
"SONO SOLA, MA NON SINGLE. HA IMPARATO A ESSERE LIBERA" - ELENA SOFIA RICCI, 62 ANNI, CI FA SAPERE A PAROLE SUE CHE NON HA ANCORA CHIUSO LA BOUTIQUE - “DA RAGAZZA HO PENSATO DI FARE PSICHIATRIA. MA AVREI DOVUTO FARE ANATOMIA: NON CI SAREI MAI RIUSCITA. HO FATTO SOLO TANTA ANALISI, FARE UN GIRO NEL PROPRIO INFERNO LO CONSIGLIO A TUTTI” – E SUL SEQUEL DEI CESARONI DICE…
Adriana Marmiroli per “La Stampa” - Estratti
I ruvidi e scorbutici, meglio se problematici, il pubblico li ama: Imma Tataranni, ispido magistrato a Matera cui dà volto Vanessa Scalera, il romano trapiantato ad Aosta Rocco Schiavone di Marco Giallini, il contorto Lojacono di Alessandro Gassmann con tutti i ragazzi di Pizzofalcone. Appartengono alla categoria degli antipatici simpatici e sono irresistibili.
Ultima in ordine d'arrivo è Teresa Battaglia, commissario e profiler dal carattere impossibile in quel di Udine: 2 anni fa Fiori sopra l'inferno, aveva sedotto quasi 5 milioni di telespettatori. E pensare che Elena Sofia Ricci non voleva neppure interpretarla. Ora la profiler ideata da Ilaria Tuti (Longanesi) torna con un secondo caso, Ninfa dormiente, in onda da stasera su Rai 1 per 3 serate, regia di Kiko Rosati, con Gianluca Gobbi e Giuseppe Spata. In un paesaggio innevato viene trovato il cadavere di una ragazza. Un vecchio quadro collega la sua morte a una serie misteri che si perdono nel passato di un piccolo borgo montano.
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Lei ha demoni da combattere?
«Tutti siamo stati feriti, e abbiamo cicatrici a ricordarcelo.
Ma Teresa ha un demone in più: ai mostri che incontra nel suo lavoro e a quelli del passato si aggiunge l'Alzheimer.Una malattia terribile perché si accompagna alla paura di perdere il controllo e di veder sparire i ricordi».
Teresa è una profiler, una studiosa e un'osservatrice della psiche umana. E lei?
«Da ragazza ho pensato di fare psichiatria. Ma è una specializzazione di medicina e avrei dovuto fare gli esami di quella facoltà, tra cui anatomia: non ci sarei mai riuscita. Così ho deciso di approcciarmi in altro modo, partendo da me, diventando io paziente. Ho fatto anni di analisi».
Utile?
«Fare un giro nel proprio inferno lo consiglio a tutti. Serve a conoscerci meglio e a seppellire ciò che ci blocca. Io, per esempio, ero una bambina che non doveva dispiacere o disturbare: ho passato una vita in punta di piedi (rifiutata dal padre, per anni ha taciuto una violenza subita, ndr). Tant'è: ho fatto danza prima di mettermi a recitare» .
Per molti attori recitare è una forma di analisi. Condivide?
«Io invece penso che senza non sarei riuscita altrettanto bene nel mio lavoro. La psicoterapia mi ha arricchita come persona e ha arricchito le mie capacità espressive, spronandomi a scegliere personaggi che non fossero solo noiosissime ripetizioni di me stessa. Odio la noia e adoro invece aprire lo scrigno dei miei misteri. Anche se...».
Anche se?
«Anche se è poi vero che in ognuno c'è un po' di me. Come certi aspetti di Teresa. E questo mi fa porre altre domande».
Che ne è stato della "ragazza in punta di piedi"?
«Ha raggiunto una consapevolezza e una libertà, si è fatta una donna assertiva e sincera nel dire (anche a sé stessa). Ho imparato a non lasciar passare le cose a fianco ma a determinarle. Così oggi mi sento libera. Non dico di fare chissà che, solo di essere me stessa, dire ciò che voglio e respingere ciò che mi fa male».
Anche in amore?
margherita buy ed elena sofia ricci in giorgio armani
«Dell'amore non parlerò neppure sotto tortura. Dico solo che sono sola e desidero esserlo. Sola, non single, termine che include l'idea di essere in cerca di un altro. Vivo un momento, una condizione esistenziale per cui sto bene con me stessa. E lo dico senza arroganza, come pura constatazione di una raggiunta sensazione di pace».
Anche lei è stata molto malata. Le piace l'espressione "combattere la malattia"?
«Fui ricoverata e operata d'urgenza. Ho rischiato la vita. E sì, è giusto dirlo: a una malattia si dà battaglia. Il tempo che ti resta va vissuto bene, ogni momento in più è regalato e va assaporato, perché ogni giorno in più l'hai strappato. Di qui l'urgenza di fare certe cose».
Per esempio?
«Lavoro a parte, amo viaggiare. È una cosa che amo e che ho accantonato a lungo a favore del lavoro e della famiglia. Ma ora basta. Non dico che ho già comperato il biglietto del prossimo, ma a febbraio partirò. Ma poiché sono scaramantica non dirò niente di più».
Perché febbraio?
«A metà dicembre la promozione di Diamanti, quarta volta con Ferzan Ozpetek. Gli voglio molto bene: è tra i pochi che dopo tanta tv mi ha regalato bellissimi ruoli al cinema. A gennaio invece, per la Giornata della Memoria, il tv movie La farfalla impazzita su Giulia Spizzichino, bimba sopravvissuta alla Shoah in una famiglia in cui in 27 morirono, chi alle Fosse Ardeatine e chi ad Auschwitz, e a cui si deve l'estradizione di Priebke dall'Argentina».
Ritorno al passato: nel sequel dei Cesaroni ci sarà? E nella prossima stagione di Che Dio ci aiuti?
«A Suor Angela sono troppo affezionata per non tornare a trovarla. Per il resto: amo il thriller, non dò risposte».
Le sue figlie Emma e Maria sembrano intenzionate a seguire le sue orme. Consigli?
«Le ho sempre incoraggiate a seguire le loro passioni. All'inizio Emma pareva indirizzata verso la fotografia e la regia, ma è anche portata per la recitazione e così la sua strada sta prendendo una direzione diversa, seppure non quella della recitazione classica. Maria ha appena compiuto 20 anni, ha tutta la vita davanti, ma recitare è già la cosa che preferisce. So di essere una mamma ingombrante, da cui non è facile prendere le distanze. Però le vedo camminare con le proprie gambe, fare percorsi diversi dal mio, con gente che insegna loro altro da ciò che rifilo loro quotidianamente».
elena sofia ricci 2
GABRIELE ANAGNI ELENA SOFIA RICCI
ELENA SOFIA RICCI GABRIELE ANAGNI
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ELENA SOFIA RICCI E STEFANO MAINETTI
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ELENA SOFIA RICCI E STEFANO MAINETTI