VENDERE IL CARROZZONE RAI? IL PARLAMENTO NON POTRÀ FARE NULLA PRIMA DEL 2016, QUANDO SCADRÀ LA CONVENZIONE CON LO STATO (A QUEL PUNTO LA RAI SARÀ GIÀ KNOCK OUT)

Marco Mele per "Il Sole 24 Ore"

I privati nella Rai. Il servizio pubblico privatizzato, o a maggioranza pubblico con soci privati. O la vendita al mercato di "pezzi" della concessionaria, per fare cassa. Il vespaio suscitato dal ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni ha prodotto una sorta di discussione fantapolitica sulle sorti di mamma Rai.

Tutte poco fondate, come vedremo. La vera scadenza che attende la Rai è quella del 2016, quando, il 6 maggio, scadrà l'attuale convenzione con lo Stato. Il viceministro delle comunicazioni, Antonio Catricalà, ha già chiarito l'impossibilità di un rinnovo amministrativo. Dovrà decidere il Parlamento, con ogni probabilità quello della prossima legislatura, se e come rinnovare alla Rai la concessione di servizio pubblico radiotelevisivo.

L'azionista unico della Rai è il Tesoro, ovvero il ministro dell'Economia. La maggioranza dei sì - erano stati più di 15 milioni a votare sì e otto milioni a votare no - al relativo referendum nel giugno 1995, per la verità, avrebbe obbligato il Parlamento ad abrogare la totale partecipazione pubblica della Rai (non la partecipazione in quanto tale). Così non è stato. Nel 2004, poi, la legge Gasparri ha previsto l'ingresso dei privati nell'azienda radiotelevisiva pubblica: ed è rimasta tuttora inattuata, anche per la sua difficile praticabilità.

Si prevedono una serie di offerte pubbliche di vendita gestite dal Cipe per arrivare all'alienazione della partecipazione dello Stato. Con un limite, quello dell'1% per le azioni con diritto di voto in mano a un singolo soggetto, vietando patti di sindacato o di blocco tra gli azionisti che portino a detenere una partecipazione superiore al 2%. Difficile pensare ad un successo di quest'offerta pubblica di vendita, tanto che la Gasparri è rimasta, su questo punto, lettera morta.

Non si può non tener conto anche dell'attuale contesto del mercato radiotelevisivo: per cedere La 7 a Urbano Cairo, Telecom Italia ha dovuto mettere sul piatto un aumento di capitale per lasciare la società con una posizione finanziaria netta positiva per 88 milioni di euro in cambio del milione sborsato da Cairo. Ipotesi teoriche, insomma; una Rai in mano ai privati, ad esempio, avrebbe difficoltà a conservare il canone e la concessione, ma avrebbe i limiti di affollamento pubblicitario delle altre tv commerciali.

Un'ipotesi che sembra più concreta è quella di cedere "pezzi" della Rai per fare cassa. Il "pezzo" di maggior valore è la rete di trasmissione, ovvero la controllata RaiWay. In passato, nei primi mesi del 2001, il direttore generale Claudio Cappon aveva raggiunto un accordo con gli americani della Crown Castle per cedere il 49% di RaiWay in cambio di un corrispettivo di circa 400 milioni di euro. Maurizio Gasparri, allora ministro delle comunicazioni, fece saltare l'operazione che aveva ottenuto il via libera dall'Antitrust, con analogo parere favorevole da parte dell'Agcom. Senza una nuova legge, in caso di cessione di quote di maggioranza o di minoranza di RaiWay, in ogni caso, sarebbe la Rai a fare cassa, non il Tesoro.

La vera partita, insomma, si giocherà sul rinnovo della concessione e sulle sue modalità e, magari, sulla riduzione della pubblicità, sul modello di quanto fatto (non con grande successo) in Francia e Spagna previa approvazione preliminare di un provvedimento che riduca in modo drastico l'evasione del canone. E un altro che, magari, in un'altra epoca politica, aumenti concorrenza e pluralismo nel sistema della comunicazione.

 

RAI di viale Mazzini Intervento di Luigi Gubitosi GUBITOSI E TARANTOLA jpeggasparri foto mezzelani gmt RENATO BRUNETTA E MAURIZIO GASPARRI - Copyright Pizzi

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