PER MICHELE SERRA, FELTRI CHE DAL “GIORNALE” CHIAMA ‘CRETINETTI’ IL NO TAV IN COMA LUCA ABBÀ, È UGUALE ALLE MINACCE DI MORTE A CASELLI SCRITTE SUI MURI DI TORINO - IL NUOVO MANTRA MORALISTA: “LO SPECCHIO DEL PAESE”: DOPO SCHETTINO, GLI EVASORI DI CORTINA, ARRIVA BUFFON, IL NON IPOCRITA - APPENA CAZZULLO, DOPO LA CAMORRA E IL CALCIO, SCOPRIRÀ CHE A NAPOLI C’È PURE IL VESUVIO, SARÀ PRONTO PER LA DIREZIONE DEL “CORRIERE”…

1- "CRETINETTI" A LUCA ABBÀ: NESSUNA DIFFERENZA CON LE SCRITTE ANTI CASELLI
Michele Serra per "la Repubblica"

"È solo un cretinetti" è l´elegante titolo che il Giornale dedicava ieri, a tutta prima pagina, al manifestante no-Tav caduto dal traliccio. In termini semantici, politici, soprattutto umani, la derisione dell´agonizzante fa da perfetto pendant alle scritte sui muri della sedicente area antagonista contro Caselli. Nessuna differenza, né di stile né di significato, quando si cancella la fisionomia umana del "nemico".

Da tempo, del resto, un pezzo importante del giornalismo italiano di destra sembra avere perduto ogni rispetto: di se stesso. Vanno in televisione (su tutte le reti, a tutte le ore del giorno) in giacca e cravatta, sfoderando sorrisi e discorrendo amabilmente: e quelle sono le pubbliche relazioni. Poi in privato, sui loro giornali, per la cerchia ristretta dei loro lettori, il linguaggio diventa sputo. Non le idee, ma le singole persone, con nome e cognome, sono esposte all´odio e al disprezzo, come teste mozze sulle picche.

Meritevoli di sghignazzo anche da rapiti o da morti, come fecero con il povero, umile, coraggioso Ernesto Baldoni, ammazzato dagli assassini islamisti e trattato da coglione perché (pensate!) viaggiava da free-lance in zona di guerra. Adesso c´è il cretinetti morente. Tanto, in capo a un paio di giorni, tutto passa in cavalleria. C´è un nuovo dibattito televisivo da affrontare con piglio british, e un nuovo titolo sul quale infilzare la preda di turno. Speriamo che il prossimo sia almeno in buona salute.


2- BUFFON E LO SPECCHIO DEI MORALISTI
Da "Il Foglio"

Il giornalista collettivo ha da qualche tempo trovato un nuovo mantra con cui infarcire editoriali indignati e commenti bacchettoni sui giornali: "Lo specchio del paese". Tutto è specchio del paese, ormai, da Schettino agli evasori di Cortina. L'ultimo, ovviamente "deformato", è Gigi Buffon, il portiere della Juventus e capitano della Nazionale reo, secondo i sacerdoti del nuovo bar sport, di avere respinto fuori un pallone che aveva già oltrepassato la linea della sua porta senza avere poi chiesto all'arbitro di fermare il gioco per, nel bel mezzo della bolgia dello stadio di Milano, ammettere che la palla era entrata.

Buffon però non fa il pm né l'editorialista di Repubblica e Corriere: gioca a calcio, è pagato per vincere in uno sport nel quale le regole sono fatte rispettare da un arbitro, due guardalinee e un quarto uomo. Pretendere, come fanno i commentatori che la sanno lunga, che Buffon faccia quello che non hanno fatto i giudici a ciò deputati è grottesco, moralista e soprattutto pecca di poco realismo.

Chi sostiene che il calciatore colpevole di qualcosa debba autodenunciarsi all'autorità con fischietto non ha mai giocato a calcio, ne ignora il suo essere metafora di guerre e battaglie (se non della vita, per usare un'immagine abusata), e paradossalmente ne disprezza le regole: quando fossero i giocatori a dovere dire se è fallo o no, se è gol o no, se è fuorigioco o meno, una partita di pallone oscillerebbe tra la noia di un torneo di carte tra educande e il pericolo della rissa tra ubriachi in un pub.

Eppure per questi pontificatori (capo degli arbitri compreso) ogni occasione è buona per fare la morale - e la maglia bianconera di Buffon aiuta, oh se aiuta - e puntare il ditino contro un singolo soltanto per avere la scusa di fare quello che la vita non ha loro permesso di essere, preti mediocri o maestrine inacidite che devono spiegarci che il problema sono gli italiani furbetti e sbruffoni. E' il monotono già visto della ricerca di un capro espiatorio su cui gettare i propri sensi di colpa.


3- CAZZULLO PRONTO ALLA DIREZIONE DEL "CORRIERE"
Andrea Marcenaro per "Il Foglio"

Interessante viaggio di Aldo Cazzullo a Napoli. Dice che a Napoli vanno molto orgogliosi di due cose: di Luigi De Magistris, napoletano fin dal nome, che sta salvando l'Italia, e della squadra di calcio che non è più in serie C. Dice che quando il Napoli era in C i napoletani erano meno orgogliosi.

Che adesso vanno in massa allo stadio, che alla partita va forte il dialetto napoletano, senza specificare se per caso vada forte anche in città, dice che in certe zone di Napoli circola la droga, che a Bagnoli si stava meglio prima che chiudesse l'Italsider, che gli impiegati pubblici sono una pletora, che c'è ancora la camorra, che i napoletani dei quartieri poveri vanno a fare le rapine nella Napoli dei quartieri più ricchi, che i malati del Cardarelli non vengono trattati esattamente coi guanti, che i napoletani amano la loro città ma alcuni sono un po' stufi e si cita giustamente Benedetto Croce. Non appena Cazzullo scoprirà che da qualche parte, a Napoli, si nasconde un monte chiamato Vesuvio, sarà pronto per dirigere il Corriere della Sera.

 

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