1. LETTA È CONTENTO PERCHÉ “LE LARGHE INTESE NON FANNO MALE ALLA POLITICA”, DIMENTICANDO CHE A ROMA È IN TESTA UN SIGNORE CHE NON GLI HA MANCO VOTATO LA FIDUCIA 2. QUALCUNO CHIAMI L’AMBULANZA PER MARIO MAURO: “SI DIMOSTRA LA VOGLIA DEGLI ITALIANI DI AZIONI CONCRETE”. DI CONCRETO SOLO IL VAFFA DELL’ASTENSIONE 3. GRILLINI E BERLUSCONES MINIMIZZANO LE RISPETTIVE SCONFITTE, MA MEZZA ITALIA HA VOLTATO LE SPALLE A QUESTA CLASSE POLITICA E NON VA A VOTARE NEPPURE PER LA COSA PIÙ PROSSIMA CHE CI SIA (IL SINDACO) E CON LA MIGLIOR LEGGE ELETTORALE DISPONIBILE 4. PERCHÉ PERDERE TEMPO A VOTARE SINDACI CHE NON CONTANO PIÙ NULLA, SCHIACCIATI TRA UN PATTO DI STABILITÀ EUROPEO E UN TAGLIO DEI TRASFERIMENTI DAL GOVERNO? POSSONO SOLO TASSARE E TAGLIARE SERVIZI. DUNQUE VENGONO IGNORATI 5. QUALCUNO STA TIRANDO LA GIACCHETTA DI ROTELLI AFFINCHÉ SGANCI L’AUMENTO RCS?

a cura di Colin Ward e Critical Mess (Special Guest: Pippo il Patriota)

1. NON HANNO CAPITO UN TUBO
Quattro elettori su dieci se ne sono rimasti a casa e nei partiti c'è gente che festeggia. Lettaenrico è tutto contento perché "le larghe intese non fanno male alla politica", dimenticando che a Roma è in testa un signore che non gli ha manco votato la fiducia. Al Piddì di Epifanio Epifani sono felici perché non c'è stata la temuto slavina e sentono meno sul collo il fiato del Rottamatore Renzi.

Nel Pdl fanno finta di nulla anche se sono indietro ovunque. E ci si rallegra per la bella lezione presa dai grillini. La verità è che mezza Italia ha voltato irrimediabilmente le spalle a questa classe politica e non va a votare neppure per la cosa più prossima che ci sia (il sindaco) e con la miglior legge elettorale disponibile.

La colpa è del senso di inutilità: perché perdere tempo a votare gente che non conta nulla e nulla può contare, schiacciata tra un patto di stabilità europeo e un taglio dei trasferimenti dal governo centrale? Hanno ceduto moneta e sovranità, possono solo mettere tasse e tagliare servizi e ora vengono ignorati da quasi un italiano su due. Ma la colpa del non voto, naturalmente, è tutta del derby della Capitale e della fantomatica "antipolitica". Come se non fossero loro, l'antipolitica.

2. LARGHE IMPRESE
Tutti al governo, dunque, e tutti vincitori. E poco importa se sull'astensione record avrà forse pesato anche il grande inciucio voluto da Re Giorgio. A Palazzo Chigi rigirano la frittata e i giornaloni di Lor signori tengono bordone. Il Corriere delle Elite rinsecchite cinguetta in prima pagina: "Premiate le larghe intese'. La soddisfazione di Letta. Palazzo Chigi e il risultato negativo delle opposizioni".

Da urlo il titolo del sedicente "retroscena" di Palazzo: "Il governo motore di ‘nuovi equilibri'". Ma equilibri di cosa? Qualcuno chiami l'ambulanza per Mario Mauro: "Si dimostra ancora una volta la voglia degli italiani di azioni concrete" (Corriere, p. 2). Di concreto s'è udito solo il "vaffa" dell'astensione.

Idem sulla Repubblica dei responsabili: "E Letta tira un sospiro di sollievo. ‘Le larghe intese non fanno male ma bisogna dare risposte agli italiani" (p. 3). Mentre il viceministro Stefano Fassina esulta sul bordo del precipizio: "Governo più forte, nell'angolo i falchi della destra. Il senso politico dell'operazione Letta è stato compreso e apprezzato. Ora sotto con i provvedimenti" (p. 2).

Sbrodolate anche sul Messaggero: "Letta: la gente ha capito, vince la scelta delle larghe intese. Il premier soddisfatto: ‘Non facciamo crescere Grillo, anzi. Dopo di noi tornerà il bipolarismo senza populismi" (p. 6). E Berlusconi dove lo metti, a proposito di populismi?

3. IL RIMBALZO DEL GATTO MORTO
Dopo essersi impegnati il meno possibile per il risultato di Marino, non a caso percepito quasi come un candidato ‘civico', al piddìmenoelle hanno il coraggio di festeggiare. "Il Pd di Epifani supera il primo test. Si riaprono i giochi per il congresso. Renzi prepara un'iniziativa a Roma per sostenere Marino. Il partito si attesta tra il 25 e il 26% e c'è chi parla di miracolo.

L'allarme di Rosy Bindi: ‘Forse è bene preoccuparsi di più per i voti non espressi che per i consensi raccolti" (Corriere, p. 11). Sulla Stampa, la gioia del compagno segretario: "Premiata la responsabilità delle larghe intese".

Ma la Serracchiani gli ricorda come la pensano i candidati vincenti sul territorio: "Vinciamo nonostante il Pd" (p. 2). Poi passa il Cetriolo Quotidiano e butta sale sulle ferite: "Il Pd è avanti ovunque ma perde voti. Tutti si prendono i meriti" (p. 5)

4. CAINANI AMARI
Minimizzare è la parola d'ordine in casa berlusconiana, ma certo, dover inseguire persino a Brescia non è un bel segnale. "Delusione Pdl, a rischio pure le roccaforti. Berlusconi: la gente è sempre più lontana dalla politica. I dubbi su Alemanno. Il Cavaliere ha accolto i risultati ‘senza drammi' però i sondaggi erano ben diversi" (Corriere, p. 10).

Sul Messaggero, la prima preoccupazione di quel sant'uomo del Banana: "Berlusconi: l'esecutivo è in sicurezza. Cavaliere soddisfatto per il calo dei grillini e allarmato per la scarsa affluenza ai seggi, ma poco sorpreso dal dato romano" (p. 7). Si supera il Giornale di Feltrusconi: "Il voto non preoccupa il Cav: il governo rimane al sicuro. Berlusconi deciso a tenere alta la tensione sui temi economici per rilanciare il Paese", poi un retroscena curioso: "Agitazione nel Pdl: se Alemanno venisse sconfitto tenterebbe la scalata al partito" (p. 2). La scalata del perdente? E con che soldi?

Qualcuno svegli il povero Alè-danno, che ha dato la colpa al derby e al Pdl, pur di non chiedersi se per caso, in questi cinque anni al Campidoglio, abbia amministrato con i piedi. "Alemanno lasciato solo dal Pdl. ‘Riuscirò ancora a rimontare'. ‘Berlusconi assente? Non portò bene neanche a Storace. Contro di noi per mesi una vera campagna di diffamazione continua" (Repubblica, p. 5). Povera stella, e gli è anche caduta una fioriera comunista sul piedino.

5. UN, DUE, TRE, GRILLINO!
Provano a fare finta di niente, in casa grillina, ma è davvero dura digerire una batosta del genere: consensi abbattuti e nessun candidato ai ballottaggi per sperare in una nuova Parma. "Voti dimezzati, rivolta contro Grillo. A Roma i 5 Stelle dal 27 al 13%. La base via web: ‘Vaffa' al comico. Lo staff mette il bavaglio ai ‘cittadini'.

E Crimi: ‘Faccio cadere le mele marce" (Corriere, p. 9). Su Repubblica, parla il senatore malpancista Zaccagnini Adriano: "Abbiamo sbagliato a dire sempre no, ci ha lasciato chi voleva cambiare. Non ha senso limitarsi alla protesta. Occorre fare delle proposte e parlare di strategie politiche: il contrario di quel che dice il capogruppo Crimi" (p. 6). E alla Stampa dice: "né Grillo né Casaleggio né Crimi possono parlare per noi" (p. 6).

6. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
C'è un bel lascito del governo Berlusconi pronto a colpire le tasche degli italiani nel 2014 con una nuova stangata sanitaria. "Ticket, alt all'aumento da 350 euro. Ma ora il governo cerca 2 miliardi. Tavolo con le Regioni.

Errani: insostenibile il rincaro del prossimo anno. L'agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali: ormai molte analisi sono più convenienti nel privato" (Corriere, p. 18). Sul fronte tasse, "Imu via sotto i 400 euro e niente rincaro Iva, il Tesoro cerca di risolvere il dilemma tasse. Ma il Pdl non recede sull'abolizione totale. Pd: meglio evitare rialzi dei prezzi" (Repubblica, p. 14).

Intanto, a proposito di inezie che fanno incazzare gli elettori, è bello scoprire a babbo morto che abbiamo le bollette più salate del continente. "Luce, in Italia i maggiori rincari d'Europa. Da metà 2011 bollette salite del 10,3%. L'Authority: ‘Colpa degli incentivi'. La Coldiretti: ‘Per l'energia i cittadini spendono di più che per bevande e alimentari" (p. 24). Ovviamente i tecnici ci spiegheranno che è tutta colpa del mancato ricorso al nucleare.

7. NON SONO STATO, IO
E' iniziato a Palermo il processo per i vertici di maggioranza Stato-mafia dei primi anni Novanta. E sono subito dolori per lo statista Mancino. "Trattativa, nuova accusa per Mancino. I pm: ha occultato il patto con Cosa nostra. Francesco Messineo: ‘Non scriviamo la Storia, perché non si scrive nelle aule dei tribunali" (Cetriolo Quotidiano, p. 10).

Però Mancino non ci sta, voleva il tribunale speciale e non quello dei comuni cittadini: "Non posso stare qui con i mafiosi, mi giudichi il tribunale dei ministri'. L'ex titolare del Viminale: non temo nulla, dimostrerò che non c'entro. La mia parola è stata ritenuta inadeguata rispetto a quella di Martelli. Ma di patti con Cosa nostra non ho mai saputo nulla" (Repubblica, p. 17).

8. LA BATTAGLIA DI VIA SOLFERINO
Giovedì c'è l'assemblea che deve varare l'aumento di capitale e il gioco comincia a farsi duro dalle parti di via Solferino. In un pezzo sulla trattativa con le banche creditrici ("Rcs, dalle banche via libera sul credito", p. 28), la Stampa di Yacht Elkann butta lì una notiziola che se confermata avrebbe del clamoroso: "Anche ieri rimbalzavano voci secondo cui l'ago della bilancia, ossia Giuseppe Rotelli, sarebbe intenzionato a votare a favore della ricapitalizzazione".

Gli stanno per caso tirando la giacchetta, al re delle cliniche? Stessa indiscrezione sul Sole 24 Ore, che però almeno ha il coraggio di farci il titolo: "Aumento Rcs, via libera di Rotelli. Il primo azionista e Pesenti non ostacoleranno in assemblea l'approvazione della ricapitalizzazione da 400 milioni" (p. 29).

Pezzo interessante, e non "embedded", sul Giornale (p. 28): "Rcs, accordo più vicino tra banche e grandi soci. Gli istituti pronti a ridurre il rimborso dei crediti da 225 a 150 milioni. L'incognita sulle denunce di Della Valle". Mister Tod's avrebbe già portato in Procura le carte in cui denuncia la sinfonia di interessi tra banche creditrici e banche azioniste. Nel suo piccolo, lo fa anche questo sito da mesi.

9. LINGOTTI IN FUGA
Sono più cattivi di un sindacalista Fiom i dipendenti della Fiat di Kragujevac, nell'appetitosa Serbia delle delocalizzazioni. Guardate che succede nella (vicina) periferia dell'impero: "Turni massacranti alla Fiat' e i serbi danneggiano 31 auto. Atto di teppismo degli operai di Kragujevac dove si produce la 500L.

Il sindacato sostiene la protesta. L'azienda: ridotto l'orario. Il salario medio di un dipendente è di 306 euro, inferiore alla media nazionale" (Repubblica, p. 42). Trecento euro al mese sono davvero una miseria con la quale perfino gli operai italiani non possono competere.

 

 

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