
LA VENEZIA DEI GIUSTI – “DUSE” DI PIETRO MARCELLO, BIOPIC DEGLI ULTIMI ANNI DI ELEONORA DUSE, È SOPRATTUTTO UNA GRANDE OCCASIONE PER VALERIA BRUNI TEDESCHI DI CONFRONTARSI CON UN GRANDE RUOLO DA PROTAGONISTA, DA VERA E PROPRIA STAR - L’IDEA DEL FILM, CHE PARTE DA UNA SOLIDA RICOSTRUZIONE STORICA, È PIUTTOSTO INTERESSANTE, MA NON MI PIACCIONO I TROPPI PRIMI PIANI INSISTITI DEGLI ATTORI E MI SEMBRA UN PO’ POVERO IL MONDO DEL TEATRO DEL TEMPO. MA AMMETTO CHE NON È FACILE FARE UN FILM COSÌ… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
valeria bruni tedeschi in duse
Terzo film italiano in concorso, dedicato a Goffredo Fofi, sponsor e padre spirituale del suo autore, Pietro Marcello, “Duse”, biopic degli ultimi anni di Eleonora Duse, dal suo impegno in trincea durante la Prima Guerra Mondiale agli anni del suo ritorno alle scene e al suo declino fisico, malata di tubercolosi, durante la presa di potere di Benito Mussolini, è soprattutto una grande occasione per Valeria Bruni Tedeschi di confrontarsi con un grande ruolo da protagonista, da vera e propria star, dopo una serie di prove di notevole livello come “L’arte della gioia”.
valeria bruni tedeschi e noemie merlant in duse
Malata, rincorsa da una figlia, Enrichetta, interpreta da Noémie Merlant, che non si sente amata e vorrebbe portarla con sé lontana dalle pazzie del teatro, ancora adorata dal suo pubblico dopo 12 anni di assenza dalle scene, si rimette in gioco in un’Italia impazzita e già vicina alla deriva fascista, dopo aver perso tutti i suoi averi con la guerra, ma anche perché si sente viva solo recitando, magari il ruolo di Ellida in “La donna del mare” di Ibsen, che ne mette a nudo il suo rapporto con la maternità, ancora legata al grande amore della sua vita, Gabriele D’Annunzio, interpretato da Fausto Russo Alesi, grande attore di impostazione bellocchiana, che si trascina come inseparabile un Giordano Bruno Guerri che fa in qualche modo proprio sé stesso, depositario delle memorie del Vate.
Ma le sue scelte di vita e di carriera sembrano tutte un po’ dettate da una sorta di offuscamento, di malessere, che la portano a una serie di errori clamorosi.
valeria bruni tedeschi e fanni wrochna in duse
Mette in scena una “Donna del mare” antiquata, che le verrà massacrata perfino da Sarah Bernhardt, sua storica rivale, interpreta da Noémie Llovsky, si butta nel dar vita alla commedia di un giovane poeta, “Ecuba delle trincee”, prodotta da un rozzo cinematografaro, quello che ha prodotto il suo unico film, “Cenere” del 1916, che verrà massacrata la sera della prima (“vai dar via i ciapp!” sentiamo gridare al fischiatissimo autore dalla platea), accetta l’abbraccio per nulla sincero di Mussolini, interpretato dal napoletano Vincenzo Pirrotta, contro i consigli di D’Annunzio, che almeno le condona i debiti e le dà una pensioncina con cui campare, non segue i consigli del medico di fiducia, che già curò Mussolini in guerra, e sta sempre peggio. Possibile vedere nel declino della stella del teatro italiano lo stesso declino del paese, che si getta senza pensare tra le braccia del fascismo.
valeria bruni tedeschi e fanni wrochna in duse
L’idea del film, che parte da una solida ricostruzione storica, la sceneggiatura è firmata da Letizia Russo, Guido Silei e lo stesso regista, è piuttosto interessante, la Bruni Tedeschi si cala senza nulla perdere del suo essere sempre la Bruni Tedeschi nel personaggio difficile della Duse e nel suo precipitare nel vuoto come fosse una Joan Crawford. Gli incontri con D’Annunzio, mediato sempre da Giordano Bruno Guerri in maniera anche simpatica, sono piuttosto riusciti, anche se si esagera un po’ nel mostrarlo quando si piscia addosso nei mutandoni (che diranno i nuovi maestri della egemonia culturale della destra di oggi?).
valeria bruni tedeschi in duse
Mi piace anche l’idea del repertorio del tempo ricolorato, il viaggio in treno della salma del Milite Ignoto, storia che nell’Italia che ho vissuto era un tormentone patriottico alle elementari. Non mi piacciono i troppi primi piani insistiti degli attori, che evidentemente sono una scelta stilistica, ma finiscono per appesantire le situazioni e togliere spazio al teatro. E mi sembra proprio un po’ lontano, non poco studiato ma un po’ povero, il mondo del teatro del tempo.
L’Ermete Zacconi di Mimmo Borrelli è un po’ macchiettistico per non dire del Memo Benassi gay di Vincenzo Nemolato, che abbiamo visto come Re Vittorio Emanuele III in “M” di Joe Wright. Memo Benassi aveva grande fascino e grande presenza sulle scene, ohibò. Ma chi vuole occuparsi oggi del teatro italiano degli anni ’20. Ricordo un’intervista clamorosa di Totò che parlava di Zacconi e del suo attaccamento alle scene (“Non sarebbe mai morto…”).
noemie merlant e fanni wrochna in duse
Ecco, forse perché ho letto da poco il grande libro sul Teatro Italiano di Sergio Tofano, penso che c’è poco teatro nel film di Pietro Marcello. Ma ammetto che non è facile fare un film così, sulla Duse a un secolo esatto dalla sua morte. Alla fine funziona benissimo la Bruni Tedeschi che fa la Duse nelle calli veneziane, che si muove in mezzo a un esercito di ancelle fedelissime, funziona Fortuny che le fa le scenografie (che non vediamo). E l’incontro con Mussolini dove lei le porta il progetto di teatro monumentale con le muse è notevole.