SOLONE O SALONE DEL LIBRO? FELTRI INSISTE: “È LA PROSECUZIONE SU CARTA DELLA FESTA DELL'UNITÀ”...

1. IL SOLONE DEL LIBRO


Da "il Giornale"

Il Salone del libro di Torino appena conclusosi ha suscitato (fin dall'inizio) alcune perplessità sulla mancanza di pluralismo del programma. Non a caso, già nei giorni della presentazione, in rete e tra gli addetti ai lavori, si scherzava sul fatto che fosse piuttosto simile a un'assemblea del Partito democratico. Tra leader di partito (Renzi, Veltroni), fiancheggiatori e opinionisti rigorosamente schierati a sinistra, agli altri rimanevano le briciole.

Constatato sul campo l'effettivo sbilanciamento di incontri e ospitate, il Giornale, a conclusione dell'evento, ha pubblicato un articolo di Luigi Mascheroni e un editoriale di Vittorio Feltri sul tema in questione (nella foto qui a fianco, la prima pagina de il Giornale di domenica scorsa). Il direttore editoriale del Salone del libro Ernesto Ferrero ha inviato in redazione un articolo di replica a Vittorio Feltri, articolo che volentieri pubblichiamo in questa pagina con una risposta di Feltri stesso.


2. PLURALISMO E GRANDE QUALITÀ E IL PUBBLICO LO CONFERMA

Lettera di Ernesto Ferrero, Direttore editoriale del Salone, al "Giornale"
Caro Feltri, vedo con un po' di ritardo il Suo articolo Il Solone del libro, chiacchiere, noia e i soliti noti apparso su il Giornale del 20 maggio. Apprezzo sempre la rude schiettezza dei Suoi interventi, ma mi lasci dire che mi dispiace sia uscito a Sua firma. Lei ha stroncato un film che non ha visto, e su cui è stato informato male.

Chi invece ci ha onorato della sua partecipazione, come il ministro Gaetano Quagliariello, il commissario europeo Antonio Tajani o Pietrangelo Buttafuoco che poi ne scritto su il Foglio, ci ha fatto i complimenti. I dati 2013 parlano di 330.000 visitatori in cinque giorni, di vendite per milioni di euro, addirittura sorprendenti in un periodo di crisi in libreria (con aumenti che vanno dal 20% al 50% rispetto all'anno precedente), e di incontri (se ne possono contare più di mille, tra grandi, medi e piccoli) molto affollati e partecipati. Aggiungo che per ogni euro investito il Salone ne produce trenta, con un indotto di decine di milioni di euro.

Mi spiace ritrovare nell'articolo, con un segno capovolto e simmetrico, l'equivalente dell'antiberlusconismo granitico praticato da una certa sinistra votata all'autogoal. Analogamente, per Lei il Salone diventa un Solone di noia e chiacchiere inconcludenti solo perché vi partecipano, tra i tanti, alcuni dei soliti noti che non Le piacciono, dalla Dandini a Scalfari.

Ora, così come occorre portare un doveroso rispetto alle scelte di chi vota, a cominciare da quelle di milioni di elettori che scelgono il Pdl, e a nessuno di noi del Salone verrebbe in mente di considerarli dei rozzi analfabeti, vorrei chiedere lo stesso rispetto per le decine di migliaia di visitatori che hanno affollato gli incontri per libera scelta e dopo aver pagato un biglietto d'ingresso. Per citare solo il caso di Matteo Renzi: tutti i quotidiani, compreso Il Giornale, hanno prepubblicato ampi stralci del suo libro. Potevamo ignorare la richiesta last minute del suo editore (Mondadori, di proprietà berlusconiana, come tutti sanno)? Dobbiamo stare anche noi sull'attualità. Fatto sta che 1.400 persone sono andate ad ascoltarlo all'Auditorium.

Vorrei anche chiederLe di non fermarsi alle icone di maggiore notorietà. Un programma così folto è la somma di una serie di eventi gestiti direttamente dal Salone e da altri (la grande maggioranza), organizzati dagli stessi editori, che ne pagano i relativi costi.

Tra quelli organizzati dal Salone, potrà trovare personaggi di alto livello, nessuno dei quali riconducibile all'area di una fazione politica: l'architetto Daniel Libeskind, il biologo Edoardo Boncinelli, il professor Andrea Ferrari che a Cambridge conduce ricerche d'avanguardia sul grafene, il materiale del futuro; il fisico Luciano Maiani che ha avuto tanta parte nelle ricerche sul bosone di Higgs; il neurobiologo Lamberto Maffei, la virologa Ilaria Capua, il matematico francese Cédric Villani, l'antropologo Ian Tattersall, un imprenditore (finalmente) illuminato come Brunello Cucinelli.

Troverà le lectio magistralis di Philippe Daverio, di Enzo Bianchi e di Ermanno Olmi, che non mi risultano a libro paga del Pd; o i molti eventi legati al 150° di D'Annunzio, animati dal dinamico Giordano Bruno Guerri. E Fabrizio Gifuni che legge magistralmente Il Pasticciaccio di Gadda. E dodici ragazzi che leggono Primo Levi nelle loro lingue d'origine, dal cinese all'arabo. Sarebbe questa una «fiera del bestiame»?

Quanto agli eventi organizzati direttamente dagli espositori, il Salone riflette lo stato dell'arte, cioè le scelte degli editori stessi e i gusti del pubblico. È uno specchio, nel bene e nel male. Le garantisco che non abbiamo mai escluso nessuno, anche perché un evento gestito da una fondazione pubblica ha il dovere istituzionale di essere aperto e pluralista. Ma mi permetto di chiederLe, visto che gli editori non ce li hanno proposti, i titoli di cinque libri riconducibili all'area della destra di cui si sarebbe dovuto parlare al Lingotto.


3. MACCHÉ, VINCE IL PENSIERO UNICO CON OSPITI E DIBATTITI SCONTATI
Vittorio Feltri per "il Giornale"

Caro Ferrero,
non si preoccupi del ritardo: l'argomento di cui trattiamo non è deperibile. Il nostro dibattito potrebbe essere rimandato all'anno prossimo, quando il «Solone del libro» tornerà, come le rondini, a primavera. Cerco di ragionare sulle sue obiezioni.

1) Lei sostiene che la manifestazione ha un notevole valore commerciale («volano economico», «indotto da milioni di euro»). Un aspetto, questo, che avevo trascurato per un motivo semplice: esulava ed esula dal mio interesse.

Nella circostanza mi premeva parlare di libri, scrittori ed editori. Sono comunque molto felice di apprendere che incassiate parecchi quattrini. Meno felice che abbiate promosso un dibattito medievale con Paolo Flores d'Arcais e Vito Mancuso. Sarebbe stato meglio mettere il nasino fuori dall'Italia e invitare, per esempio, autori di alto livello quali Richard Dawkins, Antonio Damasio (neuroscienziato) e Stephen Hawking, presente solo in forma di volantino (contro David Grossman).

2) Per discettare di letteratura non sarebbe stato opportuno invitare Harold Bloom, il più autorevole critico mondiale, che sta conducendo negli Usa una battaglia contro il multiculturalismo e l'appiattimento sul terzomondismo narrativo (coinvolgendo perfino i Nobel)? Che direbbe Bloom sul Salone del libro?

3) Lei afferma che i grandi ospiti li decidono i grandi editori. Male. Succede lo stesso col premio Strega e se ne vedono i risultati. Pesano meno i contenuti che non i contenitori affittati ai mandriani e ai pifferai magici? Il fatto che Matteo Renzi sia pubblicato da Mondadori è ininfluente. Il Giornale non ha risparmiato critiche a Roberto Saviano, che era un autore Mondadori ai bei tempi di Gomorra, a Concita De Gregorio e Luciana Littizzetto, che scrivono per case editrici del medesimo gruppo di Segrate.

E non dimentichiamo Eugenio Scalfari, addirittura santificato da Mondadori nei Meridiani. Sono pagato per vergare articoli sulla base delle mie idee e non per applaudire alle iniziative che stanno a cuore alle aziende della famiglia Berlusconi. Che sa fare benissimo il suo mestiere senza il mio sostegno.

4) Per riprendere il discorso sui grandi ospiti, segnalo che tra questi non figuravano Antonio Moresco (di sinistra, scrittore fantastico) e Isabella Santacroce, né di sinistra né di destra, ma assai più meritevole di Serena Dandini e di Concita De Gregorio, tanto per fare un paio di esempi.

5) Trovo patetico il suo tentativo di pormi in imbarazzo annotando che Gaetano Quagliariello, Antonio Tajani e Il Foglio si sono complimentati con lei per l'ultima edizione del Salone. Nel rispetto delle persone e delle loro opinioni, mi consenta di rimanere indifferente a elogi che non condivido.

6) Mi sollecita a proporre cinque nomi di autori di destra da contrapporre ad altrettanti loro colleghi di sinistra. Ignoravo che avesse l'inclinazione a lottizzare. Devo confessarle che io invece non amo certe classificazioni e certe categorie. Sarò antiquato, ma preferisco la seguente distinzione: esistono i grandi libri e i piccoli libri.

Ciò tuttavia non mi impedisce di notare che, sul piano del costume, il Salone del libro sembra la prosecuzione cartacea della Festa dell'Unità o il pensatoio, distaccato a Torino, di Telekabul. Non occorre frequentarlo per giungere a questa conclusione. Così come per sapere che il mare è salato non è obbligatorio berselo tutto, basta leggere l'elenco dei partecipanti e i titoli delle loro opere per verificare che la «Fiera del bestiame» non cambia mai. Non c'è bisogno di visionare dieci volte lo stesso film per dire che è bruttino.


4. MA LA CULTURA NON È MAI NOIA
Eugenio Scalfari per "l'Espresso"

Se c'era un argomento che non mi sarebbe mai venuto in mente di fare oggetto di questo "Vetro soffiato" era il Salone del Libro svoltosi a Torino come ogni anno e concluso domenica scorsa. A suo modo un evento, come sono eventi sul cinema i Festival di Cannes, di Venezia e di Berlino, la Fiera del Libro di Francoforte e gli appuntamenti musicali di Salisburgo e Lucerna. Mi ha fatto riflettere un articolo di Vittorio Feltri sul "Giornale".

È una stroncatura in piena regola del Salone torinese, reo secondo lui d'esser stato monopolizzato dalla cultura di sinistra e in particolare del Partito democratico di cui il Salone ha rappresentato (secondo Feltri) il pre-congresso. Sono stati presentati i libri appena usciti di Veltroni e di Renzi, riproposto un libro di Gramellini, uno di Gianni Riotta e un altro di Giuliano Amato.

Non è molto per giudicare una manifestazione culturale dove erano presenti tutti gli editori italiani, dove una quantità notevole di libri è stata venduta a un pubblico in larga misura giovanile e dove i dibattiti si sono avuti su una larga rassegna di temi dove la politica politichese ha avuto assai scarsa rappresentazione. Si è parlato di cultura, di morale, di religione, di storia, di filosofia, di musica, di arti figurative, di scienza, di architettura, di antichi miti e di futuribile. Insomma di tutto.

Ma per Feltri no e il titolo del suo articolo riassume efficacemente il suo pensiero a proposito del Salone: "Chiacchiere, noia e i soliti noti". Un articolo, sia pure scritto da un giornalista che ha una sua notorietà, significa poco, è un parere che dura un giorno per chi lo legge, ma è rappresentativo d'uno stato d'animo che, guarda caso, è condiviso da una parte politica alquanto vasta ed è il populismo berlusconiano per il quale hanno votato due mesi fa 10 milioni di italiani e i potenziali sostenitori aumentano a 15 milioni e forse più, un quarto del Paese.

Mi guardo bene dal dire che si tratti di analfabeti e di illetterati e neppure che oppongono a una cultura che secondo Feltri è di sinistra un'altra cultura antagonista. Dico semplicemente che sono indifferenti alla cultura. Li annoia. Disertano le librerie oppure no? Mi piacerebbe sapere che cosa comprano. Forse l'articolista del "Giornale" ci può illuminare su questo punto?

I libri sono in crisi da un paio di anni, è un fenomeno diffuso in tutto il mondo e in parte dovuto alle ristrettezze economiche e alla proletarizzazione delle classi medie. Ma in parte, come dimostra l'analoga crisi dei giornali, questo mutamento ha come causa di fondo le nuove tecnologie della comunicazione: la Rete ha sostituito la parola scritta per un numero crescente di persone.

La lettura dei giornali e dei libri è stata sostituita dalla lettura "on line". Salvo, ovviamente, i "best-seller", ma quello è un fenomeno marginale rispetto alla vendita globale, come pure marginale è la vendita di libri che avviene nel corso di un evento. A Torino però le presenze di pubblico (prevalentemente giovanile) e l'acquisto di libri è fortemente aumentato rispetto all'anno precedente: 330 mila persone in più e molte decine di migliaia di volumi venduti rispetto al Salone del 2012.

Rilevante è stata la presenza di giovani e di donne che hanno costituito circa il 70 per cento dei presenti negli "stand" delle case editrici e ai dibattiti. Noia molto poca. Chiacchiere ovviamente molte perché, fino a prova contraria, ci si esprime ancora con le parole. Resta da vedere se le parole hanno un senso. Non ho nulla nei confronti di una cultura diversa e opposta alla mia, anzi mi interessa molto, sono assai curioso per natura, lo ero da giovane e lo sono ancora di più da vecchio, ma resto indifferente di fronte agli indifferenti alla cultura.

Da loro non ho niente da imparare. Dovrei semmai fare opera missionaria per convincerli a leggere Proust o Tolstoj e Rilke o magari DeLillo e McEwan o Roth e Yehoshua. Ma lascio a gente più giovane questa missione. Feltri, tanto per dire, potrebbe farlo facilmente visto che vive in mezzo a loro e li ha dunque a portata di mano.

 

VITTORIO FELTRI VITTORIO FELTRI E PAOLA SEVERINO FELTRI E PANNELLA SALONE DEL LIBRO DI TORINOSALONE DEL LIBRO DI TORINOErnesto FerreroEugenio Scalfari EUGENIO SCALFARI DA FABIO FAZIO Roberto Saviano VELTRONI WALTER VELTRONI PIERO GRASSO MASSIMO GRAMELLINIGiuliano Amato MATTEO RENZIMATTEO RENZI E DEBORAH SERRACCHIANI jpegmatteo renzi

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