1. DAGOREPORT! NON SOLO LA POLITICA, C’È ANCHE UN TSUNAMI CHE HA TRAVOLTO IL LATO PRIVATO DI GRILLO - PARTITO CON BENIGNI, MORETTI, VERDONE E TROISI, MENTRE QUESTI ARRIVANO SUBITO AL SUCCESSO DEL CINEMA E LASCIANO LA TV, GRILLO È L’UNICO CHE TENTA SENZA FORTUNA IL SALTO, NON CE LA FA E TORNA STABILMENTE IN TV COME COMICO DI SPALLA A PIPPO BAUDO - E OGGI GRILLO HA LA SUA VENDETTA. SUI NUOVI COMICI: IL “VAFFA” È DEDICATO ANCHE A LORO

Marco Giusti per Dagospia

"Ma perché, c'è qualcuno convinto che Beppe Grillo sia un bravo attore? Ma va...Impossibile. Tra l'altro lui capì proprio durante le riprese del mio film che recitare non era pane per i suoi denti. E Coluche forse gli ispirò la strada alternativa: fare il capopopolo".

Chi parla è Dino Risi, in un'intervista rilasciata al "Corriere della Sera" del 2007. Ma erano cose che diceva spesso, visto che aveva lavorato con Beppe Grillo e il mitico Coluche in "Scemo di guerra", 1985, insuccesso clamoroso, in Italia e in Francia. "Peccato, perché era molto carino, invece non fu capito. E pensare che il libro da cui fu tratto, "Il deserto di Libia" di Tobino, sceneggiato da Age e Scarpelli, è tra quelli che ho più amato...».

Dobbiamo tornare indietro ai primi anni '80, al periodo d'oro dei cosiddetti Nuovi Comici, Troisi, Benigni, Verdone, Nuti, che demolirono la vecchia guardia dei Sordi, Gassman, Manfredi e Mastroianni. Tutti nati in televisione alla fine degli anni '70 e tutti passati al cinema nei primissimi anni '80 con un incredibile successo.

Complice il boom di Nanni Moretti attore-sceneggiatore-regista che con "Ecce bombo" (1978) e poi "Sogni d'oro" (1981) sfonda quel che rimane della commedia all'italiana e apre per sempre la porta a un tipo di commedia completamente innovativo che vede al centro di tutto un giovane autore-attore.

Per Carlo Verdone e Massimo Troisi il successo al cinema è immediato con "Un sacco bello" (1980), "Ricomincio da tre" (1981), "Bianco, rosso e Verdone" (1981), "Borotalco" (1982), "Scusate il ritardo" (1983). Per Roberto Benigni il successo al cinema arriverà solo con "Non ci resta piangere" (1984) co-diretto con Massimo Troisi, prima civetta troppo con gli intellettuali, anche se "Berlinguer ti voglio bene" di Giuseppe Bertolucci rimane forse il suo capolavoro.

Arriva subito al successo anche Francesco Nuti, con "Madonna che silenzio c'è stasera" (1982), "Io, Chiara e lo Scuro" (1983). Ovvio che i produttori chiamino da subito anche Beppe Grillo al cinema, ma nessuno dei suoi film diventerà un successo. Né "Cercasi Gesù" (1982) di Luigi Comencini, dove figura come co-sceneggiatore anche Antonio Ricci, il suo primo autore, né "Scemo di guerra", né il suo terzo e ultimo film, molto tardo, "Topo Galileo", scritto da Stefano Benni e diretto da Francesco Laudadio.

Grillo però è il solo dei Nuovi comici che non si diriga i suoi film, che sia rimasto solo attore. Che non abbia la voglia di tentare il film in proprio. Ma come attore non funziona mai. Perché? "Ragazzo bruttarello ma simpatico", ricordava Dino Risi. "Ai tempi era la giovane promessa dello spettacolo italiano. Lo ammiravo per le cose che faceva in tv, e per questo lo scelsi. Però mai avrei immaginato che fosse così negato a recitare. Anche Beppe, a dire il vero, comprese presto che il cinema non era per lui. In compenso si capì subito che puntava a diventare personaggio, che aveva altre ambizioni.

E forse, ripeto, fu proprio Coluche a ispirarlo: lui in Francia era già un idolo per tutti. Era considerato il castigatore dei politici, tanto che poi si candidò alla presidenza della Repubblica. Un personaggio strepitoso. Adoravo le sue cene nel palazzo di Parigi: c'era di tutto e di tutti, anche la pista di cocaina come segnaposto. Già depresso perché ridotto al ruolo di spalla, Beppe a un certo punto si ingelosì del rapporto speciale che avevo con Coluche.

E così, per ripicca, fece la mossa classica dell'attore indispettito: si diede malato. Per due mesi dovemmo sospendere le riprese. Finché qualcuno non gli fece sapere che se non fosse tornato avrebbe dovuto pagare una penale. Parola magica: da buon genovese si ripresentò sul set».

Insomma, partito assieme ai Nuovi Comici, mentre questi arrivano subito al successo del cinema e lasciano la televisione, Beppe Grillo è l'unico che tenta senza fortuna il salto, non ce la fa e torna stabilmente in tv come comico di spalla a Pippo Baudo o a Hether Parisi o a Loretta Goggi. Deve essere stato piuttosto umiliante, anche se trionfa nei suoi show, "Te lo do io l'America", "Te lo do io il Brasile", giù giù fino a "Fantastico 7", ai tanti Sanremo.

Ma i suoi vecchi soci fanno film personali, fanno percorsi da star. Si scrivono da soli i film, mentre lui ha bisogno di Antonio Ricci o di Michele Serra per i copioni degli sketch. Quando Grillo, dopo le battute su Craxi viene allontanato dalla tv, perde per sempre il piccolo schermo e diventa un comico fantasma. Il suo ultimo tentativo cinematografico, "Topo Galileo", non funziona. E li capisce che quella non è la strada. E dovrà accontentarsi di seguire il percorso dei suoi colleghi come semplice spettatore.

Vedrà Troisi glorificato dal pubblico e santificato dalla morte prematura. Vedrà Benigni arrivare all'Oscar, Moretti diventare una vera e propria star del cinema d'autore e poi tentare una svolta politica. Lo troveremo pure in Piazza San Giovanni urlarci un più che giusto "Non perdiamoci di vista". Ma forse è lui che ci ha perso di vista. Non noi.

E' nella stessa direzione, di politica o di antipolitica che Grillo avrà la sua vendetta. Sui Nuovi Comici che lo avevano umiliato negli anni '80 e che non lo hanno mai considerato alla sua stessa altezza, sul Coluche politico e sul Moretti militante di piazza. Sulla tv che non lo ha più voluto e sui giornali che non lo hanno mai amato.

Salvo poi constatare che dei suoi due maggiori autori il primo, Antonio Ricci, ha fatto una grande carriera su Mediaset con "Striscia la notizia", l'antitiggì di Berlusconi, il secondo, Michele Serra, è diventato uno degli opinionisti di punta di "Repubblica", il giornale da odiare. E' come se Grillo avesse covato in tutti questi anni che sono seguiti al non-successo, all'addio televisivo, una sorta di rancore che ha preso poi la forma di questa anti-politica, che è anche una sorta di anti-spettacolo, visto che unisce nella guerra due nemici, la tv, cioè il regno di Berlusconi-Mediaset e della matrigna Rai, e il giornalismo, regno degli scemi di guerra che si sono messi al riparo da ogni frustrazione autoriale.

Del resto, oggi, non funziona proprio così, cioè che un regista si sente vivo solo se piace a "Repubblica" o al "Corriere"? Ecco Beppe Grillo ha deciso di passare da stand-up comedian alla Lenny Bruce, o alla Walter Chiari, a una sorta di Scarpantibus della politica-comica che impreca, getta scarpe, ti manda affanculo e, ovviamente, a ogni richiesta di razionalità democratica di risponde con un rutto, una scoreggia, una scarpa in faccia.

Può non piacerci questo atteggiamento, certo, stiamo sull'orlo di un baratro, ma lo conosciamo bene, e sappiamo che tenderà a ripeterlo. E' repertorio di qualsiasi comico. Come è repertorio da comico il megashow di piazza che Grillo ha fatto nel suo Tsunami Tour, umiliando il Benigni dei vecchi tempi, che riusciva a parlarci di noi, a farci bridere di noi, e a faci sperare qualcosa di meglio nel futuro, riempiendo qualsiasi posto e qualsiasi piazza. Quanto ci manca oggi quel Benigni. E quanto ci manca pure il Moretti moralista che se la prendeva coi vertici del PD e capitanava la rivolta dei girotondi. "Oééé cinese, facci un bel girotondo in torno alla Rai", sfottevano allora i leghisti appena arrivati al potere.

Ecco Grillo si è vendicato prendendo il posto di ognuno dei suoi nemici/amici e umiliandoli come seguendo un copione da "Conte di Montecristo" per avere finalmente il successo che non aveva avuto trent'anni fa.

"La cosa che gli è riuscita meglio", diceva il saggio Dino Risi, "è la sua svolta antipolitica: è più attore oggi che fa politica di quando tentava di far l'attore. Credo guadagni un sacco di soldi, adesso. Attenzione, però: non c'è niente di Grillo nel personaggio che interpreta. Il suo diventare un antipolitico non coincide con il vero Beppe. Ai tempi, non mi è mai sembrato uno interessato a questi temi, per intenderci. Ha capito cosa rende e se la sta inventando. Ha intuito che dire le cose da bar è un'attività redditizia. Niente di meglio per gli italiani, che aspettano sempre il capopopolo di turno. Ha fatto un po', con maggior successo, quello che hanno tentato Celentano e tanti altri. Anche Umberto Bossi, se vogliamo. Ma state tutti attenti: Grillo non è pazzo, fa il pazzo".

 

BEPPE GRILLO NEL NOVANTAQUATTRO BEPPE GRILLO CON MARIO MEROLA NELL OTTANTADUE BEPPE GRILLO CON ANTONIO RICCI NEL SETTANTANOVE BEPPE GRILLO CON SOLENGHI FIORETTA MARI BEPPE GRILLO PIPPO BAUDO dino risi

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