TOTO’-TRUFFA 2013: UN PRODUTTORE INCASSA DA ANNI I DIRITTI DE “LA DOLCE VITA” CON UN CONTRATTO FANTASMA

Mario Gerevini per "Il Corriere della Sera"

Alfredo Leone contro Paramount. Oggetto: i diritti di sfruttamento economico di uno dei più grandi film di tutti i tempi. La pellicola è «La dolce vita» (1960) di Federico Fellini. La vicenda è riemersa sorprendentemente pochi giorni fa: un annuncio sulla Gazzetta Ufficiale sembra azzerare, o aggirare, le certezze giudiziarie raggiunte negli Usa. O forse è l'ennesimo bluff.

L'annuncio a pagamento sulla Gazzetta è del 21 settembre 2013, annegato tra gli avvisi delle case farmaceutiche e dei notai. Titolo: «International Media Films inc. - Esercizio diritti d'autore». La firma è dell'amministratore Alfredo Leone. «La società con sede a New York - è scritto - quale proprietaria e titolare dei diritti di utilizzazione e sfruttamento economico... per tutto il mondo con esclusione dell'Italia e in perpetuo, comunica che intende avvalersi della facoltà di continuare» a esercitare i «diritti esclusivi ad essa spettanti sui seguenti films...».

Nell'elenco 9 pellicole tra cui «Sciuscià» di Vittorio De Sica, «Roma città aperta» e «Germania anno zero» di Roberto Rossellini, «Ossessione» e «La terra trema» di Luchino Visconti. E poi «La dolce Vita». Il senso è: «Noi siamo i proprietari dei diritti mondiali, noi incassiamo i soldi».

Alfredo Leone, uomo di cinema e spettacolo, è noto soprattutto per l'impulso dato alla riscoperta di Mario Bava, un regista anni 60-70, con cui collaborò, e che è considerato il maestro del cinema horror italiano. Con la International Media Films (Imf) Leone qualche anno fa fece causa al produttore di film porno-gay Michael Lucas per due pellicole intitolate «La dolce vita» parte 1 e parte 2. Un autogol. Il giudice di New York, John G. Koeltl nel 2010 ha infatti archiviato il procedimento perché Imf non è stata in grado di dimostrare di avere effettivamente la titolarità dei diritti sul film di Fellini. E a quanto risulta anche il Copyright Office degli Stati Uniti non ne sa nulla.

A quel punto è partita in California l'«aggressione» legale della Paramount Pictures a Leone. Il gigante Usa del cinema riteneva di essere l'unico titolare del copyright. Il giudice federale James Otero si è pronunciato tre mesi fa affermando perentorio che la Imf «non possiede e in nessun momento ha posseduto i diritti d'autore statunitensi del film».

Dunque per anni Imf avrebbe fatto cassa indisturbata (40-50 mila copie vendute ogni anno solo di dvd, più tutti gli altri introiti). Ma su quali basi? Le carte processuali e altre fonti documentali tracciano un'incredibile giostra. Cinquantuno anni fa Riama Film, il produttore principale della «Dolce vita», cedette il copyright per il mondo (esclusa l'Italia che passò a Cineriz e poi a Silvio Berlusconi) alla svizzera Cinemat.

Pochi mesi dopo, siamo al 25 luglio 1962, la Cinemat vende il pacchetto per 1,5 milioni di dollari all'americana Astor Pictures. La transazione rimarrà segreta per anni. Astor finirà poi in bancarotta, i diritti passeranno per innumerevoli mani approdando infine alla Paramount. Non è un percorso lineare, è molto accidentato ma ritenuto credibile dalla corte californiana.

L'origine dei presunti diritti di Imf parte sempre dalla svizzera Cinemat che il 9 dicembre 1980 vende alla holding Hora del Liechtenstein. Dunque lo snodo è Cinemat che da una parte (1962) avrebbe venduto alla Astor i diritti poi finiti in pancia alla corporation californiana; dall'altra, con diciotto anni di «buco» (1980) avrebbe venduto alla Hor del Liechtenstein quegli stessi diritti approdati nel 2001 alla Imf (2001). Qualcuno ha bluffato.

A New York, tra gli atti giudiziari depositati, sono rintracciabili alcune consulenze tecniche dettagliatissime tra cui quella di un avvocato milanese, Luciano Daffarra, specialista nel diritto d'autore. I dubbi principali si sono incentrati sull'anello debole della catena: l'accordo in Liechtenstein (1980) tra Cinemat e Hor.

Leone non è mai stato in grado di produrre l'atto originale ma solo una copia autenticata. La svolta clamorosa è arrivata quando il capo del registro pubblico del Granducato, Bernd Hammermann, ha analizzato la copia autenticata esprimendo forti dubbi perché utilizza l'abbreviazione «dec 1980» anziché il tedesco «dez» e inoltre la firma è di un dipendente assunto dopo il dicembre 1980.

Leone imperterrito si è presentato sabato 21 settembre sulla Gazzetta Ufficiale rivendicando ciò che due giudici Usa gli hanno negato. «La Dolce Vita è mia», ribadisce e così anche altri memorabili film di Rossellini, Visconti, De Sica. Stessa dubbia origine? Il Corriere ha più volte cercato il produttore per telefono e mail senza mai ottenere risposta.

 

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