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SANREMO PENOSI - SELVAGGISSIMA: “AL BANO E ROMINA? SEMBRAVANO LETTA E RENZI AL PASSAGGIO DI CONSEGNE: LI VEDEVI E CAPIVI CHE TRENT’ANNI DOPO “FELICITÀ” È ANCORA “LASCIARTI UN BIGLIETTO DENTRO AL CASSETTO” MA CON SU SCRITTO “STRONZA” - “EMMA FUORI POSTO, IL PEGGIORE? SIANI”

Selvaggia Lucarelli per “Libero quotidiano”

 

selvaggia lucarelli 9selvaggia lucarelli 9

Cominciamo col dire che Carlo Conti è un professionista perché pare che se non si inizi un qualsiasi articolo su Sanremo 2015 con questo assioma, arrivi una nota di richiamo dall’ordine dei giornalisti. Per cui sì, tutte le sfere ruotano attorno al sole, energia = mc al quadrato e Carlo Conti è un professionista sono i pilastri della conoscenza.

 

Molto apprezzato, in abbinamento con tale assioma, anche l’utilizzo di aggettivi quali «gran», «puntuale» e, soprattutto, «rassicurante», come se Fazio l’anno scorso invece creasse inquietudine e disturbo nel sonno nello spettatore. Cosa ci sia poi di rassicurante in un uomo che riesce a trovare dentro di sé l’enfasi per annunciare l’esibizione di Lara Fabian come se fosse Rihanna e il coraggio di chiedere un bacio ad Al Bano e Romina senza il timore che Albano gli spacchi una damigiana d’olio doc di Cellino sulla nuca è mistero fitto.

 

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A me personalmente fa molta paura. Molta più paura dello sguardo schizoide di Arisa, per dire, che non è comunque cosa da poco, anche se sostanzialmente la cantante lucana, sul palco, si è mostrata più spigliata e simpatica che in tutte le sue esibizioni medie. E non so se avete mai assistito a una sua intervista, ma per intenderci, è più facile cavare tre parole a un ostaggio dell’Isis che a lei nei giorni di mestruo.

 

Anche la trovata del vestito rosso indossato senza reggiseno ha rappresentato, oltre che una geniale trovata mediatica, una linea di continuità con la kermesse non indifferente: un anno ci siamo chiesti se Belen indossasse le mutande, un anno se Bianca Balti avesse mai indossato una taglia sopra la 34, quest’anno se Arisa fosse in causa con Intimissimi.

 

IL GIUDICE DI PACE

ALBANO E ROMINA A MOSCAALBANO E ROMINA A MOSCA

Speriamo che una sera di queste Carlo Conti non rilanci e si presenti con un perizoma commestibile agli agrumi di Sanremo. E soprattutto, speriamo che nessuno debba più vedere le due tette (rispettabilissime) di Arisa ballonzolare in libertà come quelle della nonna sotto la vestaglia al mare, ma che la destra e la sinistra stringano un definitivo patto del Nazareno e che la reunion tra le due sia più definitiva di quella di Al Bano e Romina.

 

Che diciamolo senza puzza sotto al naso, sono stati il momento più meravigliosamente nostalgico e tragicomico della storia non del Festival, ma d’Italia. Carlo Conti, in mezzo a loro, più che un conduttore pareva un giudice di pace. Li vedevi e capivi che trent’anni dopo Felicità è ancora «lasciarti un biglietto dentro al cassetto» ma con su scritto «stronza».

albano romina concerto mosca albano romina concerto mosca

 

Capivi che l’unica cosa che hanno ancora in comune è la cifra del bonifico Rai a fine mese. Sembravano suocera e nuora di C’è posta per te che fanno finta di fare pace solo perché insiste la De Filippi e il pubblico altrimenti li prende a picconate. Sembravano Letta che stringe la mano a Renzi al passaggio di consegne. Sembravano la coppia di separati costretti a vedersi al compleanno della figlia piccola che sorridono pure se vorrebbero darsi fuoco reciprocamente con la candelina dei 4 anni.

emma marroneemma marrone

 

Inutili i tentativi di Conti di addolcirli e regalarci uno spiraglio di speranza che i due non dico possano tornare insieme, ma almeno comincino a mandarsi un pulcino ballerino a Pasqua su whatsapp. Niente. Si scambiano un bacio di quelli che si danno al morto prima della cremazione e Romina lascia solo Al Bano sul palco. Non perché si esibisca da solista, ma perché così non c’è rischio che prendano lo stesso taxi per tornare in hotel. Lei a Sanremo e lui a Savona, ovviamente.

 

EMMA FUORI POSTO

E a proposito di gente tormentata in amore, ci sarebbe il capitolo Emma. Che siamo onesti, è tagliata per fare la conduttrice quanto Nicole Minetti per fare l’ambasciatrice Unicef. È troppo verace, troppo ruspante, troppo poco paracula e seduttiva, la povera Emma, per fasciarsi in abiti da «Chi veste le sposa?» o leggere il gobbo col pilota automatico senza sembrare la Boschi versione taralli e taranta. Emma è rock, non pizzi bianchi o rossi e onde anni ’50. Emma non è la principessa, è la popolana un po’ sfigata in cui riconoscersi.

emma marrone  emma marrone

 

Non è la farfallina di Belen. Non è un insettino alato destinato a spegnersi presto. Lei è un vero animale da palcoscenico, ma lo è con la musica e un microfono in mano, non con la pochette o il bouquet della sposa. Quella roba lì è Rocio, la bonazza mezza Salma Hayek e mezza Laura Barriales, scritturata per sorridere, fare la gatta morta e dire un paio di proverbi spagnoli con l’accento del mugnaio Banderas e la verve di un Rigolo inzuppato nel latte.

 

alessandro siani con bambino ciccione sanremoalessandro siani con bambino ciccione sanremo

ALTRO CHE MONOLOGO

Ma il peggio non sono stati né Emma, né Rocio, né Alex Britti che pareva finito per sbaglio nella capsula abbronzante di Conti né la famiglia Anania composta da moglie, marito e sedici figli, roba che in confronto le rane praticano la natalità controllata. Il peggio è stato Siani. E neppure per la sua battuta scema a un bambino colpevole di essere grasso ma non quanto i suoi capelli reduci dal calcetto a 5.

 

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Neppure per i tentativi pietosi di rimediare alla figuraccia sbandierando le sue opere di beneficenza o postando la foto col bimbo paffuto come a die «Visto, date dei ciccioni ai bambini e ve li farete amici!». Il peggio è stato il monologo, un mix di battute riciclate da cabaret di quart’ordine e Brunetta e i nani e il traffico e il cellulare e la Salerno Reggio Calabria. Roba che al confronto «Chi è Tatiana?» è avanguardia pura. Ma soprattutto, roba che il pubblico dell’Ariston che applaudiva, lo stesso pubblico che due anni fa fischiò Crozza, meriterebbe di rimanere in quel teatro ad assistere ad una maratona «Tutto Siani, dalle recite scolastiche ai giorni nostri» a porte chiuse.

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