1. LA PACCHIA È FINITA? DOPO CROZZA, SALTERÀ ANCHE LO SHOW NATALIZIO DI BENIGNI 2. LA RAGIONE PRINCIPALE NON È IL BUDGET: ROBERTACCIO SARÀ ALL’ESTERO PER IMPEGNI PIÙ IMPORTANTI. MA PARE CHE LA RAI QUEST’ANNO NON RIPETERÀ L’ERRORE DI DARE A LUI E A PRESTA 6 MILIONI PER UNA SERATONA E LE REPLICHE DI DANTE A FIRENZE 3. L’ANNO SCORSO, PER GARANTIRE A RAI1 UNA PUNTATA SPECIALE SULLA COSTITUZIONE (SENZA PUBBLICITÀ), RAI2 SI INCOLLÒ 12 SERATE-FLOP SULLA “DIVINA COMMEDIA” 4. GRASSO: “NESSUNO DEI TANTI OSPITI OMAGGIATI DA FAZIO LO STA DIFENDENDO. SE C’È DA CALMIERARE I COMPENSI, LA BATTAGLIA È PIÙ CHE GIUSTA. SE SI VUOLE RESTITUIRE VERGINITÀ ALLA RAI BISOGNEREBBE DENUNCIARE CHI OCCUPA INDEGNAMENTE UN POSTO, DIRIGENTI COMPRESI, CONDUTTORI RACCOMANDATI CHE FANNO FLOP” 5. TOBAGI E COLOMBO DIFENDONO FABIOLO: “ RAI PASSIVA DAVANTI AGLI ATTACCHI DI BRUNETTA”

1. STOP IN RAI AI CACHET STELLARI. DOPO CROZZA SALTA BENIGNI - LO SHOW "DIECI COMANDAMENTI" È RINVIATO - PER AVERLO LA RAI AVREBBE SPESO QUATTRO MILIONI. MA I CONTI DELL'AZIENDA SONO IN ROSSO
Laura Rio per "il Giornale"

Anche gli artisti piangono. Non è più tempo di cachet stellari e anche i grandi volti dello spettacolo italiano devono stringere la cinghia (si fa per dire...). Pare infatti che, dopo la rottura delle trattative che avrebbero portato Maurizio Crozza su Raiuno, sia saltato anche lo show natalizio di Roberto Benigni.

Quello dedicato ai Dieci Comandamenti, sullo stile della seratona sulla Costituzione italiana dello scorso dicembre. Un evento che fece altissimi ascolti - 12,6 milioni di spettatori - ma che quest'anno non potrà essere «replicato». Pare che il premio Oscar abbia deciso di saltare l'appuntamento con il suo vasto pubblico italiano a causa di impegni molto importanti all'estero. Magari un film: lui stesso ha parlato recentemente della volontà di realizzare una pellicola sulla sua amatissima Divina Commedia.

Ma è difficile escludere che a questa scelta sia estranea la questione dei costi e dei compensi stellari dei personaggi famosi che provocano indignazione fra la gente comune. La televisione di Stato si trova in cattivissime acque e a fine anno chiuderà il bilancio in forte perdita.

Dunque, facile immaginare che si sia preferito rimandare l'appuntamento a periodi più rosei. Come nel caso di Crozza, che ieri sera nella copertina di Ballarò, con la sua consueta verve, dopo aver ripetutamente chiesto «quanto costa Floris, quanto costa Ballarò, quanto costa il meteo, quanto costa un cavo....» ha fatto ironia sul suo mancato ingaggio Rai: «Sono un Raiuno mancato: nel dubbio che non fossi un investimento proficuo mi sono fatto da parte. Chissà se mai si leggerà sul Giornale: "sfuma la trattativa Stato- Brunetta".

La spesa complessiva per avere su Raiuno il regista de La vita è bella sarebbe stata, secondo indiscrezioni rilanciate dal «fustigatore» Renato Brunetta ma non confermate in Rai, di 4 milioni di euro (lo show in diretta sarebbe stato ampiamente ripagato dagli spot pubblicitari, inseriti prima e dopo, non durante lo spettacolo, come successe lo scorso anno).

Un contratto che avrebbe compreso sia la prima serata sui Dieci Comandamenti, sia la serie di dodici appuntamenti di esegesi della Divina Commedia che avrebbero dovuto andare in onda in coda allo show di Crozza il venerdì sera a partire da marzo. Insomma, un accordo simile a quello dell scorso anno, quando la serata sulla Costituzione più le puntate dantesche furono unificate in un unico «pacchetto» da 5,8 milioni. Peccato però che la (coraggiosa) operazione culturale in prima serata su Raidue non fu apprezzata dagli spettatori: in pochissimi seguirono Benigni nei gironi dell'Inferno.

Dunque, lo show in diretta sui Dieci Comandamenti per ora è rinviato. Stesso discorso per il lungo viaggio nei canti della Divina Commedia cominciato nel 2006 dall'attore toscano. Peccato, però, che le puntate di Tutto Dante siano state già registrate quest'estate, come tutte le altre, a Firenze: sono distribuite dalla Melampo, la casa di produzione della famiglia Benigni. Dunque, o troveranno uno spazio nel palinsesto della Rai, oppure il manager dell'attore Lucio Presta potrebbe rivolgersi ad altre aziende. È intuibile però che solo il servizio pubblico potrebbe accollarsi l'onere: in cambio ovviamente di seratone da showman.

Comunque, se, dopo quella di Crozza, anche l'operazione Benigni, come è altamente probabile, non andrà in porto, il primo canale si troverà sguarnito di due dei punti chiave della programmazione 2013-2014. È non è una situazione semplice, nonostante allo stato attuale la rete guidata da Giancarlo Leone sia ancora leader negli ascolti. Peccato, però, che le casse siano esangui. E siano rimasti pochi soldi per pagare i cachet dei grandi volti.


2. LA POLEMICA BRUNETTA-FAZIO, LA RAI E GLI STIPENDI - DENUNCE GIUSTE E MORALISMI SBAGLIATI
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

Fino all'altro ieri, Fabio Fazio era l'uomo più corteggiato d'Italia: case editrici, case discografiche, case cinematografiche, politici, chiunque avesse qualcosa da promuovere sul mercato avrebbe fatto carte false per entrare in quel salotto. Adesso è diventato la vittima sacrificale. Per di più, non uno dei suoi famosi invitati è intervenuto in sua difesa.

L'on. prof. Renato Brunetta, invitato a «Che tempo che fa», si è divertito a sfregiare il galateo di quella trasmissione. Come ha scritto il Foglio , «Là, dove tutti mozartianamente si danno la mano, si danno di gomito, si baciano/abbracciano/complimentano, cenacolo e ritrovo e tavernetta casalinga dei mejo italiani, in tre inauditi minuti Renato Brunetta ha messo i piedi sul tavolo, il dito nell'occhio, le mani nel piatto. Insopportabile. Implacabile. Imperdibile».

L'on. prof. Brunetta, membro della Commissione di vigilanza Rai, ha pubblicamente rivelato i guadagni del conduttore e ha messo in discussione le modalità del rinnovo del suo contratto.

Senza fare il tifo né per l'uno né per l'altro, proviamo a ragionare su quanto è successo. Sui milioni che Fazio guadagna si è subito aperto il fuoco amico e nemico: Grillo, il solito Codacons, parte del «popolo del Web». I soldi sono tanti, ma, senza infingimenti e moralismi, la cosa più importante è che quei soldi siano un buon investimento. Se Fazio, con i suoi programmi, riesce ad avere un ritorno pubblicitario proficuo significa che quei soldi sono ben spesi. A Mediaset, a Sky, a La 7 fanno così.

Si dirà, ma la Rai è servizio pubblico. Veramente, come abbiamo scritto più volte, la Rai ha perso da tempo la sua identità ed è diventata una tv fra le tante. L'accesso al bene pubblico radiotelevisivo è ormai alla portata di tutti, la pluralità delle istanze politiche, sociali e culturali è assicurata dalla varietà e molteplicità dei canali, dei media, delle fonti. Ma c'è ancora una canone da pagare e bisogna tenerne conto.

La Rai, in estrema sintesi, ha una doppia natura giuridica: è pubblica in quanto è partecipata dal ministero dell'Economia e delle finanze (99,56%) e il suo contratto di servizio è stipulato con il ministero dello Sviluppo economico; è privata in quanto è una spa. Nella sua storia, la Rai ha sempre giocato su questa duplice identità. Alla fine, però, chi è il vero editore di Viale Mazzini? Sono i partiti politici attraverso quel fenomeno triste e umiliante che si chiama lottizzazione (un condominio consociativo a cui partecipano tutti i partiti, con quote maggiori o minori; e lo chiamano pluralismo).

Teoricamente quindi se la Rai, come spesso viene dipinta, è un luogo dove si assumono, in mezzo a tanti bravi professionisti, anche parenti, amici, amici degli amici, fidanzate, fidanzati, amanti, incapaci la colpa dovrebbe ricadere sul vero editore. In questa prospettiva, anche la Commissione di vigilanza andrebbe intesa come un istituto che umilia le responsabilità dei dirigenti di Viale Mazzini e che serve solo a sancire il controllo dei partiti sulla Rai: una vera vergogna. È ridicolo poi che la presidenza sia in mano ai grillini: invece di abolirla la cavalcano.

Se c'è da calmierare i compensi, la battaglia è più che giusta. Se c'è da promuovere una campagna di «pulizia etnica» per restituire verginità a Viale Mazzini bisognerebbe cominciare a denunciare tutte quelle persone che occupano indegnamente un posto, dirigenti compresi, tutti quei conduttori che sono stati messi lì grazie a una raccomandazione e fanno flop, tutti i «fornitori» che profittano di un intervento dall'alto. Ho più volte criticato «Che tempo che fa» ma dovessi stabilire un ordine nell'epurazione non mi sentirei certo di considerare la trasmissione una priorità.

C'è poi la questione della trasparenza, prevista dal contratto di servizio tra ministero e Rai. Certo, ma in questo modo la Rai dovrebbe vivere solo di canone. Nel momento in cui si mette sul mercato, e la Rai è sul mercato, invocare la trasparenza sui contratti delle cosiddette star o dei conduttori di primo piano significa solo fare un favore alla concorrenza. E ogni intervento per sbandierare i compensi può apparire strumentale.

Per affrontare questi temi sarebbe meglio tralasciare ogni ipocrisia, ogni risentimento, ogni spirito di vendetta e affrontarli nelle sedi opportune. I rancori fanno spettacolo, ma difficilmente risolvono i problemi.


3. CONSIGLIERI CDA, CHI LA DIFENDE DA ATTACCHI GRATUITI?
(ANSA) - "Siamo sconcertati dalla passivita' di Rai di fronte all'ingiustificato atteggiamento di Renato Brunetta nei confronti di Fabio Fazio", passivita' "mantenuta nonostante i ripetuti solleciti ad emettere una nota ufficiale". Lo dicono i consiglieri Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, che si chiedono "chi difende la Rai da attacchi gratuiti?

"Siamo sconcertati dalla passivita' di Rai di fronte all'ingiustificato atteggiamento di Renato Brunetta nei confronti di Fabio Fazio nella trasmissione "Che tempo che fa" del 13 ottobre, passivita' mantenuta nonostante i ripetuti solleciti ad emettere una nota ufficiale. Il silenzio della dirigenza ci obbliga a un intervento, che avremmo volentieri evitato, per ristabilire la correttezza su alcuni fatti", scrivono in una nota congiunta Tobagi e Colombo. I due consiglieri ribattono all'ex ministro che Fazio ha detto il vero quando ha affermato che il suo programma si ripaga con la pubblicita' e "anzi, "Che tempo che fa" addirittura guadagna - come ha sottolineato ieri anche la collega Todini". Sulla pubblicazione dei compensi, Tobagi e Gherardo precisano che "in verita' non esiste un obbligo dell'azienda a tale pubblicazione.

La legge (decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33) obbliga le amministrazioni pubbliche, per trasparenza, a fornire dettagli anche sulle cifre dei compensi di dirigenti e collaboratori. Ma, secondo due ordinanze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanze n. 28329 e 28330 del 22 dicembre 2011), Rai non e' "in alcun modo annoverabile tra le pubbliche amministrazioni", come definite ai sensi di altre norme". La Rai, ricordano, e' un "ibrido: societa' per azioni di diritto privato che agisce commercialmente in un mercato concorrenziale, pero' ad azionariato completamente pubblico. Il problema andrebbe affrontato nelle sedi opportune, certo. Ma intanto l'obbligo di pubblicare tutti i compensi non sussiste".

E in proposito, i due membri del cda, sottolineano come la divulgazione di dati, "peraltro non verificati, abbia causato la rottura della trattativa con un noto artista", facendo riferimento al contratto con Maurizio Crozza. "I compensi sono dati sensibili la cui divulgazione puo' alterare pesantemente la concorrenza nel settore radiotelevisivo, gia' gravato dalla cappa del conflitto d'interessi, e danneggiare la Rai (quindi anche e soprattutto i contribuenti che pagano il canone).

Solo incidentalmente notiamo che il tema della tutela della libera concorrenza dovrebbe essere tenuto particolarmente presente dal capogruppo del partito capeggiato dal maggiore azionista del principale concorrente della Rai". Infine sulle polemiche relative alle produzioni esterne, "possiamo affermare che, con il piano industriale, Rai ha intrapreso un percorso per la massima valorizzazione e razionalizzazione delle risorse interne. Il percorso richiede tempo e fatica, e gli attacchi gratuiti non aiutano a farlo procedere".

4. GASPARRI: RAI, MILIONI PER ESTERNI E SI CANCELLA PROGRAMMA BEHA
(TMNews) - "Mentre i vertici Rai continuano a pagare 'one man show' con ingaggi milionari dalle cifre esorbitanti e non risparmiano sulle consulenze esterne, nessuna risposta seria giunge sui motivi che hanno spinto a chiudere la trasmissione 'Brontolo' condotta da Oliviero Beha. Ho già presentato in Commissione di vigilanza un'interrogazione in merito. Ma adesso, anche alla luce del dibattito in corso sulla trasparenza dei compensi nel servizio pubblico, sollevo pubblicamente la questione". Lo dichiara il senatore del Pdl Maurizio Gasparri, componente della Commissione di Vigilanza e vice presidente del Senato.

"Beha, noto giornalista Rai, dalle opinioni notoriamente diverse dalle mie - afferma Gasparri - ha sempre condotto i suoi programmi con professionalità, ottenendo peraltro validi risultati in termini di ascolti. Non si capisce perché la sua trasmissione sia stata del tutto cancellata dal palinsesto, né altro gli sia stato proposto, avendo tra l'altro lo stesso Beha manifestato l'intenzione di non avvalersi di alcuno 'scivolo' ma di rimanere a lavoro. Sembra assurdo che la Rai spenda fior di milioni per professionisti esterni con i soldi dei cittadini e cancelli figure interne all'azienda non meno competenti e stimate. In discussione non c'è solo un'evidente questione economica, ma anche l'idea del tutto sbagliata del servizio pubblico".

 

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