gomorra salvatore esposito

ASPETTANDO "GOMORRA 4" - SALVATORE ESPOSITO: “I PROTAGONISTI DELLA SERIE, UNO DOPO L'ALTRO, MUOIONO E SI UCCIDONO TRA LORO. QUALE RAGAZZINO PUÒ PENSARE DI IMITARLI? - IL MIO PERSONAGGIO, GENNY SAVASTANO, L'HO COSTRUITA SOLO PERCHÉ SONO CRESCIUTO IN POSTI DOV'È NORMALE ASSISTERE ALLA VITA DEI BOSS E DEI LORO FIGLI. OSSERVAVO COME SI COMPORTAVANO, LA LORO VOLONTÀ DI OSTENTAZIONE, LE REAZIONI DELLE PERSONE AL LORO MANIFESTARSI. SE NON HAI MAI VISTO GLI OCCHI DI UN BOSS, NON NE PUOI IMPROVVISARE LO SGUARDO…”

Stefano Pistolini per “il Venerdì di Repubblica”

 

salvatore esposito

Di Salvatore Esposito colpisce la determinazione: è giovane (33 anni), ha già raggiunto risultati invidiabili come protagonista della serie più amata dagli italiani, Gomorra (il 29 marzo la quarta stagione della serie originale Sky prodotta da Cattleya, debutta su Sky Atlantic ed è disponibile su Sky On demand e su Now TV), ma ragiona come uno in missione nel nome di una causa. Le sue cause si chiamano «far bene il proprio mestiere», e «onorare le opportunità accordategli».

 

Per questo le sue parole e i suoi punti di vista suonano umili ma decisi, la sua conversazione è attenta, il suo desiderio è di apparire libero da condizionamenti, ma consapevole d'avere a portata di mano il mondo, se saprà meritarselo.

 

Non è poco per il florido ragazzone diventato quella carogna di Genny Savastano per milioni di telespettatori. Che ha tante altre idee per la testa, con la modestia che era degli attori del nostro vecchio cinema, ma anche la naturalezza di un utente nativo dei social. E soprattutto con l' orgoglio di chi ha capito di saper piacere, ma non molla la presa fatta di volontà e di impegno, che adesso l'ha fatto arrivare fin qua, e domani chissà dove.

salvatore esposito (3)

 

Esposito, chi è per lei Roberto Saviano?

«L'ho conosciuto a New York, quando sono andato a presentare il mio libro Non volevo essere un boss. Io credo che dovrebbero esserci più persone come Saviano, al di là di ciò che si pensa dei suoi lavori. È un uomo che ha sacrificato la propria vita personale per donarla a un bene più grande: la verità. Credo che Roberto incarni la parte positiva dell'Italia, quella che andrebbe protetta. È grazie a gente come lui, che s'indebolisce il male».

 

Il film tratto da La paranza dei bambini di Saviano rappresenta i monelli del rione Sanità che conquistano la piazza dello spaccio con uno sguardo carico di romanticismo. Basti l'ultima sequenza, in cui sfilano a cavallo dei motorini rombanti. Un equivoco pericoloso?

salvatore esposito e marco damore

«Prima di rispondere voglio dire una cosa sull' autolesionismo italiano, che ci rovina. La Paranza ha vinto l'Orso d' Argento a Berlino per la migliore sceneggiatura. Non capita spesso. Eppure non se n'è parlato tanto. Nessuno ha festeggiato. Non una riga, chessò, dal ministero dei Beni e attività culturali. Lo trovo ingiusto. Quanto al discorso sulla "pericolosità" di mostrare l'umanità dei personaggi, come del resto accade in Gomorra, non si trasformano in eroi. Significa raccontare come vivono queste persone, ragazzini o adulti, che sono attorno a noi.

 

Giovanni Falcone una volta confessò: "Parlando di mafiosi, vi dico un segreto: alcuni sono perfino simpatici". Queste saghe che arrivano in tv o al cinema raccontano che questi personaggi sono umani. Ma sono dei perdenti. I protagonisti di Gomorra, uno dopo l'altro, muoiono e si uccidono tra loro. Quale destino peggiore? Quale ragazzino può seriamente pensare di imitarli?».

salvatore esposito (2)

 

Ne è sicuro?

«Fermamente. Parto da un principio: ai giovani non servono le nostre serie per sapere cosa succede attorno a loro, nelle strade dove crescono. Non esistono adolescenti che guardano Gomorra e corrono a procurarsi una pistola. È comodo risolverla cosi. Il vero problema è alla base del discorso: i valori si vanno indebolendo. Parlo delle famiglie, delle istituzioni, dell' educazione. La radice è la famiglia: il resto sono foglie che volano. E un ragazzo, per non cadere nelle mani del male, deve avere radici forti».

 

Lei in che tipo di famiglia è cresciuto?

salvatore esposito maria pia calzone fortunato cerlino

«Sono venuto su nella periferia nord di Napoli, in un paesino chiamato Mugnano, a due passi da Scampia e da altri posti tristemente noti. Una famiglia normale: mio padre barbiere e mia madre casalinga. Sono cresciuto per strada, ho visto tante cose, ho capito che esistevano. Ho avuto amici che hanno fatto scelte diverse. Ma nella mia famiglia me l'hanno spiegato in modo chiaro: se fai quelle scelte, le conseguenze saranno questa e questa: decidi tu. Ho avuto la fortuna di godere di una tutela. Altrimenti, nei quartieri popolari un ragazzino che viene su senza richiami precisi, la prima mano che troverà non sarà quella dello Stato. Ma quella della delinquenza».

 

Torniamo a Gomorra: tante serie hanno successo, ma poche hanno raggiunto una simile permanenza nell' immaginario degli italiani.

«Gomorra fa riflettere, apre il confronto tra i punti di vista degli spettatori. All'inizio si pensava che il suo segreto fosse la totale appartenenza alla sfera del male: raccontava una storia senza buoni e dove i protagonisti andavano incontro a destini fatali. Poi è emerso il valore di Gomorra come metafora del reale. Prendi Genny, il mio personaggio: perché è diventato ciò che vediamo?

gomorra la serie salvatore esposito e marco d'amore

 

È vittima o carnefice? La sua malvagità era dentro di lui, gli è stata trasmessa, o è stata la sua maniera di salvarsi? Perché tradisce l'amico e fa uccidere il padre? Sono gli stessi interrogativi che popolano la tragedia greca o Shakespeare. Rifuggendo la banalità, Gomorra spinge il pubblico a pensare. E provoca affetto: vorrei avere una GoPro sulla spalla, quando giriamo a Napoli. Ci farei un film con quel backstage, per mostrare l' amore che ci circonda, a dispetto del fatto che il set sia un carrozzone impressionante, con tre o quattrocento persone che ci lavorano».

gomorra la serie salvatore esposito alias genny savastano

 

Gomorra dunque è uno scenario contemporaneo, nel quale ci si può rispecchiare, ad averne il coraggio. Rappresenta il Paese oggi, sia pure negli aspetti deteriori.

«Il pubblico italiano è stato abituato a una televisione di maniera. La sera è preferibile ricevere una carezza che uno schiaffo. Gomorra invece è uno schiaffo che ti sbatte in faccia la versione del nostro Paese nel quale lo Stato è assente, dove i politici arrivano solo per raccattare voti. Lo capisco che non sia facile parlare di Gomorra: tocca tanti nervi scoperti...».

 

Ma il micromondo di Gomorra come si sta evolvendo dopo cinque anni dalla prima serie?

«Progressivamente Gomorra è uscita da Scampia e si è delocalizzata, assumendo prima una dimensione cittadina, poi nazionale, infine internazionale. Ma è anche vero che il libro, il film e poi la serie hanno acceso i riflettori su questi luoghi difficili e ne hanno favorito la bonifica.

gomorra la serie salvatore esposito

 

Adesso a Scampia o a Secondigliano abita tanta gente perbene, che respinge il luogo comune della delinquenza. Ho sempre in mente la frase di Martin Luther King Jr. : "Nascondere il male equivale a esserne complice". Allora il velo d'omertà va tolto: sostenere che progetti come Gomorra non debbano esistere perché mostrano qualcosa che poi in effetti esiste intorno a noi, è il più pericoloso livello di censura che ci possa essere».

 

Genny è progressivamente diventato il protagonista assoluto della serie. Come convive con l' irresistibile ascesa del personaggio?

gomorra

«Fare Genny è stata la mia prima grande esperienza professionale e ho avuto la fortuna di poter "rubare" tanti segreti alle persone con cui ho lavorato. Ma il linguaggio del corpo, la sua fisicità, l'ho costruita solo perché sono cresciuto in posti dov'è normale assistere alla vita dei boss e dei figli dei boss. Osservavo come si comportavano, la loro volontà di ostentazione, assistevo alle reazioni delle persone al loro manifestarsi.

 

GOMORRA SALVATORE ESPOSITO

Se non hai mai visto gli occhi di un boss, non ne puoi improvvisare lo sguardo. La parabola di Genny va dall' essere una persona normale, a diventare un demone. È l'esempio di come un' anima venga modificata da ciò che lo circonda. Credo sia il segreto del nostro successo: Gomorra racconta il male dal punto di vista del male».

 

E lei, Salvatore, la sente l'ombra di Genny?

«Come ci entro, così ne esco. Ci vuole un mese prima e un mese dopo il set. Genny è un personaggio complesso e sono onorato che mi sia stato affidato. Ma l'evoluzione della mia carriera dipende da me, non da Genny. Intanto giro il mondo e capisco quanto Gomorra e Genny siano entrati nell' immaginario, perfino in Francia o negli Usa. E non posso che essergli grato».

GOMORRA SALVATORE ESPOSITO

 

A proposito di States: pensa a una carriera da quelle parti?

«Sono due anni che faccio su e giù con Los Angeles. Ho un' agenzia e un manager sul posto. Gomorra in America è su Netflix, ma è soprattutto nell' ambiente delle produzioni di Hollywood che la nostra serie è apprezzata come un grande prodotto, dall' approccio innovativo. Per quel che mi riguarda, io ho il gusto per la competizione e non vedo l' ora di misurarmi con impegni di livello assoluto. Senza mai dimenticare che solo sei anni fa sono partito da un paesino fuori Napoli.  E ritrovarmi a parlare con dei vincitori di Oscar lo considero ancora un sogno a occhi aperti».

 

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