milano sotto odio

MILANO "PRIMA DELLA CLASSE" STA SUL CAZZO AGLI ITALIANI – MASNERI SUL “FOGLIO” VERGA UN RITRATTO DELLA CITTA’ CHE TUTTI AMANO DETESTARE: “CON L’INCHIESTA SUI GRATTACIELI RIAFFIORA UN ANTICO SENTIMENTO DI ODIO DA PARTE DEL RESTO D’ITALIA NEI CONFRONTI DEL CAPOLUOGO LOMBARDO - E’ TALMENTE PERFETTA E DIVERSA DAL RESTO DEL PAESE CHE APPENA SBAGLIA TUTTI GLI ALTRI GODONO. DOPO IL COVID MILANO SI È UN PO’ PLACATA, MA L’ODIO DEI CIUCCI, CIOÈ DEL RESTO D’ITALIA, INVECE CHE SCEMARE, È MISTERIOSAMENTE CRESCIUTO - I TRAPPER MARANZATI, I FERRAGNEZ CON LA VENDETTA DEL PANDORO SUL PANETTONE, GLI SCIABOLATORI DELLA GINTONERIA, IL CORTOCIRCUITO SOCIAL E LA MAGLIETTA “TI ODIO MILANO TI AMO” CHE CELEBRA "IL DUPLICE RAPPORTO DEI MILANESI CON UNA CITTÀ CHE PUÒ ESSERE ‘TROPPO’ PER CHI LA VIVE". A VOLTE È TUTTO TALMENTE GIUSTO CHE TI GIRANO LE PALLE, E TI PRENDE UNA GRAN VOGLIA DI ANDARE A VIVERE LONTANO. MAGARI, PERFINO A..."

 

Michele Masneri per il Foglio - Estratti

 

milano skyline

Ah, Milano, la città che tutti amiamo odiare. Questo sentimento riaffiora regolarmente, direbbero i colti, come un fiume carsico, o come un naviglio aperto, e rieccolo in questi giorni, con le inchieste sui palazzoni che al netto delle responsabilità penali sembrano ispirare un vero sabba contro la città lombarda. Un processo popolare, una rivolta degli ultimi, come quando la maestra si distrae e il primo della classe finisce imbruttito dai ciucci.

 

 

Così improvvisamente ecco cronache inquietanti che narrano di una città dove i grattacieli sorgono in giardino col favore delle tenebre, coi cittadini rimasti stritolati tra nuovi colossali edifici... Milano distopica, Milano capitale di tutti i mali. Certo, magari c’è qualcosa di vero, e poi si vedranno i processi, ma per ora l’unica certezza che riconosciamo a Milano è che è appunto la più odiata dagli italiani. E’ talmente perfetta e diversa dal resto del Paese che appena sbaglia tutti gli altri godono un po’. E’ come Sinner, il campione freddo, talmente perfetto e senza le sbavature nazionali che lo fanno essere, appunto, sospetto di non italianità.

 

beppe sala

Non contribuisce il fatto che i milanesi poi quando li critichi non reagiscono benissimo, e con le difficoltà si stizziscono. A Covid appena iniziato, il sindaco Beppe Sala coniò il motto “Milano non si ferma” (subito trasformato in slogan e t-shirt, naturalmente in inglese, “Milano never stops”); poi si fermò tutto, e si fermò soprattutto la Lombardia che fece una pessima figura come sanità regionale, rispetto al Lazio, oltraggio supremo in nome di una vecchia rivalità tra le due capitali, quella politica e ufficiale e quella economica e “morale”).

 

Ma già prima della pandemia, Milano cavalcava l’onda lunga del successo post Expo, il grande rito e lavacro collettivo che nel 2015 aveva rilanciato la città. La Milano di quegli anni era sì inarrestabile e inattaccabile, guai a chi la criticava. Celebre lo schiaffo di Avellino: la risposta stizzita di Sala a chi proponeva la chiusura domenicale dei negozi, nello specifico nel 2018 l’allora vicepremier Luigi Di Maio: “fatelo ad Avellino e non rompete le palle a Milano. Qui abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti l’anno” rispose Sala. Già, oltre le palle, anche i turisti. Un altro record che lasciò attonito il resto d’Italia, perché nella vulgata nazionale - in chi magari lontano nello stivale, tapino, ignorava la Fondazione Prada e la villa Necchi e l’Hangar Pirelli e altre magnificenze milanesi - sorgeva un atroce dubbio: ma i turisti esattamente che ci vanno a fare a Milano? A vedere cosa?

 

Eppure eccome che ci vanno. A un certo punto a Milano cominciò pure a splendere il sole, arrivavano i suddetti turisti e al resto d’Italia le palle giravano sempre più. E più giravano, più cresceva questa hybris milanese un po’ nuova e un po’ tradizionale che confermava la città nell’ingrato ruolo di prima della classe, di capitale della regione più civile del paese.

 

simba la rue

Forse per la sua posizione geografica, forse per le dominazioni scelte, il duro ma salutare influsso degli austriaci, da sempre città votata all’industria, ai commerci, dunque perennemente “sul mercato” e a inseguire le ultime tendenze, almeno quanto Roma con la Chiesa a cercare di rimanere ancorata il più possibile al passato. Ma a Milano si son fatte non solo le sfilate e l’acciaio: anche gli esperimenti politici: è cresciuto il socialismo, è nato il fascismo, è nato pure il berlusconesimo. 

 

(...) Il paese scassato ogni tanto reagisce, gli giran le palle, appunto, e magari ogni tanto gode, rosicando sempre.

 

 

Nel ‘19 Peppe Provenzano, allora ministro Pd per il Sud, disse che Milano era un problema. Disse, a un convegno sul tema “Il Meridione visto da Nord”, periglioso fin dal titolo, che “Milano attrae ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae”. “Tutti decantiamo Milano ma non è la prima volta nella storia d’Italia che è un riferimento nazionale. A differenza di un tempo, però, oggi questa città attrae ma non restituisce quasi più nulla di quello che attrae”.

 

Lo sventurato Sala rispose: “Oggi circa 4300, delle 8mila multinazionali che ci sono in Italia, hanno sede a Milano. Evidentemente qui si sentono più rassicurate, vedono che il sistema funziona. Che cosa dovremmo fare: cacciarle via?”.

 

boeri sala milano

Lo stesso Sala che oggi un po’ annaspa, che, da manager brianzolo, ogni volta che parlano male di Milano, non si capacita, ma come, con tanto lavurà, come possono non amarci (e anzi ci rompono le palle)?

 

E, il tapino, posta stories di tutto ciò che fa nella sua giornata, assistenza agli anziani, registrazione di bimbi arcobaleno, e tutto il resto che è tanto e che si fa solo a Milano (sorge il dubbio che nell’annaspare social del sindaco ci sia una specie di vendetta carmica: vi ricordate il famoso annuncio del comune di Milano che offriva un posto da social media manager ma a 1.300 euro lordi mensili, una delle tante polemiche sulla Milano “escludente”, uno dei tanti capitoli di questa Milano sott’odio, per usare un’espressione di un celebre milanese acquisito come Leo Longanesi?).

 

milano al tempo del covid

Col Covid poi Milano si è un po’ placata, la hybris è diminuita, ma l’odio dei ciucci, cioè del resto d’Italia, invece che scemare, è misteriosamente cresciuto. Dopo il Covid nessuno vuole più i voti a scuola, nessuno vuole più lavorare in ufficio, nessuno vuole più amare Milano. Esplodono le teorie del “south working”, andare “giù” a vivere e lavorare (salvo poi fuggire come la celebre famiglia scandinava che si era installata a Siracusa, ma scopre che gli insegnanti di inglese non sono inglesi madrelingua!); ci sono gli studenti accampati in tenda di fronte al Politecnico per protestare contro il caro affitti;

 

e la famosa bidella napoletana che ogni giorno preferiva fare la pendolare da Napoli, sempre per il tema dell’immobiliare troppo caro; uno dei capitoli più esoterici, questo della bidella, del grande romanzo d’odio per Milano (poi non se n’è più saputo niente, forse è ancora ferma su qualche Freccia, nello spaziotempo deformato dei ritardi salviniani).

 

gay pride milano

Il rapporto di Milano col sud è sempre stato particolarmente complicato del resto: grande terra di integrazione, ma anche “Rocco e i suoi fratelli”, e ancor oggi non c’è cameriere, tassista, portinaio, notaio che non sia o non abbia genitori meridionali (o non sia romano.

 

Oggi fa impressione proprio la diaspora dei romani a Milano, si incontrano tassisti, perfino controllori dell’Atm romani; alcuni si integrano, altri hanno l’occhio lucido come l’Alberto Sordi vigile urbano in “Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo”, in cui Sordi è uno zelante pizzardone romano che per il troppo rigore viene trasferito a Milano, come dire, in Caienna (e lì, celebre la frase: “el magùn, ammazza che magone”).

 

L’odio per la città si trasferisce poi sul sindaco incolpevole, e l’odio per Sala è confuso e contorto: perché pianta troppi alberi e perché pianta troppi pochi alberi; perché fa troppe ciclabili o perché fa troppo poche ciclabili. Perché ha i calzini arcobaleno (questo il livello).

bosco verticale

 

Gli imputano pure l’inquinamento, altro grande tema: alcuni giurano che una volta sbarcati a Milano cominciano a tossire; c’è stata una fase (le fasi di odio verso Milano sono molto veloci, come tutto a Milano) in cui si compulsavano le varie app meteo più che Tinder o WhatsApp, guardando e mostrando ipnotizzati il mega bubbone giallo dell’aria pessima che sovrasta il capoluogo lombardo, ed era quasi un piacere perverso vedere come le polveri sottili ogni giorno superassero un nuovo record negativo. A un certo punto l’anno scorso si apprese che Milano era

addirittura la terza più inquinata del mondo, “dietro solo a Lahore in Pakistan e Dacca in Bangladesh”. E certamente più inquinata di Pechino (qualcuno che c’era stato timidamente obiettava: ma siete proprio sicuri? A Pechino si girava prima delle bonifiche con la maschera antigas).

 

beppe sala 4

Si scoprì che la società (svizzera) che compilava queste classifiche era specializzata in depuratori d’aria, e la polemica (l’ennesima) si acquietò.

Poi c’è stata la fase sicurezza, che insieme a quella immobiliare ancora perdura e sono le più intense.

 

Qui – di nuovo al netto della realtà, che vede certo dei problemi, ma che paiono in linea con altre città italiane e internazionali - molto sembra che abbiano contato le narrazioni retequattriste, dove per retequattrismo si intende quel format di info-tainment tra l’urlato e l’indignato, a base di case okkupate, zingarelle inseguite, urli di “pickpockets”, tutto in favore di telecamera, che nasce sulla rete Mediaset (anche con un’estetica peculiare, colori accesi, cori greci tipo da Mario Giordano) ma poi ha tracimato sui social.

 

Il retequattrismo negli anni ha dipinto Milano come una specie di Caracas dove sai quando esci di casa ma non sai se tornerai vivo, tra scippi sulla metro, assalti di baby gang, stupri a base di droga nel bicchiere nei locali “della mala movida”. Argh!

 

Il nemico pubblico numero uno del retequattrismo, il fantasma che in questi anni è sorto, a simboleggiare una milanesità notturna orrida e sgangherata, pericolosa e antiestetica, è il maranza. Cioè un giovane, generalmente immigrato, o di seconda generazione, vestito da cafone (cappellino, tuta acetata Adidas, scarpe Nike, borzello Louis Vuitton rigorosamente tarocco, tatuaggi a schiovere).

milano

 

Te lo ritrovi singolo o in gruppo, sui mezzi o in piazza Duomo, come grande simmetrico della Milano di superficie, della Milano esterno giorno, con le perfette vetrine coi dolcetti di Marchesi e con Giorgio Armani che va ancora in negozio a 91 anni. In questa Milano sotterranea percola l’odio di superficie:

 

Claudio Martelli nei giorni scorsi ha ricordato come Bettino Craxi sosteneva che Milano “si può sviluppare in alto o in basso”, e non intendeva in termini morali, ma a livello infrastrutturale: dunque ecco i grattacieli, odiatissimi, e le metropolitane (che scopriamo odiate pure quelle, al tempo della loro costruzione, da parte di alcuni nel Pci, perché sempre Martelli ha ricordato che erano considerate “di destra”, mentre il tram era “di sinistra”, pensate se ci fossero stati i social, all’epoca!

bettino craxi

 

Milano senza metropolitana, peggio di Roma). Intanto però oggi i nuovi milanesi (cioè soprattutto romani) si incontrano in estasi, sul tram a Milano, che girano a vuoto come se fossero su un’attrazione esotica a Eurodisney. Gli stessi che a Roma mai prenderebbero un mezzo pubblico.

 

Ma tornando ai maranza, parola antica (così venivano chiamati infatti i tamarri nello slang paninaro anni ‘80, portato da Enzo Braschi a “Drive In”) essi esistono anche in versione trapper: Baby Gang, Shiva, Tedua, Simba La Rue, Baby Touché, quest’ultimo specializzato in risse appunto su Rete 4: come quella dell’aprile del 2024 a “Dritto e Rovescio”. Lì si fece cacciare non una, ma ben due volte dallo studio. Fischi, toni isterici, buttafuori Mediaset che lo portano via dallo studio. Il trapper maranzato evoca anche lui un’immagine di Milano violenta, trash, caricaturale.

 

E se la borghesia vecchia e nuova esiste e resiste, e lavora (di nuovo, lavurà) in silenzio, e fa beneficenza e volontariato come si è sempre fatto, non fa però notizia come un’altra categoria di nuovi mostri milanesi.

davide lacerenza

 

Sono quelli che bazzicavano la cosiddetta Gintoneria, nome di un locale assurto a metafora di una vita notturna non elegante ma malavitosa e laida: Davide Lacerenza, barista dall’aria spiritata, oggi ai domiciliari, “sciabolava” cioè stappava con gesto puntuale (a volte di sciabola, più spesso di carta di credito) bottiglie di champagne (secondo alcuni, era invece uno spumante fatto con le bustine, come Fantozzi quando va con Calboni al night), con la sua Ferrari parcheggiata davanti e tutto un giro di auto lussuose e clienti.

 

Ex fruttivendolo, ex “ragazzo immagine” in discoteca, Lacerenza con la morosa Stefania Nobile figlia di Wanna Marchi hanno rappresentato una Milano non più da bere ma da sciabolare, deformazioni degli Yuppies vanziniani che abbiamo potuto vedere tutti per colpa dei social.

 

chiara ferragni fedez

Perché Instagram ha le sue colpe in questo rigurgito di antimilanesità. L’iper esposizione e comunicazione di Milano degli ultimi anni ha infatti corrisposto con l’avvento del social media: che in Italia è diventato un’industria molto milanese. Non solo gli ex vertici della catena alimentare, i Ferragnez, ma anche i vari derivati del mondo influenceristico vivono e operano a Milano, e a Milano hanno base le agenzie che creano e gestiscono questi personaggi, per cui la città a un certo punto si è ritrovata sovraesposta e replicata in tutti i telefoni del mondo.

 

La coppia Ferragnez, a un certo punto simbolo della rinata milanesità, premiata coll’Ambrogino d’oro (e oggi decaduta, e oggi con Fedez che si rivolta pure contro il sindaco!) portava avanti una narrazione di una Milano esasperata e demenziale: ha fatto peggio la coppia del crollo dell’insegna Generali, per CityLife: quartiere divenuto simbolo della stessa nuova Milano dei grattacieli, dello stile burino-chic-con-domotica con troppi metriquadri, troppe tecnologie, troppi soldi, e arredi da calciatori, che potresti essere a Mosca come Dubai.

maglietta ti odio milano ti amo

 

Con altre derivazioni: la casa sul lago di Como, anche quella diventata meme o macchietta della classica villa al lago, con la piscina e il motoscafo pendant e aerodinamici, da cattivo di James Bond. E la beneficenza, terreno sacro della milanesità, del “coeur in man”, che sfugge di mano e diventa l’arma finale che ti si ritorce contro (la vendetta tra l’altro del pandoro sul panettone).

 

(...)

Quando Instagram e i social hanno preso il posto della pubblicità, è scattato poi uno strano cortocircuito. Troppa Milano di sfondo, con gli influencer delle case, delle creme, dell’attivismo a volte peloso. Forse questo ha accresciuto il fastidio nel resto dell’Italia meno performante. Ma poi non c’è stato scampo, e anche l’odio stesso per Milano è diventato subito un brand e di nuovo una maglietta: “Ti Odio Milano Ti Amo” è il logo che vi appare stampato, anzi è di più, “è il progetto phygital della rivista Nss che celebra il complicato e duplice rapporto dei milanesi con Milano, una città che offre di tutto e di più, ma che allo stesso tempo può essere ‘troppo’ per chi la vive. Il merchandising Ti Odio Milano Ti Amo è ora disponibile sul sito di Nss edicola”. Ci sono anche sciarpe e tazze e altre suppellettili con la scritta, ovviamente in caratteri giusti. Come tutto è giusto nella comunicazione a Milano. Ma a volte è tutto talmente giusto che ti girano le palle, e ti prende una gran voglia di andare a vivere lontano. Magari, perfino ad Avellino

casa ferragnez 2casa dei ferragnez sul lago di como MICHELE MASNERI - FOTO DI MASSIMO SESTINIla nuova casa di chiara ferragni e fedez 1casa ferragnez 5casa ferragnez 4

 

Ultimi Dagoreport

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)