STUPRI, MUTILAZIONI, LINCIAGGI: “12 ANNI SCHIAVO”, FILM TROPPO VIOLENTO? - IL REGISTA MCQUEEN: “PER ME È UN FILM D’AMORE’, SEMBRA UNA FAVOLA DEI FRATELLI GRIMM” (MA LE PROSPETTIVE PER IL BOTTEGHINO NON SONO ROSEE)

Articolo di John Hiscock per The Daily Telegraph pubblicato dal "Fatto quotidiano" - Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

Prima sono arrivati gli applausi, le lodi della critica e le quasi unanimi previsioni per la nomination all'Oscar. Oggi, a qualche mese di distanza, l'ultimo film di Steve McQueen, 12 anni schiavo, è stato presentato al Festival di Telluride e al Festival di Toronto e le cose sono un po' cambiate. La critica è ancora favorevole e ne fanno fede le sette nomination per i Golden Globes, ma le prospettive per il botteghino non sono più così ottimistiche.

Il film, costato 20 milioni di euro e basato su una storia vera, è ambientato negli anni precedenti la Guerra di Secessione americana e ha come interprete Chiwetel Ejiofor nei panni di Solomom Northup, un nero libero, rapito e venduto come schiavo. Il film rappresenta gli orrori della schiavitù in maniera realistica e brutale, il che ha indotto gli esperti a prevedere che probabilmente non risulterà gradito a causa delle scene di violenza, di stupri, di mutilazioni, di sofferenze e linciaggi.

Nel tentativo di smussare almeno gli aspetti più sgradevoli, la casa di distribuzione Fox Searchlight, ha fatto trasmettere in tv una serie di spot con Brad Pitt, che ha coprodotto il film e vi interpreta un piccolo ruolo, insieme a divi di colore del mondo dello spettacolo.

Tuttavia i problemi di marketing non sembrano preoccupare il 44enne londinese Steve McQueen, regista del film e uomo abituato a dire quello che pensa: "Il libro autobiografico di Solomon del 1853, che è alla base del film, mi ha fatto venire in mente Il Diario di Anna Frank - dice Steve McQueen - È un testamento incredibile e, a mio giudizio, è il Diario di Anna Frank dell'America, una testimonianza di prima mano della schiavitù", spiega il regista subito dopo la prima del film.

"Volevo parlare della schiavitù e mi sono chiesto come potevo avvicinarmi a questo tema così doloroso e delicato. È stata mia moglie a suggerirmi di leggere il libro. Una folgorazione: ho cominciato a leggere e non riuscivo a smettere. La storia mi ha lasciato a bocca aperta e tramortito. Sembra una favola dei Fratelli Grimm con un uomo che nel buio viene strappato alla sua famiglia e gettato in un pozzo scuro che però ha una via di uscita".

Le accuse di eccessivo compiacimento nel ritrarre la violenza le liquida con un gesto della mano: "Per me è un film d'amore. E sapete perché? Solomon viene messo alla prova con ogni forma di violenza mentale e fisica e, non di meno, non abbandona mai la speranza di riunirsi alla sua famiglia. Ci sono spettatori che hanno capito benissimo che il tema del film non è la violenza, ma la forza dell'amore e lo spirito di sopravvivenza".

È anche un film sulla bellezza, dice McQueen: "Le piantagioni nelle quali abbiamo effettuato le riprese sono stupende ed è una stridente contraddizione quella tra la crudeltà e la bellezza dei luoghi. Per la troupe e gli attori è stata un'esperienza molto intensa; abbiamo formato una specie di famiglia e ci siamo sostenuti e incoraggiati gli uni con gli altri per superare gli ostacoli e realizzare il film che avevamo in mente di fare".

Dopo Hunger e Shame, questo è solamente il terzo film di Steve McQueen. I precedenti hanno qualcosa di sinistro, di oscuro, di inquietante, quasi di minaccioso. In tutti appare Michael Fassbender che in 12 anni schiavo interpreta il ruolo di un mercante di schiavi sadico e malvagio di nome Edwin Epps. "I miei film riguardano anzitutto e soprattutto ciò che è importante per me - spiega il regista - 27 anni fa, undici persone morirono in cella in una prigione britannica; fu una cosa tremenda ed estremamente importante e nessuno se ne era veramente occupato prima di me. Per questo ho deciso di girare Hunger.

Per quanto riguarda Shame, posso dire che il sesso ci riguarda tutti. Tutto quello che succede in Internet riguardo al sesso e il modo in cui tutto viene filtrato e arriva nella vita quotidiana di noi tutti era per me un altro tema di grande importanza. La schiavitù, infine, è un problema di grandissimo rilievo che il cinema - almeno prima che girassi il mio film - in fondo non aveva saputo o voluto raccontare con la forza che merita".

Dal 1997 Steve McQueen si è trasferito ad Amsterdam con la sua compagna, la critica culturale Bianca Stigter, i figli Alex e Dexter. Tuttavia torna a Londra per vedere sua madre e il Tottenham Hotspur. Steve McQueen è nato nella zona occidentale di Londra da genitori delle Indie occidentali, ha frequentato la Scuola di Arte e Design di Chelsea e si è poi iscritto al Goldsmith's College prima di diventare un artista concettuale noto e molto apprezzato da pubblico e critica.

Ha iniziato la carriera con una serie di cortometraggi sperimentali prima che Channel 4 lo invitasse a dedicarsi alla scrittura di un lungometraggio che nel 2008, dopo cinque anni di preparazione, sarebbe diventato Hunger, storia dello sciopero della fame dei detenuti dell'IRA nel 1981.

Quando gira, predilige i lunghi piani-sequenza e Hunger detiene il record di ciak più lungo senza interruzione: 17 minuti e mezzo. Steve McQueen ha adottato la medesima tecnica per le riprese di 12 anni schiavo girando con un unico ciak della durata di oltre quattro minuti la scena in cui il protagonista viene frustato.

Nella scena di agghiacciante brutalità nella quale Fassbender violenta una donna, la macchina da presa per diversi minuti rimane incollata sul suo viso. Girare quella scena è stata una esperienza emotivamente molto forte sia per Fassbender che per l'esordiente Lupita Nyong: "Bisogna tenere alta la tensione - dice McQueen - Mi piace pensare che non è una finzione, ma che siamo realmente presenti mentre quelle cose avvengono".

 

 

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