NEL NOME DI MONTI, TI RIPOSIZIONE-RAI! - TUTTI RINNEGANO, TUTTI GIURANO, TUTTI SPERGIURANO. ADDIO INCIUCI CON PAOLO ROMANI, LADY LEI, BENEDETTA IN VATICANO, SI GETTA TRA LE BRACCIA DI PIERFURBY - MA CONVINCERE FULL MONTI E PASSERA NON SARÀ FACILE (VISTO IL TRATTAMENTO RISERVATO ALL’AMICO CAPPON) - MINZO ULTIMO GIAPPONESE TIENE DURO, MA C’È IL PATTO DELLA DG CON GARIMBA: APPENA ARRIVA IL RINVIO A GIUDIZIO, UN CALCIO IO E UN CALCIO TU, MANDIAMO FUORI L'AUGUSTO DIRETTORE…

Carlo Tecce per "il Fatto quotidiano"

Il segnale proviene dai bagni maschili di Saxa Rubra. Il 9 novembre tirano raffiche di vento sul Cavaliere, i voltagabbana Rai fermano le ultime (e deboli) resistenze. Il Tg1 convoca Pier Ferdinando Casini, centro di gravità per il Quirinale, per 4 minuti tondi tondi in diretta. Il capo Udc rimprovera Minzolini fra i lavandini e i cessi di redazione: "Direttore, sbagli. Non puoi fare l'editoriale stasera. Hai capito? Fai quel cazzo che vuoi". L'accento bolognese è inconfondibile, anche lievemente furioso, ma il fedelissimo Augusto dedica il monologo a Berlusconi.

In viale Mazzini c'è confusione, impacciati cambi di ruolo e di posizioni. Il governo tecnico di Mario Monti crea traffico di ferragosto: tutti rinnegano, tutti giurano, tutti spergiurano. Addio riunioni e caminetti con l'ex ministro Paolo Romani (Sviluppo Economico), il dg Lorenza Lei, benedetta in Vaticano, cerca disperatamente appigli. Un po' a destra, un po' a sinistra, ovunque. Manca soltanto un annuncio su Portaportese. Colpo di genio: il direttore generale si ricorda di un vecchio amico. Quelli che chiami per l'emergenza. Non bastano un paio di appuntamenti con Lorenzo Cesa, segretario Udc, per riallacciare i rapporti ormai distrutti con Casini.

Era granitica e trionfante in quei giorni di nomina condivisa: "Io nuovo direttore generale, mai in politica, mai Udc". Il mandato di Lorenza Lei scade il 28 marzo prossimo assieme al Consiglio di amministrazione, già disperso fra ambizioni politiche e conferme senili. Antonio Verro, ex deputato di Forza Italia e amico di famiglia di B, inspira le riforme di Monti, e poi espira: "Io non tradisco il Cavaliere. Io non torno a Montecitorio. Io vorrei restare tre anni qui, così andrò in pensione più tardi...". E invece Lorenza Lei dovrà convincere il governo Monti, e soprattutto il ministro di riferimento, Corrado Passera. Grossi guai.

Speriamo che Claudio Cappon, ex direttore generale Rai attualmente parcheggiato a Rai World, sia di poche parole con l'amico Passera. Non sia mai Cappon confidi a Passera i trattamenti di riguardo firmati Lorenza Lei: lunghe anticamere, telefonate respinte, proposte bocciate. E non sia mai che Mario Marazziti, portavoce di Sant'Egidio, racconti al fondatore e ministro Andrea Riccardi l'interim a Marco Simeon per Rai Vaticano; nonostante Marazziti sia il più esperto dirigente di viale Mazzini per la Chiesa. Non resta che Casini, anzi: non resta che piangere. Adesso che tornano i moderati come il caschetto di Caterina Caselli, i cacicchi Rai si truccano per un profilo istituzionale: che vuol dire tutto, che può dire niente. Ma che significa: arrivederci Augusto Minzolini.

Il presidente Paolo Garimberti ha stretto un patto con Lorenza Lei: inchiesta carta di credito aziendale, se arriva il rinvio a giudizio per il direttorissimo, l'udienza è prevista il 6 dicembre, un calcio io e un calcio tu, cioè un calcione collettivo, mandiamo fuori l'ex Squalo. Minzolini finge sicurezza: "Ancora con i miei viaggi, le mie note spese: basta! Il mio destino in Rai va oltre le questioni giudiziarie. Forse ho commesso un errore". Silenzio. Errore? "Sì. Ho presentato le ricevute senza specificare chi mangiava con me. Sa perché?". Vacanze? "No, erano mie fonti. Non posso svelare fonti riservate".

Un giorno Minzolini disse: "Quando Berlusconi lascia palazzo Chigi, io vado via". E adesso, direttore? "Sono ancora qui. Non mi preoccupa sapere per quanto tempo. Il mio era un discorso profondo: è chiaro che le maggioranze in Parlamento influiscono sul servizio pubblico". Lei, però, nei secoli fedele? "Non mi riposiziono. Dice che il Tg1 sembra pluralista?". Avete mandato un minuto del commiato di Berlusconi, il discorso registrato a palazzo Chigi: "No, erano due minuti. Forse ha ragione, potevamo fare di più". L'episodio descrive bene le identità smarrite al Tg1. Domenica scorsa, battuto e sbattuto, il Cavaliere registra un video.

Al giornalista Mario Prignano, che bastonava i giornali con la rubrica Media, spetta l'ingrato compito di tagliare il verbo berlusconiano. Più realista del re, Prignano tosa il discorso di Berlusconi, e Minzolini s'incazza di brutto. Per rimediare, il direttorissimo ordina ai colleghi di Speciale Tg1 di fare uno sforzo: male, malissimo, Monica Maggioni manda il servizio sui titoli di coda, quando il pubblico notturno di Gigi Marzullo è ormai crollato sul letto. Francesco Rutelli, a distanza di tre anni, ritrova un'inviata del telegiornale: "Ti hanno scongelato?".

Al Tg1 passano Di Pietro che sotterra il Cavaliere e il pm Ingroia che elogia le intercettazioni: sacrilegio. Oppure coincidenze, dice Antonio Di Bella (Rai3): "Ho chiesto e ottenuto l'Annunziata ogni sera. Impossibile un anno fa".

Corradino Mineo (Rainews) si sfoga: "Il Consiglio ha nominato sotto dettatura di Marina Berlusconi". E il Cda di centrodestra, a guida Mauro Masi, che sputò sui 350 milioni di Sky, spinge la Lei nell'angolo: "Riprendiamo i contatti con il gruppo di Murdoch". Il debito fa paura, la disoccupazione ancora di più.

 

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