gian arturo ferrari

“MANTENGO GUSTI UN PO’ SNOB” – PARLA GIAN ARTURO FERRARI, GRAN VISIR DELL’EDITORIA ITALIANA: “BERLUSCONI NON SI INTROMETTEVA NELLE SCELTE, AGNELLI QUALCHE VOLTA SÌ, MA PER LUI I LIBRI ERANO UNA SECCATURA – FENOGLIO? UNO DEI PIU’ GRANDI SCRITTORI ITALIANI – UMBERTO ECO? UN BRAVO PROFESSORE CHE SI E’ MESSO A SCRIVERE – PENNACCHI HA CREATO UNA NUOVA LINGUA – IL SUCCESSO DI ‘GOMORRA’? SI DEVE ALLA STRAGE DI DUISBURG - LESSI IL ‘CODICE DA VINCI’ E RABBRIVIDII: AVEVO ALTRI GUSTI. MA POI PAGAI UNA CIFRA INSENSATA PER AVERLO QUANDO NEGLI USA DIVENNE UN SUCCESSO ENORME…”

Estratto dell’articolo di Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera”

 

gian arturo ferrari

[…] Gian Arturo Ferrari, una delle anime più vive dell’editoria italiana, entra nell’ottantesimo anno con un nuovo libro (La storia se ne frega dell’onore , giallo storico che Marsilio pubblica il 9 aprile) […]

 

[…] alla guida di Mondadori, pagò «Il Codice da Vinci»?

«Ah, bè, anche quella era una cifra insensata».

 

Lei, però, inizialmente aveva rifiutato il libro.

«Sì, mi ero sbagliato. Lo propose Stefano Magagnoli, io dissi di no con veemenza. Poi il libro uscì negli Stati Uniti e fu un successo enorme. Decidemmo di rilanciare e di andare fino in fondo all’asta. Aggiudicato. Il punto fu che quell’estate, in vacanza, lo lessi in anteprima e rabbrividii: “Oddio, che cosa abbiamo fatto”, dissi a me stesso».

 

gian arturo Ferrari

Abbastanza tremendo.

«Non commento».

 

Però il romanzo divenne un best seller.

«Io avevo e ho altri gusti, specie nella narrativa di genere. Leggo Le Carré, per dire, autore che ho anche conosciuto bene. Forse non me ne rendo conto, ma anche nella letteratura di intrattenimento, che ho sempre difeso, mantengo gusti un po’ snob».

BERLUSCONI AGNELLI

 

[…] Riassumendo il suo percorso, possiamo dire Mondadori-Boringhieri-Mondadori-Rizzoli-Mondadori?

«Più o meno, direi che Mondadori è stata la mia casa. Ricordo con affetto Leonardo, uomo che avrebbe meritato di essere valorizzato di più».

 

Lei ha lavorato sia sotto Berlusconi che sotto gli Agnelli. Chi si intrometteva di più nelle scelte editoriali?

«Berlusconi non lo ha mai fatto, Agnelli qualche volta sì. Per l’Avvocato però i libri erano una colta seccatura, a lui importavano i giornali, anzi, un solo giornale (il Corriere, ndr). Marella Agnelli era molto più interessata».

 

SALMAN RUSHDIE

Ma quando arrivò Berlusconi, sembrò che da Segrate la metà degli intellettuali fosse pronta a fuggire.

«A parole. Poi però rimasero. Secondo me ci furono due perdite importanti, Sandro Veronesi e Walter Veltroni».

 

In Italia la capitale dell’editoria non è stata Roma, ma Milano. A differenza di Parigi o Londra. Come mai?

«Perché Milano ha un’anima commerciale che in questo ambito è indispensabile. E non ha mai risposto a un potere centrale, mai a una corte. Questo ha permesso agli editori di parlare di flussi di cassa, di compensi e di ricavi con la naturalezza necessaria».

GIAN ARTURO FERRARI

 

Nel 1989, con la traduzione di Ettore Capriolo, Mondadori pubblica «I versi satanici» di Salman Rushdie. Arriva la fatwa dell’ayatollah Khomeini e tanti editori ritirano il romanzo. Lei no.

«Fu una scelta di principio: a me delle questioni islamiche non importava, ma mi importava la libertà di espressione. Non tollero che uno scrittore venga censurato, così andai direttamente dal capo, che allora era Carlo De Benedetti. Sarò sincero: più che sui motivi etici, feci leva su quelli economici: sapevo che il libro sarebbe diventato un best seller».

 

Così fu.

«Non solo. Grazie a quella operazione ci potemmo permettere di acquisire le opere di Italo Calvino».

italo calvino 9

 

Com’era Calvino?

«Affabile».

 

E Manganelli?

«Guardingo e generoso allo stesso tempo. A Roma voleva andare a mangiare sempre nello stesso posto, uno scantinato umido nel quale si aggirava sospettoso, come tastando tagliole immaginarie».

 

[…] Chi butterebbe giù, Pavese o Fenoglio?

«Pavese. Fenoglio è stato uno dei più grandi scrittori italiani mai esistiti».

 

gian arturo ferrari

Natalia Ginzburg o Lalla Romano?

«Romano. A me certi passaggi di Lessico famigliare fanno ridere ancora oggi».

 

Eco o Arbasino?

«Eco. Arbasino è stato un grandissimo narratore, Eco era un bravo professore che a un certo punto si è messo a scrivere».

 

Sandro Veronesi o Antonio Pennacchi?

«Preferisco Pennacchi».

 

Perché?

«Perché lui era veneto dentro, eppure incarnando un personaggio del centro Italia, ha trasfigurato la sua identità creando una lingua nuova».

 

[…] Che cosa la colpì di «Gomorra», di Roberto Saviano?

antonio pennacchi

«Il fatto che fosse epica pura. Quei ragazzini votati alla morte, quei personaggi: chi ne dà una lettura sociologica secondo me è fuori strada. Però se Gomorra divenne un best seller, a parte il merito del libro e dell’autore, fu grazie alla strage di Duisburg: il libro divenne popolarissimo in Germania e poi anche in Italia e nel resto del mondo».

 

Non tutti ricordano, tra i suoi grandi successi, le opere di Enzo Biagi.

«All’inizio in Mondadori si riteneva intimamente disprezzabile lo scrittore che vendeva tanto. Io ho sempre combattuto questa visione, ma la cosa più difficile è mantenere un equilibrio tra rispetto delle regole di mercato, necessarie, e libertà di giudizio. Quando si perde questo equilibrio si rischia di commettere errori fatali».

beppe fenoglio

 

Cioè Vittorini che disprezzava «Il Gattopardo»?

roberto saviano 4

«Mentre Giorgio Bassani, che lo aveva proposto, è stato a lungo emarginato dalle avanguardie, definito “la Liala della letteratura”. Sa che Bassani, per me, è stato uno dei maggiori scrittori italiani? Ancora oggi rileggo le sue Cinque storie ferraresi. Confesso che oggi preferisco rileggere cose che ho amato invece di lanciarmi in scoperte che potrebbero deludermi». […]

Gian Arturo Ferrari

 

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