LA VERSIONE DI MUGHINI – SORIA, SOLDI IN NERO E IPOCRISIA - LA PAGO POCO MA IN NERO. QUESTA È LA REALTÀ ODIERNA, FUORI DALLE SCIOCCHEZZE DI CHI CREDE CHE CON LA CULTURA CI SI POSSA MANGIARE (DIO, QUANTO ADORO PARLARE DI SOLDI)

GIAMPIERO MUGHINIGIAMPIERO MUGHINI

Giampiero Mughini per Dagospia

 

Caro Dago, venti o trent’anni fa mi accusavano di essere poco chic da quanto adoravo parlare di soldi, di quel dare e avere in cui la buona parte dell’umanità darebbe la propria sorella ai beduini pur di cavarne qualcosa. Oggi il parlare di soldi è invece divenuto l’unico argomento possibile, ossia quanto sia sciagurato e privilegiato e corrotto il nostro vicino di giardino che di euro ne guadagna uno più di noi. E non c’è buffone che sull’argomento non sproloqui 24 ore al giorno.

 

Ecco perché trovo formidabile questa pièce teatrale che occupa titoli di rilievo dei nostri quotidiani di oggi. C’è un gran pregiudicato, quello che faceva il bello e il cattivo tempo in un premio letterario italiano piemontese (con tutti che lo applaudivano e lo omaggiavano), e d’improvviso si scopre che era un gran furfante, che i soldi se li incamerava a mucchi, altro che eccellenze letterarie e squisitezze stilistiche. C’è poi che il pregiudicato nell’aula di un tribunale denunci ad alta voce politici e giornalisti rinomati: i quali gli mordevano le carni per averne denari in nero che compensassero - mi pare - i loro elogi.

Giuliano SoriaGiuliano Soria

 

Soldi, tanti, e per giunta in nero. Dio, che delizia teatrale. O meglio no. Se l’accusa è vera, che il pregiudicato porti le prove e subito. Se non è vera, che gli si trovi in casa qualche opera d’arte con cui risarcire la reputazione offesa dei giornalisti da lui nominati. Il tutto da fare subito, in una settimana. Dieci giorni al massimo. E invece naturalmente non succederà nulla di nulla, nel senso che l’eventuale causa civile per diffamazione andrà avanti dieci anni. Con tanti titoli sui giornali, nel frattempo. E’ l’Italia, bellezza.

MUGHINIMUGHINI

 

Solo che questa faccenda dei pagamenti in nero a noi giornalisti mi attizza enormemente. Nei quaranta o forse più anni che sono andato in giro a far chiacchiere remunerate, mai a nessuno ho chiesto pagamenti in nero. Non perché qualcuno di molto autorevole mi aveva convinto che “pagare le tasse è bello”. No, non chiedevo pagamenti in nero perché quando mi guardo allo specchio al mattino voglio vedere qualcosa che mi piace.

 

soria Giulianosoria Giuliano

Naturalmente sapevo, per nome e cognome, di quei colleghi che chiedevano a tutti i costi un pagamento in nero e di cui si lamentavano alcuni dei miei datori di lavoro. Nomi e cognomi che non farei neppure sotto tortura. Naturalmente in quarant’anni due o tre pagamenti in nero li ho avuti, non che io li avessi chiesti. Mi pagò in nero un circolo culturale che non aveva neppure la partita Iva necessaria a fare una fattura, mi pagò in nero una libreria che mi aveva invitato il giorno del suo debutto commerciale. Cifre miserrime se raffrontate a quel che pagavo annualmente di tasse.

 

Adesso, nel nuovo millennio, le cose sono cambiate. Se non ha un’attività collaterale nella prostituzione o nel traffico di droga, un circolo culturale o un qualche assessorato non hanno un soldo di che pagarti. Ti chiamano, un viaggetto di due giorni tra andata e ritorno, e ti dicono che ti pagheranno il treno e la cena.

 

GIULIANO SORIAGIULIANO SORIA

Qualcuno però fa un’offerta diversa: la pago poco ma in nero. Questa è la realtà odierna, fuori dalle sciocchezze di chi crede che con la cultura ci si possa mangiare. Non ci si prende neppure un bicchiere d’acqua. E dunque se qualcuno ti chiama, e tu gli parli di una fattura, gli si rizzano i capelli in testa.

 

Una fattura vuol dire che su quell’importo pagherai poco meno del 50 per cento di tassa sul reddito (ti danno 1000, il tuo incasso netto è 500), poi c’è l’Iva al 22 per cento, poi c’è che sai preso un treno paghi Iva e tassa sul reddito anche su quello, talvolta ci paghi addirittura l’Enpals, roba che una rapina al supermercato al confronto è un atto da francescano scalzo. Roba che se la facessero agli impiegati statali tutelati dalla Cgil succederebbe il finimondo. E allora?

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Succede che uno che conosco mi chieda di presentare un suo libro nella sua città. Due giorni, tra andata e ritorno. Chiedo il minimo possibile, il minimo. Lui non ce la fa, non ce la fa a pagare quella miseria più Iva più tutto più spese tassate. E allora mi chiede se possiamo trovare una soluzione più amichevole. Mi darò ancor meno, ma nero nero in cash. Penso che gli dirò di sì, che cercherò di evadere 200-300 euro di tasse.

giuliano soria stefano della casagiuliano soria stefano della casa

 

Lo dico a fronte alta, strafottendomene del ditino puntato di qualche retore del “bisogna pagare le tasse”, convinto come sono che dal suo seggio in paradiso Tommaso Padoa-Schioppa pienamente mi approvi. Farò una cosa di cui un amico mi sarà grato, darò del lavoro a tassisti e a un albergatore, stuzzicherò l’intelligenza di quanti verranno (a gratis) ad ascoltare. Che dici, caro Fisco italiano, mi puoi dare torto? E ancora, chi di voi amici cari che siete a posto con la vostra coscienza fiscale quanto lo sono io, si comporterebbe diversamente? Dio, quanto adoro parlare di soldi.

 

GIAMPIERO MUGHINI

 

 

 

 

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