Cisl e Uil. ‘Manifestazione comune’ ma è lite sull’articolo 18. Camusso vuole tutele massime per vecchi e nuovi assunti. Angeletti: pronti a mediare. Bonanni: alt alle finte partite Iva” (Repubblica, p. 10). La Stampa renziana sottolinea con gusto la spaccatura: “La Uil apre alla Riforma e la Cgil rimane isolata”. E quando le ricapita, alla Uil, un titolone a pagina 2?

 

Stefano Fassina Stefano Fassina

 

3. L’ABBRACCIO DEL CAINANO

L’occasione del Jobs Act è troppo ghiotta per farsela sfuggire e Silvio Berlusconi già pregusta il momento in cui i suoi voti saranno decisivi, in Senato, per far passare la riforma di Renzie. “Berlusconi punta alle larghe intese. ‘Sul lavoro il Pd imploderà, ora Fi può diventare decisiva’. Brunetta: ‘Sì alla fiducia sul decreto, ma poi si apre la crisi di governo’. E sulla legge elettorale l’ex premier adesso avanza molti dubbi” (Repubblica, p. 6).

 

Repubblica poi s’incarica di mettere le mani avanti e sancisce a mezzo “retroscena”: “Ma il soccorso azzurro sul Jobs Act per il Colle non tocca la maggioranza. Al Quirinale si ricorda che quando Fi ruppe con Letta e Alfano non ci furono crisi di governo” (p. 7).  

 

Sul Messaggero, tutta l’astuzia del Banana: “Berlusconi scuote FI. ‘Largo ai giovani’. E apre al premier. L’ex Cavaliere: ‘Servono forze nuove, con me alla guida. In Italia sventola la bandiera di Renzi, io ormai a mezz’asta” (p. 6). Sul Giornale la strategia diventa ufficiale: “Sì sul lavoro per spaccare il Pd. Poi un governo di larghe intese” (p. 2). E però Repubblica ha già detto che non si può fare

 

Silvio BerlusconiSilvio Berlusconi

 

4. PASTICCIO CONSULTA

Domani si riprende a votare per la Consulta nella nebbia più totale: “Consulta, il caso Bruno e l’effetto domino sulla tenuta di Violante. Il Pd potrebbe chiedere un altro nome ai forzisti. Il no di Minzolini: cadrebbero insieme. Il leader di FI spera nel soccorso leghista. Sui due candidati rischiano di abbattersi ancora i mal di pancia dei democratici sull’articolo 18 e degli azzurri sulle primarie” (Corriere, p. 9). Sul Messaggero, “Consulta, pressing Pd: via Bruno. La replica: così salta pure Violante. Domani quattordicesima votazione l’impasse però non sembra superata. Il leader forzista: sparano su Donato per avvertire Palazzo Chigi sul Jobs Act” (p. 7)

 

Renato Brunetta Renato Brunetta

Il famoso monito di Re Giorgio è già acqua passata.

 

 

5. IL NIGER-GATE DELL’ENI E LE LACRIME DI DESCALZI

Ieri Gad Lerner ha dato spazio a uno sfogo di Claudio Descalzi, numero uno dell’Eni, sulla vicenda nigeriana, in cui si parlava di “lacrime” per questa storia e dei suoi rapporti con il predecessore Paolo Scaroni. Oggi Descalzi precisa di non aver mai detto che “all’Eni decideva tutto Scaroni” e che non è vero che non parla da mesi al telefono con lui.

 

Donato Bruno Donato Bruno

Ormai la bomba però è innescata, così oggi è il turno di Gigi Bisignani, che gli risponde sul Cetriolo Quotidiano: “Sulla Nigeria le lacrime che Descalzi versa con Gad Lerner sono lacrime di coccodrillo, di un uomo probabilmente sull’orlo di una crisi di nervi, incapace di rivendicare quello che è stato un grande affare per l’Eni e nel quale io non ho compiuto nulla di non lecito”. Poi gli ricorda che “deve la carriera a Scaroni” e aggiunge: “Io l’ho visto prono davanti al suo predecessore” (p. 3)

 

Sul Giornale, Nicola Porro prende in giro la toccante paginata di ieri su Repubblica: “La barzelletta è scoprire che il boss dell’Eni è così fragile. Per i lettori di Repubblica è lì che piange con Gad. Ha il groppo in gola e il fazzoletto nel taschino. Lui nella sua casetta in “semiperiferia’…” (p. 27)

 

Luciano Violante Luciano Violante

Sulla stessa vicenda, capolavoro della Stampa che titola: “Eni, Descalzi rompe con l’era Scaroni e ridisegna il gruppo. Esclusa l’azione di responsabilità contro i vecchi vertici” (p.24) E già, Descalzi la dovrebbe fare anche contro se stesso. Repubblica invece intervista Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato, che fa notare: “Renzi di fronte alle inchieste sul Mose e sull’Expo, assai meno rilevanti di quella Eni sul piano economico, si era mostrato colpevolista” (p. 10).

 

 

claudio descalzi claudio descalzi

6. RETE E LIBERTÀ

Julian Assange attacca ancora una volta i colossi della Rete e ci costringe a una serie di riflessioni, al di là dei suoi toni apocalittici: “L’ultima sfida di Assange: ‘Il nuovo totalitarismo sono i colossi del web’. Dal fondatore di WikiLeaks un duro attacco a Google. ‘Il suo business è sorvegliare milioni di persone’. ‘E’ illusorio credere che l’antidoto allo spionaggio globale siano nuove leggi. Qualsiasi minaccia viene usata per terrorizzare l’opinione pubblica” (Repubblica, p. 17).  

 

ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA LUIGI BISIGNANI FOTO LA PRESSE ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA LUIGI BISIGNANI FOTO LA PRESSE

 

7. MEDIOBANCA OF LONDON E GENERALI OF GRECO

Affari&Finanza di Repubblica racconta con sincera partecipazione la “svolta londinese” di Mediobanca: “Mediobanca, c’è vita oltre i salotti. Meno Generali e più forti all’estero. Finita l’era delle partecipazioni di sistema, l’istituto navigherà per cercare redditività sul mercato. Per questo ha aperto una sede a Londra e sta cercando di rafforzare la sua rete europea. L’ipotesi dell’acquisto di una boutique del settore” (p. 2). Quanto tempo perduto dietro ai salottini di casa nostra, come Telecom e Rcs.

 

o GAD LERNER facebook o GAD LERNER facebook

Il Corriere Economia risponde con un’analisi tutta zuccheri dell’altro ex compagno di salotti: “Generali, la fase 2 di Greco, soci esteri al 40%. Prodotti, crescita sui nuovi mercati, tecnologia: i punti chiave nell’agenda del manager alla guida del gruppo dall’agosto 2012. Raggiunti con un anno di anticipo gli obiettivi del piano. E ora per Trieste la sfida è su business e redditività” (p. 5). E noi che pensavamo che la “sfida su business e redditività” fosse tutti gli anni.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”