(INGHIL)TERRA CRUDELE, STAMPA BASTARDA - IL Più CELEBRE SCRITTORE INGLESE MARTIN AMIS VUOTA IL SACCO SUL SUO TRASFERIMENTO A NEW YORK - “TUTTA COLPA DEI MEDIA CHE PROMUOVONO GLI AUTORI E POI LI ACCUSANO - LE PERSONE FAMOSE DEVONO CONDURRE UNA VITA PRIVATA SPOGLIA DI OGNI COLORE E COMPLICAZIONE - DEVONO ANCHE SCHIZZARE L’AMERICA, VISTA COME IL CENTRO DELL’ARROGANZA E DELLO SFARZO”...

Articolo di Martin Amis per "la Repubblica" - Traduzione di Fabio Galimberti

Una volta, in un reame chiamato Inghilterra, scrivere narrativa era una bislacca e innocente occupazione. Più rispettabile dell'angelologia, certo, e più apprezzata dello studio delle muffe fosforescenti: ma senza alcun dubbio era un'attività che interessava una minoranza degli individui.

Nel 1972 presentai il mio primo romanzo: lo avevo battuto a macchina usando una Olivetti di seconda mano e lo avevo spedito a una casa editrice dal mio ufficio di redattore aggiunto in comproprietà con altri colleghi al Times Litterary Supplement. Fu pubblicato, fu recensito e la cosa finì lì.

Niente feste di lancio, niente tour di presentazione, niente interviste, niente profili, niente servizi fotografici, niente incontri per firmare le copie, niente letture pubbliche, niente tavole rotonde, niente conversazioni dal palco, niente festival letterari, "Woodstock della mente" a Hay on Wye, a Toledo, a Mantova, a Paraty, a Cartagena, a Jaipur, e niente radio e niente televisione. Andò allo stesso modo per il mio secondo romanzo (1975) e per il terzo (1978). Quando uscì il mio quarto romanzo, nel 1981, quasi tutte le attività collaterali erano già in marcia e gli scrittori si trovavano a fare il salto dalla "vanity press" a Vanity Fair.

Che cosa era successo nell'intermezzo? Possiamo dire senza tema di smentita che la causa non è stata un'improvvisa esplosione di entusiasmo, tra la fine dei 70 e l'inizio degli 80, per sfumature psicologiche, similitudini argute e frasi ben cesellate.

Il fenomeno, per come lo vedo oggi, è stato una creazione esclusiva dei mezzi di informazione. Per dirla nuda e cruda, i giornali sono diventati sempre più corposi (prima i supplementi domenicali, poi i supplementi del sabato, poi tutti i supplementi di tutti gli altri giorni) e si sono riempiti di pagine supplementari che non contenevano notizie in più, ma servizi in più.

E gli estensori di tali servizi cominciavano a essere a corto di gente su cui scrivere: iniziavano a scarseggiare attori alcolizzati, reali perdigiorno, comici depressi, rockstar incarcerate, ballerini disertori, registi eremiti, modelle isteriche, marchese indigenti, calciatori picchiatori (di mogli), golfisti adulteri e pugili stupratori. I giornalisti lanciavano la loro rete a strascico sempre più lontano finché - spesso con palese costernazione - non hanno cominciato a scrivere sugli scrittori: sugli scrittori di narrativa.

Questo modesto e forse temporaneo cambiamento di status ha comportato una serie di costi e benefici. Un narratore non è nulla senza un ascoltatore, e i romanzieri hanno cominciato ad avere quello che non potevano non desiderare ardentemente: non più copie vendute, necessariamente, ma più lettori. Ed è stato gratificante scoprire che tante persone sono effettivamente interessate alla creazione di narrativa: per dimostrarlo basta addurre il fatto che ogni più sperduto appezzamento del Primo mondo ospita ormai un allegro e chiassoso festival letterario.

Con la sua interazione fra conscio e inconscio, il romanzo include un processo che nessuno scrittore, e nessun critico, comprende veramente. E nemmeno riescono a capire perché susciti tanta curiosità («Scrive a mano?», «Quanto forte preme sulla carta?»). Purtuttavia, come scrisse una volta J. G. Ballard, lettori e ascoltatori «sono i tuoi supporter, quelli che incitano la tua squadra mono-giocatore». Alleviano la solitudine a cui sei abituato, ti danno coraggio. Fin qui tutto bene: questi sono i benefici. Ora veniamo ai costi, che non credo differiscano dai costi consueti legati all'essere un personaggio in vista.

L'allargamento e l'imbaldanzimento del settore delle comunicazioni di massa ovviamente non è stato confinato al Regno Unito. E la "visibilità", come dicono gli americani, è stata concessa agli scrittori di tutte le democrazie avanzate, con varianti legate alle specificità nazionali. Nel mio Paese la situazione, come sempre, è paradossale. Nonostante l'esistenza di una tradizione letteraria di ineguagliata magnificenza (presieduta dall'unica indiscutibile divinità autoriale del pianeta), gli scrittori sono visti con studiato scetticismo: non dal pubblico, ma da critici ed editorialisti.

A volte sembra di assistere a un peculiare circolo vizioso: se è vero che gli scrittori devono ai media l'ascendente di cui godono, allora i media hanno promosso proprio le persone che più gli danno sui nervi, una folla di pretenziosi - e ormai piuttosto facoltosi - egomaniaci. Quando gli scrittori si lamentano di questa cosa - o di qualsiasi altra cosa, più o meno - li accusano di auto commiserarsi («piagnucolii da star»). Ma l'inespressa doglianza non è autocommiserazione. È ingratitudine.

E non dobbiamo trascurare una profonda peculiarità della narrativa e delle colonne di giornale che della narrativa si occupano: una fortuita consanguineità. Per giudicare una mostra di quadri non serve cavalletto e tavolozza; per giudicare un balletto non serve indossare scarpette e tutù.

E lo stesso vale per le arti scritte: non si fa la recensione di una poesia scrivendo in versi (a meno di non essere dei deficienti) e non si fa la recensione di un'opera teatrale scrivendo un dialogo. I romanzi, però, assumono la forma della narrazione in prosa; e il giornalismo anche. Questa strana affinità in altri lidi non provoca grandi tensioni, ma si adatta meno bene, forse, a certe caratteristiche del quarto potere in versione albionica: voglia di emulare, una sorta di belligeranza costante e un istintivo senso di proprietà.

Le persone famose, nella mia patria, devono avere la massima cura di condurre una vita privata spoglia di ogni colore e complicazione. Devono anche aver cura, se non vogliono correr rischi, di avere a che fare meno possibile con l'America, vista come il quartier generale planetario dell'arroganza e dello sfarzo.

Quando io e mia moglie, che è di New York, abbiamo intrapreso l'epico progetto di cambiare casa trasferendoci da Camden Town, a Londra, a Cobble Hill, a Brooklyn, ho approfittato di ogni occasione pubblica per mettere in chiaro che le ragioni che ci spingevano a fare una cosa del genere erano esclusivamente di natura personale e familiare, e che non avevano nulla a che fare con presunte insoddisfazioni nei confronti dell'Inghilterra o del popolo inglese (che - ho rimarcato sinceramente - ho sempre ammirato per la sua tolleranza, la sua generosità e il suo ingegno).

Sostenuta da numerose citazioni inesatte abbinate a imitazioni satiriche (finte interviste e cose del genere), l'impressione che si è affermata è che me ne andavo per un odio perverso nei confronti della mia terra natale e perché non tolleravo più le frecciate deliberate di giornalisti patriottici.

«Vorrei non essere un inglese»: di tutte le false frasi accostate al mio nome, questa è quella che accolgo con il più profondo sospiro di sfinimento mentale. Un'osservazione del genere - e il suo equivalente in qualsiasi lingua o in qualsiasi alfabeto - è impronunciabile da qualunque persona il cui quoziente intellettivo arrivi alle due cifre.

«Vorrei non essere un nordcoreano» un po' di senso potrebbe averla, presupponendo l'esistenza di un nordcoreano sufficiente bene informato e intrepido da pronunciare simile affermazione. Ma in altri casi e in altri luoghi una dichiarazione del genere è inconcepibilmente nulla. E dire una cosa del genere proprio dell'Inghilterra, del Paese di Dickens, Blake, Milton e Shakespeare, è perfino perverso. Una semplice stravaganza.

L'espressione "eccezionalismo americano" fu coniata nel 1929 niente meno che da Stalin, che l'additava come un'eresia (intendeva dire che l'America, come qualsiasi altro posto, era soggetta alle ferree leggi di Carlo Marx). Se questo concetto tanto sbeffeggiato ancora ha un senso dovremmo applicarlo all'atteggiamento eccezionalmente ospitale degli americani nei confronti degli stranieri (e l'America indubbiamente è stata eccezionalmente ospitale con me e la mia famiglia).

Questa è, per definizione, una società di immigrati, vasta e senza forma, e gli scrittori da sempre non sono malvisti, perché tutti comprendono, a livello subliminale, che danno il loro contribuito a costruire la sua proteiforme immensità. Curiosamente, il "secolo americano" dovrebbe durare un secolo esatto, con l'avvento dello strapotere cinese previsto per il 2045 circa. Il ruolo degli scrittori, per il momento, almeno è abbastanza chiaro: prendere la temperatura dell'America e sentirle il polso, mentre il Nuovo Mondo segue la vecchia madrepatria sulla lunga strada del declino.

 

Martin Amis e famiglia jpegMartin AmisAMIScopertina del libro di amisChristopher Hitchens e Martin Amis

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...