ORA CHE LA SINISTRA E’ SOTTOTERRA, PRIVA DI EGEMONIA CULTURALE, GRASSO SCODELLA UNA BELLA STORIA DELLA TV ITALIANA A-IDEOLOGICA

Marianna Rizzini per "Il Foglio"

E' una storia corale della televisione italiana, non ideologica e non soltanto teorica, quella curata e in parte scritta da Aldo Grasso con innesto multidisciplinare dei saggi di critici, giornalisti, studiosi e ricercatori (tra cui Carlo Freccero, Mariarosa Mancuso, Walter Siti, Jérôme Bourdon e Gianni Canova): il libro "Storie e culture della televisione italiana", appena uscito per Mondadori, può essere letto come un'enciclopedia o come un romanzo, andando avanti e tornando indietro, con la curiosità dello spettatore per la sorte della controversa scatola da salotto, bistrattata alle origini dai critici col sopracciò appartenenti a quella che Grasso ricorda come "la setta dei fanatici di Contenuto" (una certa università e una certa sinistra ossessionate dal "grande imbroglio" televisivo).

Studiare televisione era di per sé quasi sconveniente, racconta Grasso ripercorrendo i giorni delle prime ricerche sui "programmi" e non sul mezzo visto come propaggine della politica e dell'ideologia culturale. Il "come" occuparsi di televisione è diventato a un certo punto il discrimine tra "dissodatori appassionati", quelli che volevano andare oltre la semiologia stretta ma anche oltre l'analisi marxista stretta, e severi osservatori prevenuti.

Il "come", scrive Grasso, può ben rifarsi, anche oggi, a una massima del 1951, scritta dal polacco Themerson: "Il Tempo tramuta annunci pubblicitari in poesie, e il Tempo tramuta poesie in annunci pubblicitari, perché il Tempo muta il lettore, e dipende dal lettore che una cosa sia o no arte".

In questa Kulturkritik corale si intrecciano l'evoluzione antropologica dello spettatore nel suo ambiente (come sono cambiati l'arredamento e la cultura familiar-borghese attorno alla tv, tema oggetto del saggio di Cecilia Penati) e la riflessione sul rapporto tra tv generalista e tv digitale (come ottenere la "fidelizzazione" in un mondo che, scrive Carlo Freccero, ha "fame di storie" ed è capace di rovesciare il rapporto tradizionale con l'industria pubblicitaria, ora costretta in qualche modo a seguire la "pulsione di nuovi bisogni dell'immaginario").

Ma attorno alla televisione, fin dalle sue origini, si sono mossi altri mondi - gli scrittori, i politici, i divi, gli uomini d'apparato del ministero della Cultura. La Dc, il Pci e il Psi, scrive nel suo saggio il giornalista Marco Damilano, fanno appena in tempo a rassicurarsi, a fine anni Ottanta, con la "tripartizione" perfetta dell'etere che tutto cambia: crolla il Muro, arriva Tangentopoli, "i simboli tradizionali spariranno, al loro posto i due super-partiti che si sono formati sulle guerre mediatiche degli anni Ottanta".

Ogni "mondo" è stato cambiato dalla televisione, ma allo stesso tempo l'ha cambiata. E mentre la politica diventava pop e il telegiornale entrava in crisi e si reinventava, e le tribune politiche venivano superate dal Web, la televisione doveva riscriversi.

Solo che gli scrittori, oggetto del saggio di Fabio Guarnaccia, dopo aver ingaggiato una lunga guerra con la tv, mai rientrata nei panni stretti del "mezzo di comunicazione di massa che educa il popolo", e dopo l'esperienza dei "Cannibali", i giovani autori che hanno "dato corpo all'esperienza percettiva e valoriale di una realtà che stava cambiando rapidamente", hanno osservato, si sono nutriti del mezzo televisivo, ma non l'hanno usato, scrive Guarnaccia, come "materiale" (che cos'è che "ci frena?", si chiede l'autore, forse "la natura elitaria della nostra narrativa"?).

Qualcosa lega la sorpresa provocata, nella Rai torinese degli anni Cinquanta (quella che voleva buttarsi sul modello "british" della tv megafono del teatro), dal successo di "Lascia o raddoppia", la trasmissione che sconvolgeva i giovedì delle città - dai bar ai cinema alle latterie dove si restava incollati a Mike Bongiorno - alla rivoluzione di "Portobello", scrive Grasso, e a quella del "Grande Fratello". Tre programmi e tre epoche per la stessa capacità di scardinare modelli e pigrizie del critico e dello spettatore.

Come "Portobello" portava alla ribalta la provincia e l'idea che "l'Italia non era fatta dalle élite"), così il Grande Fratello, con la sua iniziale "cerimonia di iniziazione" (prima edizione, quella del 2000), ha "spiazzato" sia come "messa in scena della normalità" sia come feuilleton moderno, "esibizione di psicologie spicciole, cumulo di banalità, enorme gioco linguistico", diventando anche "gioco di società", divertimento da spartire con i colleghi d'ufficio, nonostante l'opera incessante dei demistificatori.

Scrive Siti a proposito del primo Gf: "La quotidianità pura, banale, tanto comune che non merita di essere raccontata... ma proprio così era partito nel Settecento il grande romanzo moderno, le stesse obiezioni di banalità erano state rivolte a Defoe, Richardson e Rousseau". E però, mentre la tv diventava (anche) "voyeurismo", si faceva spazio un genere ibrido tra cinema e televisione: la serie tv, oggetto del saggio di Mariarosa Mancuso e anche oggetto di culto e argomento di conversazione aggiuntivo al calcio e ai fatti altrui fin dai tempi di "Dallas".

Un genere giunto dall'America con il suo carico di intrecci e "nefandezze" da soap opera, e passato poi, negli anni Novanta, alle raffinatezze cinefile di David Linch e del suo "Twin Peaks", fortunato thriller visionario a puntate. Che si parli di "Sex and the City" o della febbre collettiva per "Lost" e per "Girls", sarebbe "un peccato", scrive Mancuso, che "un simile patrimonio di intelligenza e godimento andasse disperso per una maldestra collocazione in palinsesto". La televisione è anche tutto quello che scatena attorno a sé (pubblicità compresa, con la "spettacolarizzazione del quotidiano" di cui parla Massimo Scaglioni), ed è per questo che il critico si tiene ben stretta la sua "bulimia".

 

cover GRASSOCARLO FRECCERO jpegMariarosa MancusoWalter SitiGIANNI CANOVAMarco Damilano Mike Bongiornoq lost

Ultimi Dagoreport

alessandro giuli lucia borgonzoni manuela cacciamani mazzi rampelli giulio base film albatross 2025albatross angelo mellone perla tortora paolo petrecca alma manera

DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A DESTRA! - E VOILÀ! DOMANI SUGLI SCHERMI DEL BELPAESE ARRIVA "ALBATROSS", IL NUOVO IMMAGINARIO CAPOLAVORO DI GIULIO BASE, MARITATO TIZIANA ROCCA - ALL’ANTEPRIMA ROMANA, GOVERNO IN PRIMA FILA: TAPPETO ROSSO PER IL MINISTRO GIULI-VO DEL “PENSIERO SOLARE”; AVANTI I DIOSCURI RAI, ROSSI E MELLONE, FATE LARGO AL “GABBIANO SUPREMO” DI COLLE OPPIO, FABIO RAMPELLI, CON MOLLICONE DI SCORTA - NEL FOYER DEL CINEMA SI SBACIUCCHIANO PAOLO PETRECCA, DIRETTORE DI RAI SPORT, E L’AMATA ALMA MANERA - SE LUCIA BORGONZONI TIMBRA IL CARTELLINO PER LA LEGA, A TENERE ALTO IL PENNONE DI FORZA ITALIA C’È MAURIZIO GASPARRI, NEL '70 SEGRETARIO PROVINCIALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTÙ – PER I DUE PRODUTTORI, PAOLO DEL BROCCO (RAI CINEMA) E GENNARO COPPOLA (COMPAGNO DI MANUELA CACCIAMANI, PRESIDENTE DI CINECITTA'), ‘STO “ALBATROSS” DI GIULIO BASE DEVE SUSCITARE VERAMENTE “GRANDE ATTENZIONE” VISTO CHE IL 18 GIUGNO SCORSO SAREBBE AVVENUTA UNA PROIEZIONE PRIVATA DEL FILM ALLA PRESENZA DI IGNAZIO LA RUSSA E DI SISTER ARIANNA MELONI…

cetrioloni per l italia - meme by edoardo baraldi giorgia meloni economia crisi soldi

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI PUÒ FARE TUTTE LE SMORFIETTE CHE VUOLE MA A NATALE RISCHIA DI TROVARE SOTTO L'ALBERO UN'ITALIA IN GRANDE DIFFICOLTA' ECONOMICA. E SE I CITTADINI TROVERANNO LE TASCHE VUOTE, ANCHE IL PIU' INCROLLABILE CONSENSO PUO' SGRETOLARSI - IL POTERE D'ACQUISTO AUMENTA DELLO 0,9% ORA, MA NEGLI ULTIMI ANNI È CROLLATO DEL 20% - DA UN LATO L'INFLAZIONE TORNA A CRESCERE, DALL'ALTRO IL PIL CALA. E DAL 2026, CON LA FINE DEL PNRR, CHE HA "DROGATO" IL PRODOTTO INTERNO LORDO, LA SITUAZIONE NON POTRÀ CHE PEGGIORARE. SENZA CONSIDERARE L'EFFETTO TSUNAMI DEI DAZI DI TRUMP SU OCCUPAZIONE ED EXPORT - SE CI FOSSE UN'OPPOSIZIONE DECENTE, MARTELLEREBBE OGNI GIORNO SU QUESTI TEMI: SALARI DA FAME, TASSE CHE CONTINUANO A SALIRE, ECONOMIA CHE RISTAGNA. MA LA PRIORITÀ DI SCHLEIN SONO I GAY UNGHERESI E QUELLE DI CONTE E' FARE IL CANDIDATO PREMIER DEL CAMPO LARGO...

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani

DAGOREPORT - MALGRADO UN’OPPOSIZIONE SINISTRATA E SUPERCAZZOLARA, L’ESTATE DELLA DUCETTA È  MOLESTATA DA BRUTTI PENSIERI - SE IN EUROPA CERCA DI DEMOCRISTIANIZZARSI, IN CASA LA MUSICA CAMBIA. SE PRENDE UNA SBERLA ALLE REGIONALI D’AUTUNNO, LA PREMIER TEME CHE UNA CADUTA POSSA TRASFORMARSI NELL’INIZIO DELLA FINE. COME È ACCADUTO AL PD DI RENZI, ALLA LEGA DI SALVINI, AL M5S DI DI MAIO. DI COLPO, DALL’ALTARE ALLA POLVERE - ECCO IL PESANTE NERVOSISMO PER LE CONTINUE “STONATURE” DEL TROMBONISTA SALVINI, CHE VEDE LA SUA LEADERSHIP MESSA IN PERICOLO DAL GENERALISSIMO VANNACCI. OPPURE QUELLE VOCI DI UN CAMBIO DI LEADERSHIP DI FORZA ITALIA, STANCHI LOS BERLUSCONES DI VEDERE TAJANI COL TOVAGLIOLO SUL BRACCIO AL SERVIZIO DELLA SORA GIORGIA. OCCORRE UN NUOVO MARINAIO AL TIMONE PER CAMBIARE ROTTA: ETTORE PRANDINI, PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI? - QUESTA È LA CORNICE IN CUI SI TROVA OGGI IL GOVERNO MELONI: TUTTO È IN MOVIMENTO, NULLA È CERTO…

ferragni city life

CHE CRASH! DA CASA FERRAGNI ALL’INSEGNA DI GENERALI, LA CADUTA DELLA MILANO CITY LIFE - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: ‘’SI È PASSATI DALLA MILANO INDUSTRIALE A QUELLA DEI CREDULONI DEL PANDORO, PER FINIRE ALLA CADENTE MILANO FINANZIARIA ORA CHE MPS VUOL PRENDERSI MEDIOBANCA PER PRENDERSI GENERALI - NEL BANDO PER CITY LIFE L’ACCORDO IMPONEVA CHE “IL 50% DELL’AREA FOSSE DESTINATA A VERDE PUBBLICO”. ECCOME NO! RENZO PIANO PRESENTÒ UN PROGETTO METÀ VERDE E METÀ CON UN GRATTACIELO E QUALCHE CASA. LO BOCCIARONO. SI SPALANCARONO COSÌ LE PORTE AD ALTRI ARCHISTAR: LIBESKIND, HADID E ISOZAKI. E COSÌ CITY LIFE È DIVENTATA UN NON-LUOGO, UN DUBAI SHOPPING MALL DIVENUTO UTILE ALLA COLLETTIVITÀ GRAZIE AL COVID, PERCHÉ LÌ CI FACEVANO LE VACCINAZIONI...

mediobanca mediolanum massimo doris nagel

MEDIOSBANCA! – BANCA MEDIOLANUM ANNUNCIA LA VENDITA DELLA SUA QUOTA DEL 3,5% IN MEDIOBANCA A INVESTITORI ISTITUZIONALI. E A NAGEL, ALLE PRESE CON L’OPS DI MPS, VIENE MENO IL PRIMO SOCIO DELL'ACCORDO DI CONSULTAZIONE TRA AZIONISTI – ERA UNA MOSSA PREVISTA DAL MOMENTO CHE L’EVENTUALE FUSIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI TRASFORMEREBBE IL CORE BUSINESS DI PIAZZETTA CUCCIA NELLA GESTIONE DEL RISPARMIO, ANDANDO A SBATTERE CON L’IDENTICA ATTIVITÀ DELLA BANCA DI DORIS E BERLUSCONI….

mattarella nordio meloni giorgia carlo sergio magistrati toghe giudici

DAGOREPORT - MENTRE ELLY SCHLEIN PENSA DI FARE OPPOSIZIONE VOLANDO A BUDAPEST A SCULACCIARE ORBAN PER I DIRITTI DEI GAY UNGHERESI, GIORGIA MELONI E I SUOI FRATELLI D’ITALIA SI RITROVANO DAVANTI UN SOLO "NEMICO": LA COSTITUZIONE - SE DALLA CORTE DEI CONTI ALLA CASSAZIONE C'E' IL MATTARELLO DI MATTARELLA, LA MUSICA CAMBIA CON LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA DI NORDIO - UNA VOLTA CHE IL PARLAMENTO APPROVERÀ LA “SEPARAZIONE DELLE CARRIERE” DI GIUDICI E PM, S’AVANZA IL RISCHIO CHE LE PROCURE DIPENDERANNO DAL MINISTERO DI GIUSTIZIA - ULTIMA SPES È IL REFERENDUM CONFERMATIVO CHE PER AFFONDARE UNA LEGGE DI REVISIONE COSTITUZIONALE NON  STABILISCE UN QUORUM: È SUFFICIENTE CHE I VOTI FAVOREVOLI SUPERINO QUELLI SFAVOREVOLI - ECCO PERCHE' IL GOVERNO MELONI HA LA COSTITUZIONE SUL GOZZO...