1. DATO PREMATURAMENTE PER MORTO, IL GOL CELEBRA LA PROPRIA RESURREZIONE. QUASI QUARANTA RETI IN UNA GIORNATA CHE METTE IN VISTA UN TOTTI IN ZONA ETERNITÀ, UN DIAMANTI PER SEMPRE, UN EL SHARAAWY DIABOLICO, I SOLITI ARBITRI “DISTRATTI” 2. A TORINO, NELL’INETTITUDINE COMPLICE DI POLIZIA, STEWARD E SICUREZZA, RITORNANO GLI ETERNI GIRONI DELLA VERGOGNA A MEZZO STRISCIONE NELLA CURVA DELLA JUVE, CON L’AMABILE OMAGGIO BIANCONERO ALLA TRAGEDIA DI SUPERGA DEL 1949, SACRARIO DEL TORO E DEL CALCIO ITALIANO: “NOI DI TORINO ORGOGLIO E VANTO/ VOI SOLO UNO SCHIANTO” 3. LAZIO A 29, APPAIATA AI VIOLA. A INIZIO STAGIONE, NON L’AVREBBE PREVISTO NESSUNO

DAGOREPORT

Dato prematuramente per morto, il gol celebra la propria resurrezione. Quasi quaranta reti in una giornata che lascia inalterate le distanze tra prima e seconda, mette in vista i soliti arbitri "distratti", i già esplorati gironi della vergogna a mezzo striscione e riverbera emozioni (mai così vive nelle ultime stagioni) sulla zona scudetto e sugli incubi da fondo classifica. Qualcuno l'anno prossimo giocherà allo stadio "Biondi" di Lanciano, ma per adesso individuare le vittime sacrificali è complicato.

Sindrome polacche e striscioni tristi.
In alto, la Juve risolve la pratica derby grazie alla follia del centrale polacco "Camillo" Glik. Il biondo, dopo mezz'ora equilibrata in cui l'occasione più grande capita (ed evapora) sui disgraziati piedi del granata Meggiorini, interviene a metà campo su Giaccherini. Glik sembra Goicoechea su Maradona al tramonto dell'estate 1983. Tackle insensato. Pericoloso. Plateale, anche se il suo compagno di reparto Ogbonna giura: "fa sempre così anche in allenamento".

Giaccherini alza la gamba e si salva. Rocchi il cartellino rosso e la gara che Ventura e i suoi aspettavano da tre anni, finisce lì. Seguono venticinque complessivi minuti di sofferenza e speranza per Gillet fino a quando il diligente terzino del Toro, Darmian, compie il suo primo, fatale errore. Niente chiusura su Marchisio, testata del centrocampista di Alessio (si fa per dire, Antonio Conte torna la prossima settimana), 1-0 e conclusione ingenerosa per un Toro in dieci per un'ora secca.

Giovinco, ancora Marchisio, 3-0 e quota 35 punti raggiunta in solitudine. Nella curva della Juve, intanto, nell'inettitudine complice di Polizia, Steward e sicurezza entrava l'amabile omaggio bianconero alla tragedia di Superga del 1949, sacrario del Toro, del calcio italiano e memoria di una squadra irripetibile.

"Noi di Torino orgoglio e vanto/ voi solo uno schianto", Sono passati sessantatrè anni, la fantasia dei dementi guarda al passato, ma come in occasione delle scritte contro Paparelli sui muri di Roma o degli insulti esposti nei confronti di Pessotto a Milano, mentre da un lato si orchestrano Osservatori e tessere del tifoso, dall'altro si foraggia il silenzio.

Sbagliare costa qualche migliaio di euro. Costi sopportabili dall'ipocrisia del sistema. Nessuno dice nulla. Nessuno si ferma. Neanche la Juve, in fuga di cinque punti per quattordici ore. Il tempo tra il fischio finale del derby e quello iniziale Napoli opposto al Pescara di Bergodi.


Il piccolo Galeone affonda. Napoli c'è.
Quando a Pescara guidava Giovanni Galeone, il tecnico poeta che amava i vini del Collio e Prevert, Cristiano Bergodi allenatore passato-pur di avere uno straccio di panchina in patria- anche per l' esperienza romena, era ragazzo. Difensore nel 4-3-3 dell'unica divinità riconosciuta in Abruzzo, Galeone, tra portieri "optional", miracoli inattese e imbarcate storiche.

A Napoli, contro Maradona, il sublime Galeone incassò anche un 8 a 2. Fa poco peggio il suo erede (con l'aggravante del non gioco) spazzato via dalla balistica di Gotham Inler (doppietta) e da altre due reti di Cavani, arrivato a dieci gol. Il compito era obiettivamente comodo, ma per rimanere a due punti dalla Juve senza ansie, il Napoli ha bisogno del secondo tempo.

Avanti di due reti dopo dieci minuti, gli azzurri subiscono il break dell'islandese Bjiarnason (2-1) e temono di rivedere fantasmi che Mazzarri, arrabbiatissimo, allontana con un cazziatone all'intervallo. La ripresa è una formalità. Finisce 5-1. Il Pescara è ultimo a 11 punti insieme al Siena penalizzato di sei. C'è ancora tempo, quel che pare mancare agli abruzzesi per evitare l'immediato ritorno in B, è un organico decente.

Fiorentina e Inter.
Se i viola privi di Jovetic e Toni per lo scorno dell'attonito Andrew Della Valle in tribuna, faticano in serata con la Sampdoria di Ciro Ferrara, rischiano di perdere, impattano al 97' in un bel finale western (spintoni e gol annullati) per 2-2 e si staccano a sei punti dalla vetta (doppia impresa del difensore Savic, altra intuizione del fortunato mercato viola), l'Inter convalescente di uno stravolto Stramaccioni, impiega settantatrè minuti per aver ragione del Palermo dell'ex Gasperini e rimane a quattro dalla Juve.

Risolve un difensore di Gasp, Garcìa, in goffa autorete su cross inoffensivo quando S. Siro temeva l'ennesimo flop. Gioco involuto, Milito e Palacio in calo, Cassano assente, un certo isterismo di fondo alimentato dalla perenne sindrome di Calciopoli e da polemiche extracalcistiche deleterie.

Il caso Sneijder è un boomerang. Rischia di trasformarsi in accusa di Mobbing (anche e nonostante i balletti di Stramaccioni: "È ridicolo, ho diritto di scegliere chi voglio, ora vedo meglio altri giocatori") e dopo la rampogna del sindacato europeo dei calciatori, sembrano finalmente essersene accorti anche all'Inter. Il giocatore parlerà con Moratti.

È improbabile che decida di spalmare il denaro pattuito da qui al 2015. Gli avvocati vigilano. In generale, per l'Inter il quadro è meno lieto di poche settimane fa. La vittoria a Torino aveva evocato impropri paragoni con la squadra di Mourinho. Meglio non esagerare. L'Inter di oggi è un'altra cosa e la classifica, ancora molto buona. Per non buttare un anno ed evitare di illudere gli ingenui sarà il caso di dirlo, magari trattando con maggior garbo chi ti ha fatto vincere fino all'altro.

Snejider andava ceduto quando si poteva. Per agire a breve e rientrare dell'investimento, la strategia dell'esclusione coatta è opinabile. L'olandese guadagna sei milioni di euro l'anno. Non ci rinuncerà mai e l'Inter, può avere ragioni contingenti e validissime, ma nessun reale diritto in materia. Nessuno ha obbligato i dirigenti di Moratti a firmare un accordo che invece più di una postilla consiglia di rispettare e depauperare il capitale sociale a colpi di tribune oltre a essere arbitrario, non somiglia a un colpo di genio in zona tecnica.

Bene, bravo, Pekto.
La Venere di "Miro" è un tocco che irride il portiere del Parma, Mirante, e regala alla Lazio il 2-0 di una partita che sembra semplice e diventa con il passare dei minuti una montagna russa. La Lazio la porta a casa soffrendo, dimostra di essere gruppo eccellente, ben trainato da un paio di campioni (Klose, Hernanes), un vero spirito di squadra, un presidente folkloristico ma abile a scegliere maestranze e calciatori e da un tecnico capace di unire bel gioco a saggezza.

Avanti di due reti (aveva aperto il difensore Biava, 35 anni, nel cuore dell'area piccola per l'1-0), la Lazio di Pektovic retrocede a difesa del fortino. Belfodil riprende la respinta dell'argentino Bizzarri sul suo errore dagli undici metri, poi è ancora il sostituto di Federico Marchetti a superarsi negandogli il 2-2 su tocco da un metro. Lazio a 29, appaiata alla Fiorentina. A inizio stagione, dopo le sconfitte di un'estate avara, non l'avrebbe previsto nessuno.

Totti, Perrotta e Zeman.
Bene anche la Roma di Zeman che chiude un trittico non insormontabile con tre chiare vittorie. Dopo Torino e Pescara, tre punti anche dal Siena del "romanista" Serse Cosmi. Nove consecutivi. Juve a nove punti. Un miracolo di ottimismo fino a un mese fa. Primo tempo equilibrato con vantaggio toscano (il portoghese Neto, di testa, a bruciare Marquinhos), ripresa dominata con schemi finalmente zemaniani, doppietta dell'ex senese Destro e gol decisivo, quello del 2-1 di un epurato estivo, il soldato calabrese Perrotta Simone, testardo a rimanere quando l'emarginazione era un dato di fatto e la società premeva perché accettasse il trasferimento al Siena stesso o al Chievo. Perrotta che va verso i 34 è rimasto e il suo gol con festa collettiva in stile finale Mundial è una delle storie (e delle istantanee) più belle della domenica.

L'altra, più banale, più in là della conclamata rinascita di Destro, porta il nome di Totti. Vederlo danzare e rimpiangere che non sia nato dieci anni dopo è un riflesso automatico. Ora, siccome Zeman è Zeman e Roma sempre Roma, può succedere davvero di tutto. Allo scetticismo iniziale, la Roma ha aggiunto importanti sicurezze. Un attacco che continua a segnare più di tutti gli altri e una difesa che non prende gol da 300 minuti. Sabato 8 dicembre a Roma arriva la Fiorentina dell'ex Vincenzo Montella. Saranno applausi, nostalgie, bel calcio e (ne siamo certi) tutto esaurito. Il vento cambia in fretta.

Faraoni di Sicilia.
Stesso discorso per un Milan che pare rigenerato. Berlusconi porta bene e il cul di B. scorta la squadra anche a Catania. Dopo un primo tempo da tregenda (1-0 siciliano, gol dell'ex Le Grottaglie), Barrientos prende due ammonizioni in pochi minuti e lascia Maran in dieci contro undici. Aiutino del guardalinee per l'1-1 di El Sharaawy. Poi Boateng (espulso anche lui) e ancora il Faraone chiudono la pratica. A Milanello qualcuno parla di scudetto. Troppa grazie. Dopo l'inizio choc, un terzo posto sarebbe accolto dalla ola.

Un Diamanti è per sempre.
Se Totti è in zona eternità, un Diamanti è per sempre. A Bologna in un pomeriggio da ultima spiaggia, il fantasista di Pioli illumina il grigiore. Perla su punizione per l'1-0 contro l'Atalanta, suggerimenti sull'orlo della genialità, riserve di energia da spendere quando sull'1-1 (Denis), la gara sembra in mano ai bergamaschi Invece no. A chiudere ci pensa Manolo Gabbiadini. Nessuna squadra tra le pericolanti può schierare ragazzi del suo talento e gente come Gilardino. In basso ci si divertirà.

Ride meno la Genova di Preziosi, anzi piange, dopo il 4-2 esterno dell'ex allievo Corini a Delneri appena riemerso con un sorriso da sei sconfitte, solo sette giorni fa. Paloschi, tripletta per il Chievo lascia i rossoblù nel caos. Delneri rischia, ma quando sbaglia anche chi di solito è il migliore, il portiere Frey (orrore sulla rete del 2-4), forse, significa che le stagioni sono segnate. Domenica si va a Pescara. Spareggio con vista sulla B. Cambiare quindici elementi della rosa ogni anno lascia i rami secchi e la pianta agonizzante.

 

 

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