1. PREPARATE GLI OMBRELLI. NON SONO SOLDI, MA MILIONI A CATINELLE. CON 18 MILIONI E 600 MILA EURO DI DATI CINETEL, AI QUALI VANNO AGGIUNTI UN PAIO DI MILIONI DI 200 SALE NON CONTEGGIATE, “SOLE A CATINELLE” CON CHECCO ZALONE BATTE TUTTI I RECORD ITALIANI 2. SE HAI UN BUON FILM CHE FA RIDERE, ANCHE SU TEMI SERI, IL PUBBLICO PER 1300 SALE C’È 3. PADELLARO SUL “FATTO” HA CAPITO CHE È UN FILM POLITICO: “UN DISGRAZIATO PIÙ STRONZO DEI RICCHI, CHE DIVENTA PEGGIO DI LORO. COME IL PD CHE COPIA BERLUSCONI” 4. IL SOCIOLOGO PANARARI: “CHECCO ZALONE E FABIO VOLO, RIDENDO ARRIVANO SEMPRE PRIMI AL CINE E IN LIBRERIA. LA LORO FORZA? RAPPRESENTARE L’ITALIANO MEDIO” 5. ‘’DUE ARCITALIANI DI TALENTO, POST-VITELLONI DI PROVINCIA (MA AUTOIRONICI E SCORRETTI) CHE SE NE SBATTONO DELLA POLITICA E TRIONFANO DESCRIVENDO LA REALTÀ’’

1. CHECCO ZALONE INCASSA 18,6 MILIONI IN 4 GIORNI, RECORD STORICO
Marco Giusti per Dagospia

Preparate gli ombrelli. Non sono soldi, ma milioni a catinelle. Con 18 milioni e 600 mila euro di dati Cinetel, ai quali vanno aggiunti un paio di milioni di altre 200 sale non inserite nel conteggio, e si arriverebbe quindi a qualcosa come 20 milioni di euro, "Sole a catinelle" di Gennaro Nunziante con Checco Zalone prodotto da Pietro Valsecchi e solo distribuito da Medusa, batte qualsiasi record italiano di incasso settimanale, vince il Biglietto d'Oro, supera nella classifica stagionale i pupazzacci animati americani, i Cattivissimo me, Monsters e perfino i perfidi Puffi 2, lasciando esterrefatto il mondo del cinema italiano, più o meno inutilmente sovvenzionato dallo Stato (e il film di Checco non lo è), dimostrando che se hai un buon film che fa ridere, che tratta anche argomenti seri, che sa comunicare qualcosa, che ha pure 1300 sale, ovvio, il pubblico per riempirle c'è.

E ce n'è tanto, perché per vederlo si è mosso un esercito di quasi tre milioni di spettatori che di solito preferisce guardarsi il calcio a casa nel weekend. Solo ieri ha incassato 5 milioni e mezzo di euro! Non si può sapere però a quanto possa arrivare negli incassi "Sole a catinelle", se cioè saranno maggiori o minori dei 49 milioni di "Che bella giornata". Di certo saranno maggiori del listino di una società di distribuzione di grande livello per non dire che possano essere pari a quanto farà tutto il cinema italiano nella stagione (speriamo di no).

A questo punto, comunque, in piena kekkomania, è possibile tutto, visto che perfino Antonio Padellaro su "Il Fatto" si sia svegliato e lo abbia trovato un film politico (ma va?), mentre Eugenio Scalfari, da Grande Puffo, si scatenava su "Repubblica" a descrivere Beppe Grillo come Gargamella per poi chiedere a Papa Francesco di pregare, lui "che ci crede", per salvare il paese da Grillo il Barbaro.

Per fortuna non ha citato Zalone, che, a ogni buon conto, nel film, è il primo in assoluto a sistemare un santino di Papa Francesco, un po' come Scalfari, nella casetta nel Molise della Zia Ritina. Il pubblico di Checco lo vede bene quel santino e gli fa piacere, quello di Scalfari meno. Aspettando che si sveglino i Santoro-Formigli-Telese con il loro carico di PigiBattista-Belpietro-Sallusti per capire il polso del paese e spiegarci il perché di tanta voglia di cinema comico tralasciando i mal di pancia del Pd e del Pdl e il caso Cancellieri, il film di Checco continuerà la sua corsa milionaria le prossime settimane, anche se non potrà più godere del lungo ponte dei morti e dei santi.

Per gli altri film restava poco ma non pochissimo, infatti "Cattivissimo me 2" ha comunque incassato 1 milione e 869 mila euro arrivando a un totale di 14 milioni e mezzo, "Cani sciolti" 864 mila, il bellissimo "Captain Phillips" solo 774 mila, "Una piccola impresa meridionale" di Rocco Papaleo altri 674 mila, il fantascientifico "Ender's Game" con Harrison Ford, in America molto pompato, solo 589 mila e "La vita di Adele" 571 mila.

Ma nella classica dei maggiori incassi del 2013 "Sole a catinelle" ha già distanziato i maggiori successi, "Iron Man 3", che era a 16 milioni, o "Il principe abusivo" che aveva raggiunto solo 14 milioni e che finora era il maggior incasso italiano dell'anno.

2. AI DIRIGENTI PD CONSIGLIAMO IL FILM DI CHECCO ZALONE
Antonio Padellaro per "il Fatto Quotidiano"

Ai dirigenti Pd consigliamo la visione dell'ultimo film di Checco Zalone: si divertiranno e avranno modo di riflettere sul personaggio che lo stesso autore ha così descritto a Malcom Pagani: "Un disgraziato che si mostra più stronzo dei ricchi, ambisce solo ad assomigliargli e alla fine, diventa peggio di loro".

Non è in qualche modo la parabola del loro partito, nato per "cambiare l'Italia" e che invece fa combutta di governo con il nemico che doveva cacciare, rischiando di spappolarsi tra mille faide interne? Prendete le ultime cronache congressuali: dalle Alpi al Lilibeo un'esplosione di tessere fasulle con i clan locali che arruolano seduta stante plotoni di immigrati e perfino gente del Pdl, per accaparrarsi quote di potere.

Mentre i veri militanti disertano nauseati le vecchie sezioni ora chiamate circoli: dei ring dove i capatàz finiscono sovente per darsele di santa ragione. Senza contare i pugnali nell'ombra, che spiegano la scelta democratica e prudente di andare al voto palese, onde evitare gli agguati dei franchi tiratori, quando il Senato dovrà pronunciarsi sulla decadenza di Berlusconi. Come la peggiore Dc, dice qualcuno: paragone che l'esperto Cirino Pomicino respinge, non senza qualche ragione, ricordando che lo scudocrociato era un partito vero e non un marketing leaderistico senza prodotto.

A Matteo Renzi le orecchie dovrebbero fischiare anche per la transumanza di facce siciliane poco raccomandabili che sul carro del vincitore vogliono pasteggiare a champagne, altro che spingere. Il giovane sindaco può vincere tutte le primarie che vuole, ma costoro poi presentano il conto: questo il senso del pizzino. Era inevitabile: per vent'anni il miliardario di Arcore è stato un perfetto alibi morale per i suoi presunti oppositori.

Lui, per dire, frodava il fisco, comprava senatori, frequentava minorenni e loro buttavano la polvere sotto il tappeto. Stavano al gioco, con i Penati di turno, percettori di buste preparate da solerti segretarie e intanto scendevano in piazza contro il Caimano cattivone. Ma ora che a palazzo Grazioli stanno (forse) per spegnersi le luci, l'alibi vacilla e le magagne altrui spuntano come i funghi con le piogge autunnali.

E può succedere che, dopo la nipote di Mubarak, tocchi alla figlia di Ligresti. E che, scoperto il peccatuccio, vengano addotte, guarda un po', identiche ragioni "umanitarie". Certo, una Guardasigilli è più presentabile di un pregiudicato, ma la protesta dei berluscones - perché a lui non credete e a lei sì? - non sembra del tutto campata in aria. "Parola di ministro" è un buon titolo per il prossimo film comico di successo.


3. CHECCO ZALONE E FABIO VOLO, RIDENDO ARRIVIAMO SEMPRE PRIMI
Massimiliano Panarari per "La Stampa"

La politica la tartassa, l'economia non ne ha più bisogno (o, almeno, così pensano in molti). E, invece, ergersi in qualche modo a campione della «gente comune», facendola leggere e ridere, paga. Eccome. Nel Paese dove (anche) le vendite di libri e biglietti cinematografici risultano in caduta libera, c'è, infatti, chi invece riesce ancora a spopolare sugli scaffali e al botteghino.

Vale a dire, dati alla mano, Fabio Volo (alias di Fabio Brunetti) e Checco Zalone (al secolo Luca Pasquale Medici): al primo appartengono 6 volumi su 10 di quelli acquistati nel corso delle ultime settimane, mentre il nuovo film del secondo, «Sole a catinelle», al week end di debutto sbanca il box office e sfiora i 13 milioni di euro di introiti.

Vite parallele di due (quasi) idealtipici italiani, l'uno del Nord e l'altro del Sud, baciati dal boom di gradimenti perché, si direbbe, in grado di intercettare come pochi altri lo spirito del tempo di questo nostro Paese affaticato e disorientato, desideroso di svagarsi e di venire confermato (e rassicurato) nei suoi fondamentali antropologici (fingendo, per comodità, che esista un'antropologia dei popoli...), anche quando questi sfociano, come nella fattispecie, nello stereotipo.

Due personaggi le cui esistenze, messe plutarchianamente in parallelo, presentano similitudini e (tante) differenze, ma che sanno entrambi farsi specchio a pieno titolo di un'Italia archetipica e percentualmente piuttosto ampia, rappresentandone vizi, tic e aspirazioni che rimangono eterne a dispetto del vorticoso mutare delle fasi storiche.

Se una delle chiavi del successo consiste nel sapere far scattare l'identificazione, i due recordmen di incassi si rivelano i re dei meccanismi mimetici, e gli alfieri della riscossa dell'uomo qualunque. Beninteso, si tratta di due individui decisamente talentuosi (altrimenti non si raggiungerebbero risultati così eclatanti...), ma certo è che tutto - dalle loro autopresentazioni ai personaggi che raccontano o interpretano - va nella direzione del vellicare l'immedesimazione dell'uomo comune e dell'italiano medio (facendo, invece, innamorare - aspetto che vale principalmente per Volo - il corrispettivo femminile).

In primo luogo, perché i loro trionfi - Volo nell'editoria e Zalone nella cinematografia - si registrano in campi dei quali, a rigor filologico e di discipline dello spettacolo, non sarebbero professionisti in senso stretto. Vendicatori, giustappunto, nel periodo della disintermediazione e dell'orizzontalità, del «medioman» nostrano che sbandiera orgogliosamente la propria (sempre aurea) mediocritas nei riguardi degli «autori» e degli specialisti, ma anche la propria (più che legittima) insofferenza di fronte ai raccomandati tutelati dai potenti di qualcuna delle caste (come quelli che mette alla berlina il comico pugliese).

L'aria di famiglia che spira dai libri di Volo e dai film di Zalone è quella dell'album generazionale (anzi, plurigenerazionale) di chi diffida profondamente del potere, e si rifugia nella risata e in un intimismo che vorrebbe almeno sfiorare un «romanticismo» precluso da troppi fattori (a partire dalla rete che moltiplica a dismisura le occasioni di rimorchio).

I due propongono altrettante, diverse e vincenti, autobiografie di una nazione smarrita e con pochissima fiducia nel futuro, che vorrebbe lasciarsi alle spalle i troppi problemi apparentemente senza vie di uscita, invocando l'ora filmica e romanzesca di ricreazione, sia ridendo a crepapelle (anzi, «a catinelle» - all'insegna della meteorologia che fa da filo conduttore alle pellicole zaloniane) che consacrandosi al bric-à-brac dell'amore liquido.

Non un'Italia resistente, né tanto meno resiliente, ma nostalgica - come nel più recente dei libri di Volo - dell'età dorata degli anni Ottanta, e intrappolata nella ragnatela del proprio personalissimo Bildungsroman incompiuto, il quale mai riesce ad approdare davvero alla maturità (siamo il Paese degli adultescenti, sentimentalmente un po' analfabeti).

È l'Italia dei post-vitelloni di provincia, popolata di piacioni un po' cialtroneschi, figli dell'era dell'individualismo senza ritorno, ma che adesso, di fronte alla crisi, vorrebbero più «collettivo» e protezioni. E pronta a rovesciare gli idola tribus (come il berlusconismo), da cui, fino a non troppo tempo fa, era stata irretita. Quando ancora c'erano le classi sociali, la si sarebbe definita l'Italia della piccola borghesia, oggi sperduta e senza l'ombra della benché minima sorte magnifica e progressiva.

Volo e Zalone si mostrano dunque alla stregua di arcitaliani, anche se, al contempo, fanno sfoggio di un'autoironia che non costituisce precisamente una delle qualità più diffuse sul suolo della Penisola. Alla larga dalla politica, chiamata in causa solo per venire sbeffeggiata, si presentano come postpolitici (quando non apertamente antipolitici), il più delle volte qualunquisti soft, trasversali (anche per piacere a un pubblico che delle ideologie è orfano appagato e compiaciuto), e, nel caso di Zalone, con un tocco marcato di politicamente scorretto (riuscendo in tal modo a suscitare ilarità bipartisan a destra come in una certa sinistra).

In un Paese nel quale il trash imperava (e continua a menare, da molti punti di vista, le danze della commedia sociale e del gusto), i due sono riusciti a incarnare, in maniera complementare, un nuovo genere di nazional-popolare, che descrive, da un'angolazione buonista nell'uno e cattivista nell'altro, un pezzo di realtà italiana di questa nostra epoca. E, quindi, anche se non piacciono, vanno tenuti attentamente d'occhio per fare il punto sullo stato antropologico (ci risiamo...) dell'Italia contemporanea.

 

 

 

 

 

Il regista Gennaro Nunziante S con Checco Zalone c ea e cdd f efbaa Gli attori Aurore Erguy S Checco Zalone e Miriam Dalmazio Dcb f e a b b f Gli attori Aurore Erguy S Checco Zalone e Miriam Dalmazio D e fa e b d afe a c a c fChecco Zalone e cda b bd ce f Sole a catinelle b ab b cfb d fd d abd ed f Sole a catinelle b c ab cb d eef a Checco Zalonefb f efdddcd f b d dc dd b Checco Zalone f f cd c ac f Checco Zalone c e c cea ebf b f Il produttore Pietro Valsecchi con gli attori Aurore Erguy Checco Zalone e Miriam Dalmazio da dbaac c d f fdd ef Checco Zalonecf ad c ec a Sole a catinelle e a fde dc d a f fabio volo fabio volo MASSIMILIANO PANARARI

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