VERONESI AMARCORD – IL REGISTA RICORDA L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’EDONISMO DEGLI ANNI OTTANTA CON NUTI E TROISI

Fulvia Caprara per "la Stampa"

Il bar si chiamava «Hemingway», era stretto nel cuore di Roma, a due passi dal Pantheon, dieci dal Parlamento. Ci passavano serate di pensieri leggeri, battute, chiacchiere, canzoni. Quella volta, racconta Giovanni Veronesi, erano quattro, lui, Francesco Nuti, Massimo Troisi e Alessandro Haber, con i primi due «sempre in sana competizione, sempre in gara per essere quello che faceva ridere di più».

S'era fatto tardi e a un certo punto Troisi «prende in mano la chitarra, si mette svogliatamente a suonare. La secchiata d'acqua arriva dopo un attimo, lanciata da una signora esasperata dagli schiamazzi. Il bello fu che prese in pieno solo Massimo, noi neanche uno schizzo, lui fradicio dalla testa ai piedi. Reagì con un monologo di un quarto d'ora in cui ragionava su quella assurda casualità, fermo, gocciolante, davanti a noi, tutti asciutti, piegati in due dalle risate».

Ai piedi di Veronesi che ricorda, nella sua casa di Monteverde, c'è il cane Vasco («Per Pratolini eh, non per Rossi») spiaggiato sul tappeto come una balena pelosa, e per un attimo, solo per sbaglio, fa capolino, discreta e luminosa, la fidanzata Valeria Solarino: «Quelli sono stati i dieci anni più belli della mia vita, dall''83 al ‘93, e li devo quasi tutti a Francesco. Ero molto motivato, ma avere accanto una persona così mi dava stimolo, un po' come nel ciclismo, ci sono i gregari e c'è il capitano, però l'impresa è la stessa e la vittoria appartiene a tutti».

Il primo incontro fu a Prato, nell'81, dietro le quinte dello spettacolo che Giovanni aveva messo in scena con il fratello scrittore Sandro, una rilettura del Diario di un pazzo di Gogol: «"Io non ci ho capito ‘na sega", mi disse Nuti venendo in camerino, "però mi sembri bravo". Mi portò a Roma, dormivamo insieme, io su una poltrona, solo dopo 6 mesi abbiamo capito che era una poltrona letto».

Erano cominciati i tempi gloriosi del Residence Prati, poi ribattezzato «Fort Alamo». Giovanni scriveva e Nuti interpretava, dietro e davanti la macchina da presa: «Facevo il "negro", neanche firmavo. Fumavamo come assassini dalla mattina alla sera. Poi un giorno Francesco mi disse che gli sarebbe piaciuto avere un figlio, lo presi alla lettera e gli scrissi la sceneggiatura di Tutta colpa del Paradiso dove, appunto, era un padre a cui vogliono togliere il bambino. La lesse, e non ci credeva, "ma è vero che l'hai scritta tu? Non è che l'hai copiata"?».

Al sodalizio si era unito Vincenzo Cerami e Giovanni cambiò indirizzo: «Mi ha tenuto un anno ospite da lui, in una casa che era l'ex-studio di Pasolini. C'era ancora la sua macchina da scrivere, con la "m" che non funzionava, mi sembrava di stare in un museo». Una volta Cerami portò i ragazzi (Nuti aveva 29 anni, Veronesi 22) a scrivere a Sabaudia: «Giocavamo a pallone sulla spiaggia, era fuori stagione, il giorno si lavorava, la sera si andava in giro a caccia di avventure».

Avventure in senso lato, non solo donne, anche perchè quelle, dice Veronesi, non li hanno mai divisi e non è vero che quel gruppo lì, Troisi compreso, condividesse, come qualcuno sostenne allora, un certo velato maschilismo: «Facevamo corpo, certo, c'era solidarietà, ma i gusti e le scelte erano diversi. Circolava pure la voce che fossimo gay... D'altra parte in provincia è così, a Prato, quando giravo i miei primi filmini con gli amici, dicevano: "Ecco i finocchi, oggi che scenetta ci girate?" E le ragazze che recitavano erano tutte invariabilmente "mignotte"». Insomma, tentazioni machiste zero: «I comici vengono sempre considerati maschilisti, succedeva pure a Totò, in realtà siamo stati gli unici che, all'epoca, hanno dato davvero spazio alle figure femminili».

La complicità era la cosa più importante, il tempo consumato insieme «facendo colazione nello stesso bar, scrivendo tutto il giorno fianco a fianco, e la sera, dopo il lavoro e dopo la doccia, mettersi d'accordo per andare a cena nello stesso ristorante». Con Francesco era così, anche quando andava a giocare a poker e Giovanni lo seguiva, da spettatore: «Una sera al tavolo c'erano Roberto Benigni, Carlo Monni e Massimo Troisi. Un silenzio di tomba, spezzato solo da un ticchettio che somigliava a quello di una sveglia. Francesco a un certo punto sbottò: "ma che è ‘sto rumore?" e Massimo, quieto, "e' ‘o core Francè, è o' core mio". I vecchi pace-maker erano così, facevano rumore».

Quello di Troisi a un certo punto non servi più. E Francesco, tra il ‘93 e ‘94, iniziò forse a pensare che anche la sua esistenza non serviva a niente: «L'ultimo film scritto insieme è stato OcchioPinocchio ...era entrato in quella bolla senza gravità che è l'alcool. Gli sono stato dietro per 3 o 4 anni, cercando di aiutarlo, poi ho capito che stavo buttando via anche la mia vita. Abbiamo litigato e non abbiamo più lavorato insieme».

Un momento di buio, come un calo di corrente, ma poi la luce è tornata. Francesco è caduto, ha avuto un incidente grave, che gli ha levato le gambe e la parola, adesso, per fortuna, sta meglio: «Io dico che sta vivendo la sua terza vita, anzi la quarta, da quando è uscito dal coma».

Sulla strada di Veronesi è spuntato nel frattempo Leonardo Pieraccioni («una collaborazione lunga 17 anni, ma stavolta il fratello maggiore sono stato io»), si sono rinnovate le convivenze al Residence Prati, lo «scambio di sinergie» con Panariello, Fazio, Conti, Ceccherini. Però qualcosa, inevitabilmente, è cambiato per sempre: «Non ho mai rimpianto l'età del liceo e non tornerei indietro se non per ritrovare il Francesco di un tempo. L'unica nostalgia che provo è per lui, per il suo modo guascone di affrontare la vita ogni mattina, per la sua camminata indolente. So che non torneranno mai e mi mancano».

 

Giovanni Veronesi Giovanni Veronesi FRANCESCO NUTItroisi nel postinoALESSANDRO HABER FOTO ANDREA ARRIGA VINCENZO CERAMI ROBERTO BENIGNI DURANTE LO SPETTACOLO SULLA COSTITUZIONEtu mi turbi roberto benigni carlo monni CARLO MONNI Massimo_Ceccherini

Ultimi Dagoreport

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO