
A VENEZIA TORNA “ROMA ORE 11”, IL FILM NEOREALISTA DI GIUSEPPE DE SANTIS DEL 1951 SULL’INCIDENTE NEL VILLINO DI VIA SAVOIA, A ROMA, CHE COINVOLSE CENTINAIA DI ASPIRANTI DATTILOGRAFE – IL CROLLO DI UNA SCALA CAUSO’ LA MORTE DI UNA RAGAZZA E IL FERIMENTO DI ALTRE 77 - TRA GLI SCENEGGIATORI C’È ANCHE UN GIOVANE ELIO PETRI, ALL’EPOCA 23ENNE GIORNALISTA ALL’UNITÀ - VIDEO
Stefano Ciavatta per repubblica.it - Estratti
“Roma ore 11” (1952) di Giuseppe De Santis torna in sala martedì 2 settembre alla Mostra del cinema di Venezia (ore 14 sala Corinto per Venezia Classici), grazie al prezioso restauro — i negativi originali erano irreperibili — di CSC Cineteca Nazionale in collaborazione con Titanus.
L’occasione sono i 30 anni dal Leone d’oro alla carriera per De Santis. Il fatto di cronaca raccontato nel film fa parte dell’immaginario cittadino. Nella gelida mattina del 15 gennaio 1951, in via Savoia nel quartiere Salario, crolla la scala di un villino sul quale sostavano stipate centinaia di aspiranti dattilografe in attesa del colloquio.
L’annuncio recitava: “Signorina giovane intelligente volenterosissima attiva conoscenza dattilografia miti pretese per primo impiego cercasi”. Delle ragazze in cerca di occupazione e indipendenza economica, una morì e settantasette finirono all’ospedale.
Tra gli sceneggiatori c’è anche un giovane Elio Petri, all’epoca 23enne giornalista all’Unità. “Roma ore 11” si basa sul reportage di Petri caldeggiato dagli stessi De Santis e Zavattini, che guidano il gruppo di sceneggiatori in cui debutta anche Sonego.
L’inchiesta divenne nel 1956 un libro, pubblicato per le edizioni Avanti!, incredibilmente mai più ristampato fino al recupero di Sellerio nel 2004, grazie ad Antonio Ghirelli. Anche se da tempo esaurito, resta uno dei libri più potenti sulla Roma del dopoguerra.
Quattro mesi dopo la tragedia, Petri gira per Roma per rintracciare le ragazze che finirono in ospedale, bussa alle case, la domanda è la stessa: “Vorrei che mi raccontasse la sua vita, le ragioni per cui andò a finire in via Savoia”.
Le ragazze vengono da tutta Roma. Petri passa dal Delle Vittorie “una palazzina comoda, abitata da magistrati, funzionari dello Stato, vecchie famiglie borghesi. La costruzione ha già un aspetto antico, riposante”, alle capanne del Campo Parioli, addossate alla tribuna abbandonata del vecchio ippodromo, su cui sorgerà il Villaggio Olimpico: “Questi sfollati di guerra sono come dei Robinson Crusoe sbarcati nel bel mezzo d’un quartiere di milionari, invece che in un’isola deserta”.
Nato da famiglia operaia, autodidatta, Petri non si meraviglia di nulla. Quando va a Centocelle, la via che cerca, via delle Mimose, “non esisteva ancora”. Quando un ingegnere edile gli indica la campagna — “è quella via delle Mimose” — in mezzo al nulla Petri trova una casa in costruzione, già abitata: “il civico 21 è questo”. E può bastare.
Le ragazze che Petri incontra hanno ferite ben visibili sulla testa. Ricevettero dall’ospedale il conto da pagare. Fu un altro guaio. Il lavoro, i soldi, l’emancipazione, sono il tema del reportage di Petri. Per Beatrice fu più il timore di aver perduto le scarpe, il cappello, la borsa: “Il mio unico pensiero fu di ritrovarli. Per comprarmi quegli oggetti erano passati i mesi, gli anni. Avevo dovuto risparmiare su tutto”.
Sulle scale di via Savoia 31 c’è un mondo di famiglie povere o cadute in disgrazia, di ambienti miseri reduci dalla guerra, di frustrazioni e disperazioni, di aspettative basse. Eppure Petri intercetta una forza del desiderio: provare a fuggire pur sapendo che il mondo lavorativo là fuori, governato dai maschi, è una giungla di sciacalli.
(…) Marcella del Quadraro confessa: “A via Savoia parlavamo di queste cose. A far le file per cercare lavoro una impara come deve comportarsi, sa le cose che l’aspettano”.
Gi fa eco Anna del Flaminio: “Noi ragazze siamo oggetto di un’azione continua di corruzione e molte cedono le armi”. L’alternativa per molte, anzi “l’unica mia speranza — dice Carla — è di sposarmi”. Ma Fiamma, che abita negli alveari della Prenestina rosselliniana, rimprovera quelle che “vivono solo pe’ aspetta’ uno straccio di marito che se le porti via da casa”.
C’è anche chi cede alla prostituzione.
Il film venne boicottato nella distribuzione e promozione a causa dei contenuti sociali ritenuti scomodi. L’unica vittima, Anna Maria Baraldi, morì la sera stessa. Ricoverata al Policlinico c’era anche la madre che l’aveva accompagnata. Il villino — tipica architettura di lusso anni Venti — venne demolito in seguito. Il palazzo sorto al suo posto non serba memoria alcuna. Ma di lì è passato un pezzo di Roma.