IL CINEMA DEI GIUSTI - ALLA FINE DI UNA STAGIONE CINEMATOGRAFICA DELUDENTE, DOMINATA DA TROPPE E STANCHE COMMEDIE E DA QUALCHE RISVEGLIO DI CINEMA CIVILE, “DIAZ” DI DANIELE VICARI, FARÀ UN EFFETTO DIROMPENTE - E’ UN FILM IMPORTANTE, PROBABILMENTE IL PIÙ IMPORTANTE FILM ITALIANO DELL’ANNO, PERCHÉ CI PERMETTE DI GUARDARE ALLA “MACELLERIA MESSICANA” DEL G8 DI GENOVA SENZA LA VERGOGNA CHE IN QUESTI UNDICI ANNI ABBIAMO AVUTO…

Marco Giusti per Dagospia

Alla fine di una stagione cinematografica deludente, dominata da troppe e stanche commedie e da qualche risveglio di cinema civile, "Diaz" di Daniele Vicari, farà un effetto dirompente. Non solo perché affronta una ferita che dopo undici anni è ancora aperta, ma soprattutto perché dimostra, assieme a "Acab" di Stefano Sollima, che il nostro cinema è perfettamente in grado di raccontare la realtà e di costruire macchine più sofisticate e complesse di quello che di solito vediamo sui nostri schermi.

Fortemente voluto dalla Fandango di Domenico Procacci, che ha prodotto il recente documentario di Carlo Bachschmidt, "Black Block", che raccoglieva le testimonianze di chi alla Diaz e a Bolzaneto era dalla parte dei torturati, "Diaz", presentato con successo al Festival di Berlino nello scorso febbraio, è una ricostruzione fedele e precisa dei giorni di Genova e della "macelleria messicana" operata dalla polizia prima alla Diaz e poi nel carcere di Bolzaneto.

E' un film importante, probabilmente il più importante film italiano dell'anno, perché ci permette di guardare a quei fatti senza la vergogna che in questi undici anni abbiamo avuto proprio per il fatto che i media e il nostro cinema li considerassero tabù o impensabili da mettere in scena. Non che non ci fossero stati da subito documentari o ricostruzioni di Genova, ma non c'era nulla di visivo e di filmato dentro alla Diaz e assolutamente niente dentro Bolzaneto.

E quello che è capitato lì dentro, come a Corso Europa lo stesso sabato mattina della Diaz, è stato di tale e assurda violenza che non deve essere dimenticato o superato, come rimarca anche il sottotitolo del film, "Non pulite questo sangue". Anche perché è lì, dopo quella violenza, voluta o comunque protetta dallo Stato, che tutte le speranze di "un mondo migliore possibile" di una intera generazione di ragazzi si sono infrante. Quello che non può infatti raccontare la "Diaz", ma in "Black Block" appare tragicamente chiaro, è quello che è capitato nei dieci anni successivi ai fatti di Genova.

Le ferite ancora aperte dei ragazzi di allora, sono in gran parte le ferite di chi aveva creduto possibile un cambiamento a inizio millennio e si è ritrovato stritolato nella strategia di potere berlusconiana e nell'indifferenza totale della sinistra ufficiale italiana. Con grande accortezza nel film, la dichiarazione reale di Berlusconi in tv sulla Diaz il giorno dopo, ci illumina non tanto sul mandante della macelleria, quanto sul comportamento di chi ne avrebbe beneficiato negli anni successivi.

E quello che non possiamo vedere, ancora una volta, sono gli effetti di questa prova muscolare del potere berlusconiano, che non è stato solo le barzellette di Bossi-Scajola-Castelli, ma qualcosa che ha coinvolto le nostre vite, quelle dei nostri figli e che non ha ancora provocato un risveglio della sinistra.

Ma il disastro, e questo "Diaz" lo racconta benissimo, non è stato solo italiano, ma europeo. Perché a Genova c'erano tedeschi, spagnoli, francesi. E la repressione poliziesca si è abbattuta su tutta una generazione di ragazzi europei. Va detto, anzi, che è la parte più fresca e vitale del film quella che coinvolge i ragazzi di tante lingue diverse e fa di "Diaz" un film che può essere visto ovunque con la stessa intensità.

E dimostra quanto la repressione poliziesca di Genova abbia ridotto non tanto la voglia di apertura al mondo di una generazione, quanto il desiderio di trovare un mondo migliore in Italia. Per questo colpisce così tanto i ventenni che lo hanno visto e che si riconoscono nella generazione dei fratelli maggiori di Genova.

La vera tragedia non è stata tanto la "macelleria", quanto la perdita di una speranza e di una giovinezza. E questi sono conti che alla fine in un paese si pagano. Vicari è stato molto lucido nella scelta di un film che non si butta su nessun psicologismo e su nessuna dietrologia. Poliziotti e ragazzi sono alla fine figurine riprese dalla realtà e dai racconti dei protagonisti che servono per la ricostruzione minuziosa dei fatti.

Alla fine, tutti, anche i poliziotti coinvolti, diventeranno vittime della violenza. Claudio Santamaria, che domina totalmente il film con un'interpretazione magistrale di poliziotto cosciente fino all'ultimo di quel che sta accadendo, si trasformerà nei personaggi tragici che abbiamo visto in "Acab", reduci di quella violenza e pronti a pagarne le spese.

Funzionano meno certe figurine più note e edificanti, ma nel complesso il film riesce a trasmetterci l'allegria di una generazione che si era data appuntamento a Genova e il suo ripiegamento successivo con grande commozione. E tutto il cast, dalla tedesca Jennifer Ulrich al francese Ralph Imaussou ai nostri Elio Germano, Davide Iacopini e Ailyn Prandi funzionano benissimo assieme e ci danno l'impressione di un film di prospettive più ampie delle solite commedie e dei film d'autori sui tormenti della borghesia italiana.

 

SANTAMARIA SUL SET DI DIAZ FILM DI DANIELE VICARISANTAMARIA SUL SET DI DIAZ FILM DI DANIELE VICARI 2DAL SET DI DIAZ FILM DI DANIELE VICARI 2ELIO GERMANO SUL SET DI DIAZ FILM DI DANIELE VICARIIL CAST DI DIAZ DIAZ NON PULIRE QUESTO SANGUE DANIELE VICARI SUL SET DI DIAZ DIAZ NON PULIRE QUESTO SANGUE ALESSANDRO ROJA IN DIAZ

Ultimi Dagoreport

donald trump giorgia meloni keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT - DIMENTICATE SCAZZI E VAFFA, DOMANI A ROMA TRA MACRON E MELONI SOLO BACI E ABBRACCI – SE L’EUROPA A TRAZIONE “VOLENTEROSI” HA BISOGNO DELL’ITALIA, DALL’ALTRA LA DUCETTA HA CAPITO DI ESSERE FINITA NEL VICOLO DELL’IRRILEVANZA - ACCANTONATI I SOGNI DI DIVENTARE LA REGINA DELLA DESTRA EUROPEA, MERZ E MATTARELLA LA SPINGONO VERSO IL PPE, USCENDO DAL GRUPPO DESTRORSO DI ECR - MACRON E MELONI SONO AMBEDUE ALLE PRESE CON L’ULTRA DESTRA DI MARINE LE PEN E DI MATTEO SALVINI (MA IL SECONDO SIEDE A PALAZZO CHIGI) - IL RENDEZ-VOUS DI DOMANI DOVRÀ RASSICURARE LA SORA GIORGIA CHE NON SARÀ PIÙ ESCLUSA DAI TAVOLI DEI NEGOZIATI SULL’UCRAINA, COME È SUCCESSO A TIRANA - SECONDO: ASSICURARSI L’INSOSTITUIBILE PRESENZA DELL’UNICO ALLEATO EUROPEO DOTATO DI POTENZA NUCLEARE ALLA CONFERENZA DEL 7 LUGLIO A ROMA SULLA RICOSTRUZIONE DELL’UCRAINA. SENZA MACRON, SAREBBE NON SOLO UN FALLIMENTO TOTALE, MA INUTILE - IL PRAGMATICO MERZ SI STAGLIA SEMPRE PIÙ COME IL LEADER PER ECCELLENZA DELL’UNIONE EUROPEA: MERCOLEDÌ È ATTESO A WASHINGTON. DI SICURO NON SI RIPETERÀ IL PESTAGGIO SUBITO DA ZELENSKY: A FAR COMPAGNIA A MUSK CON UN OCCHIO NERO QUESTA VOLTA SAREBBE IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO - VIDEO

massimo martinelli azzurra francesco gaetano caltagirone guido boffo roberto napoletano

FLASH! – MISTERO BOFFO! È DURATO APPENA UN ANNO GUIDO BOFFO ALLA DIREZIONE DE “IL MESSAGGERO”, CHE SARÀ AFFIDATA AD INTERIM AL DIRETTORE EDITORIALE MASSIMO MARTINELLI – BOFFO FU UNA SCELTA DI AZZURRA CALTAGIRONE, IN BARBA A PAPÀ CALTARICCONE – ALLA SCADENZA, ESATTAMENTE DOPO UN ANNO, IL CONTRATTO DI BOFFO NON È STATO RINNOVATO – NEL CUORE DI CALTA C’È IL RITORNO DI ROBERTO NAPOLETANO, ATTUALE DIRETTORE DE “IL MATTINO” DI NAPOLI, ALTRO QUOTIDIANO DEL GRUPPO CALTAGIRONE…

antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL PRANZO DEI VELENI È SERVITO: LUNEDÌ A PALAZZO CHIGI SONO VOLATI PIATTI E BICCHIERI TRA I TRE CABALLEROS DEL GOVERNO - MELONI E TAJANI HANNO MESSO ALL’ANGOLO IL "PATRIOTA" TRUMPUTINIANO SALVINI, ACCUSANDOLO DI SABOTARE L'ESECUTIVO CON LE SUE POSIZIONI ANTI-EUROPEE E GLI ATTACCHI A MATTARELLA SUL CODICE ANTI-MAFIA DEL PONTE DELLO STRETTO – QUANDO SONO ARRIVATI I RISULTATI DELLE COMUNALI, CON LA DEBACLE DEL CENTRODESTRA, "IL TRUCE" DELLA LEGA E' PARTITO ALL'ATTACCO, INCOLPANDO LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' (COLLE OPPIO E GARBATELLA) PER LA SCONFITTA A GENOVA: SE NON AVESSE CONVINTO BUCCI A LASCIARE LA POLTRONA DI SINDACO DI GENOVA PER CORRERE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LIGURIA (STOPPANDO IL LEGHISTA RIXI), IL SINDACO SAREBBE RIMASTO AL CENTRODESTRA. A QUEL PUNTO, SI E' SVEGLIATO TAJANI CHE HA RICORDATO A ENTRAMBI CHE SENZA I VOTI DI CLAUDIO SCAJOLA OGGI CI SAREBBE IL PD DI ANDREA ORLANDO ALLA REGIONE LIGURIA…

benjamin netanyahu matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT – QUANTO POTRÀ DURARE IL SILENZIO IMBARAZZATO E IMBARAZZANTE DI GIORGIA MELONI DI FRONTE AI 50MILA MORTI DI GAZA? LA DUCETTA NON VUOLE SCARICARE NETANYAHU PER NON LASCIARE A MATTEO SALVINI LA "PRIMAZIA" DEL RAPPORTO CON "BIBI". MA ANCHE PER NON IRRITARE LA POTENTE COMUNITÀ EBRAICA ITALIANA, STORICAMENTE PENDENTE A DESTRA – ORMAI ANCHE URSULA VON DER LEYEN E ANTONIO TAJANI (NON CERTO DUE CUOR DI LEONE) CONDANNANO LE STRAGI NELLA STRISCIA CON PAROLE DURISSIME: “AZIONI ABOMINEVOLI” – ANCHE LA POPOLAZIONE ISRAELIANA VUOLE SFANCULARE “BIBI”, COME STA FACENDO GIÀ TRUMP, CHE NEI GIORNI SCORSI HA ATTACCATO LA CORNETTA IN FACCIA A SEMPRE PIÙ IN-GAZATO PREMIER ISRAELIANO (OGGI HA RIVELATO DI AVERGLI "DETTO DI NON ATTACCARE L'IRAN")

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - IL GARBUGLIO DEL SUPER RISIKO BANCARIO SPACCA NON SOLO LA FINANZA MILANESE (DUELLO UNICREDIT-INTESA) MA STA FACENDO DERAGLIARE ANCHE IL GOVERNO DI DESTRA-CENTRO -GONG! OGGI È ANDATO IN SCENA UN PESANTISSIMO SHOWDOWN TRA MELONI, CHE È FAVOREVOLE AD APERTURE SUL GOLDEN POWER A UNICREDIT SULL’OPERAZIONE BANCO BPM CON TAJANI SOSTENITORE INDEFESSO DEL LIBERO MERCATO, E LA LEGA DI SALVINI CHE È PRONTA A FAR CADERE IL GOVERNO PUR DI NON MOLLARE IL “SUO” BANCO BPM A UNICREDIT - OGGI, ARMATO DI BAZOOKA, È SCESO IN CAMPO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI. INCALZATO DAI CRONISTI SULLE POSSIBILI APERTURE DEL GOVERNO ALLE PRESCRIZIONI DEL GOLDEN POWER APPLICATE ALLA BANCA DI ORCEL, L’ECONOMISTA DI CAZZAGO È SBOTTATO COME UN FIUME IN PIENA: “SE CI FOSSE IL MINIMO DISALLINEAMENTO (CON MELONI), NON CI SAREBBE UNA MINACCIA DI DIMISSIONI, MA LE DIMISSIONI STESSE. NON SI ANNUNCIANO LE DIMISSIONI, LE SI DANNO…”

donald trump zelensky vladimir putin russia ucraina

DAGOREPORT - TRUMP STREPITA MA NON COMBINA UN CAZZO – ZELENSKY PROPONE UN INCONTRO A TRE CON IL TYCOON E PUTIN MA NESSUNO LO CONSIDERA: PUTIN SI CHIAMA FUORI (“SOLO DOPO ACCORDI SPECIFICI”). E IL TYCOON? NON VUOLE UN INCONTRO DIRETTO CON PUTIN PERCHE', IL MOLTO PROBABILE BUCO NELL'ACQUA, SAREBBE L'ENNESIMA CONFERMA DELLA SUA INCAPACITA' DI RISOLVERE LA CRISI UCRAINA. LUI, CHE PRIMA DELLE ELEZIONI DICEVA “PORTERÒ LA PACE IN 24 ORE”, E A PIU' DI QUATTRO MESI DALL’INSEDIAMENTO SI RITROVA CON I DRONI E I MISSILI RUSSI CHE MARTELLANO PIÙ CHE MAI KIEV...