sebastiao salgado

IL MONDO DELLA FOTOGRAFIA PIANGE IL GRANDE SEBASTIAO SALGADO, MORTO A 81 ANNI – NATO AD AIMORES, IN BRASILE, ALL’INIZIO DEGLI ANNI 70 LASCIÒ UN POSTO DI LAVORO DA ECONOMISTA PER INTRAPRENDERE L’ATTIVITÀ FOTOGIORNALISTICA. DAL 1979 AL 1994 HA LAVORATO PER L’AGENZIA MAGNUM. POI, ASSIEME ALLA MOGLIE LÉILA, HA FONDATO LA AMAZONAS IMAGES, UN’AGENZIA TUTTA SUA • FAMOSO PER LE SUE FOTO IN BIANCO E NERO, E PER I SUOI REPORTAGE DI DENUNCIA SOCIALE – DEL SUO LAVORO DICEVA: “NON SONO SPINTO DALL’IDEA DI FARE FOTO BELLE O DI DIVENTARE FAMOSO MA DA UN SENSO DI RESPONSABILITÀ: IO SCRIVO CON LA MACCHINA FOTOGRAFICA, È LA LINGUA CHE HO SCELTO PER ESPRIMERMI...”

E' MORTO SEBASTIAO SALGADO

sebastiao salgado

(ANSA-AFP) - PARIGI, 23 MAG - Il fotografo franco-britannico Sebastião Salgado è morto a 81 anni: lo annuncia l'Académie des Beaux-Arts a Parigi.

 

Biografia di Sebastião Salgado – Da www.cinquantamila.it – la storia raccontata da Giorgio Dell’Arti

 

Sebastião Salgado, nato a Aimorés, in Brasile, l’8 febbraio 1944. Fotografo • «L’Omero dei migranti, il poeta del pianeta primigenio, è tra i due o tre fotografi al mondo di cui chiunque ricorda il nome» (Michele Smargiassi, la Repubblica, 18/3/2018) •

 

sebastiao salgado 1

«Aria da vecchio saggio, un cespuglio irsuto di sopracciglia bianche sopra agli occhi azzurri» (Anais Ginori, Robinson, 14/9/2019)

 

• Laureato in Economia e Statistica, all’inizio degli anni Settanta ha lasciato un posto di lavoro da economista per intraprendere l’attività fotogiornalistica. Dal 1979 al 1994 ha lavorato per l’agenzia Magnum. Poi, assieme alla moglie Léila, ha fondato la Amazonas Images, un’agenzia tutta sua

 

• Famoso per le sue foto in bianco e nero, e per i suoi reportages di denuncia sociale • Tre grandi progetti di lungo periodo: Altre Americhe (1986), sull’America Latina; Workers (1993), che documenta la vita di braccianti e operai di tutto il mondo; Migrations (2000), dedicato alle migrazioni di massa causate da carestie, disastri ecologici, disastri naturali e dalla pressione demografica; Genesi (2013), frutto di otto anni di lavoro, che documenta montagne, deserti, oceani, animali e tribù primitive: «Il 46% del Pianeta è rimasto ancora come era migliaia di anni fa al momento della creazione. Dobbiamo proteggere e conservare ciò che esiste»

 

sebastiao salgado foto di bacco

• «I cercatori d’oro della Serra Pelada, in Brasile, nell’inferno dantesco di una miniera a cielo aperto, i genocidi in Africa, i pozzi di petrolio incendiati in Kuwait, i massacri in Ruanda, le foreste dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea, i ghiacciai dell’Antartide, i deserti africani e le montagne americane, del Cile e della Siberia. Tutto questo, e molto altro, è passato attraverso l’obiettivo di Sebastião Salgado, brasiliano trapiantato a Parigi» (Fabrizio Villa, Corriere della Sera, 28/1/2019)

 

• «Ha avuto tutti i maggiori riconoscimenti che un fotografo contemporaneo può sognare eppure non vuole smettere di denunciare e testimoniare» (la Repubblica, 28/1/2003)

mostra fotografica di sebastiao salgado (9)

 

• «Non sono spinto dall’idea di fare foto belle o di diventare famoso ma da un senso di responsabilità: io scrivo con la macchina fotografica, è la lingua che ho scelto per esprimermi e la fotografia è tutta la mia vita. Non penso troppo alla luce e alla composizione, il mio stile è dentro di me, quella luce è quella del Brasile, quella che porto dentro di me da quando sono nato» • «Lei è un artista? “No, sono un fotografo”» (Nicolas Ballario, Rolling Stones, 28/5/2018).

 

Titoli di testa «Quando guardi queste immagini, non stai guardando solo belle immagini fini a se stesse, non stai guardando solo una storia. Stai guardando la mia vita».

 

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Vita «Sono diventato fotografo tardi, dopo aver provato a diventare avvocato, economista, ingegnere meccanico… Un giorno scoprii la fotografia, un caso» (a Smargiassi)

 

• «Sono nato nel 1944 nello Stato del Minas Gerais, in una fattoria all’interno di una vasta valle che si chiama Rio Doce e che prende il nome dal fiume che la irriga» (dall’autobiografia Dalla mia Terra alla Terra)

 

• «Sono figlio di agricoltori, anche io ho partecipato alla deforestazione, non dell’Amazzonia ma della foresta atlantica del Brasile che è stata distrutta ancora di più ed è quasi scomparsa del tutto. Da piccolo mio padre mi faceva andare a dorso di mulo con i carichi di legname. Allora non c’era la consapevolezza dei danni che stavamo facendo» (alla Ginori)

 

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• «Dopo aver lasciato a quindici anni Aimorés, una cittadina di 12.000 abitanti dove non esisteva nemmeno il telefono, si trasferisce a Vitòria per terminare le scuole secondarie e iscriversi a Economia. È il periodo in cui il Brasile, guidato dal 1956 al 1961 da Juscelino Kubitschek, colui che fece costruire Brasilia, si risveglia da un “lungo sonno di quattrocento anni”.

 

La società si evolve velocemente, irrompe l’industria, le campagne si spopolano, le città si dilatano, emergono le diseguaglianze sociali. Nel 1964 un colpo di Stato guidato dal maresciallo Castelo Branco depone il presidente Joao Goulart adducendo come pretesto la minaccia comunista, resa più concreta dall’allineamento del regime cubano con l’Unione Sovietica. È la fine della repubblica e l’inizio di un regime militare» (Chiara Mariani, Corriere della Sera, 28/1/2014)

 

mostra fotografica di sebastiao salgado (5)

• Sebastiaõ, per ora, non pensa alla politica • «La cosa più importante della mia vita è il giorno in cui ho conosciuto mia moglie, nel 1964» • «Stiamo insieme da quando lei aveva sedici anni, io diciannove. Per me è come una grande stella» (a Giuliano Malatesta, Rivista Studio, 9/7/18) • «Fatale l’incontro all’Alliance Française» (Micaela Zucconi, iO Donna, 28/5/2018)

 

• Salgado prende una laurea in Economia, poi un master all’università di san Paolo, e nel 1968 viene assunto al ministero delle Finanze

 

• «Negli anni Sessanta Sebastião e Léila scoprono la politica e sposano la causa marxista aderendo all’Azione popolare, un gruppo che si dice pronto alla lotta armata: “Certo era molto pericoloso e, arrivati a un livello di impegno così alto, bisognava che entrassimo in clandestinità. Ma il nostro gruppo decise che i più giovani dovevano andare a formarsi all’estero continuando ad agire da lì”» (Mariani)

 

sebastiao salgado oliviero toscani foto di bacco

• Sicché, nel 1969, i due si trasferiscono a Parigi • Lui lascia i genitori e sette sorelle, lei sette tra fratelli e sorelle. Vengono privati del passaporto brasiliano, il loro esilio finirà solo con un’amnistia nel 1979

 

• In Francia lui si specializza in statistica, poi inizia a lavorare in banca. Lei prende una laurea in architettura all’università Parigi VIII, poi un master in urbanistica: «Per i miei studi […] avevo acquistato una macchina fotografica, mai immaginando che avrebbe scatenato in Salgado una tale passione» (alla Zucconi)

 

• «Eravamo in vacanza, ad Orsay, vicino Parigi, mia moglie Lelia aveva comprato una macchina, una Pentax, per fare della foto e io per caso mi ritrovai questo strano oggetto nelle mani. Da allora non sono più riuscito a liberamene» (a Malatesta)

 

mostra fotografica di sebastiao salgado (2)

• Nel 1971 si trasferiscono a Londra perché lui ha trovato lavoro presso l’Organizzazione internazionale del caffè. Lo mandano in missione in Africa

 

• «Durante i viaggi in Ruanda, in Burundi, nello Zaire, in Kenya, in Uganda, mi sono reso conto che le foto che scattavo mi rendevano molto più felice delle relazioni che dovevo scrivere al ritorno. Redigevo tutto con serietà e il lavoro era innegabilmente appassionante. Ma la fotografia…»

 

• «Era il 1973, avevo ventinove anni e d’accordo con Léila decisi di lasciare una carriera promettente per diventare un fotografo» • Gli amici lo sconsigliano «Stai facendo la scelta sbagliata. Sarebbe molto meglio per te diventare un cameraman, perché il futuro dell’umanità è nei video» (a Malatesta)

 

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• «Fine dello stipendio buono, dell’appartamento bello, dell’auto sportiva: a Parigi vivono in una camera da letto senza nemmeno la doccia ed è Léila che, lavorando anche di notte, provvede al loro mantenimento. Investono i loro risparmi in materiale fotografico e si fanno prestare dei soldi da amici per intraprendere entrambi un viaggio nel Niger con il primogenito Juliano in arrivo.

 

“Ho acquistato tutte le Leica di cui avevo bisogno, un’eccellente smaltatrice rotativa e un ingranditore professionale che usiamo ancora”: finiscono così i soldi ricavati dalla vendita del primo reportage.

 

La parabola è presto ascendente: la sua lingua madre è il portoghese e nel 1974 copre gli eventi della Rivoluzione dei Garofani e l’anno seguente la guerra di indipendenza dell’Angola che termina con il ritiro del Portogallo. Affronta la giungla del fotogiornalismo consapevole del proprio vantaggio, ovvero di avere una formazione solida che gli permette senza troppi indugi di collocare il suo lavoro in una prospettiva storica e sociologica.

 

sebastiao salgado attentato a reagan 3

Nel 1975 entra all’agenzia Gamma e nel 1979 all’agenzia Magnum. È anche l’anno in cui nasce il secondo figlio affetto da sindrome di Down: “Con Rodrigo siamo stati scaraventati nel mondo dell’handicap di cui ignoravo tutto… Questa è una delle grandi avventure della nostra vita. Dolorosa, ma anche molto istruttiva… sono sicuro che senza di lui le mie foto sarebbero state diverse: lui mi ha spinto a guardare i visi in un altro modo, ad avvicinarmi agli esseri in maniera diversa”» (Mariani)

 

• Nel 1981 guadagna un sacco di soldi vendendo alla rivista Time le foto dell’attentato a Ronald Reagan •

 

mostra fotografica di sebastiao salgado (14)

 «Non diventi famoso perché lo desideri. Fotografi perché è quello che vuoi e sai fare, poi un giorno sei un punto di riferimento e non sai perché» (a Smargiassi)

 

• Nel 1986 scatta le foto alla miniera d’oro della Serra Pelada, nello stato del Parà a Nord del Brasile

 

• «…ho lavorato molto con il colore… il mio ultimo reportage a colori, un lavoro di Life del 1987, è dedicato al settantesimo anniversario della rivoluzione sovietica... Il colore non mi interessa molto nella mia fotografia… quando lavoravo a colori con le pellicole Kodachrome, gli azzurri e i rossi li trovavo talmente belli che diventavano più importanti delle emozioni contenute nelle foto»

 

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• «Nel 1991, quando scoppia la prima guerra del Golfo, mentre la maggior parte dei fotografi si concentra a seguire i combattimenti, Salgado prende un’altra strada. La guerra, per lui, è fuoco e fiamme: l’incendio, a opera dei soldati iracheni, di 600 pozzi di petrolio per ostacolare l’avanzata delle truppe della coalizione guidata dagli americani in uno degli episodi di inquinamento ambientale più grave di tutti i tempi.

 

Salgado in quel periodo è in Sicilia a fotografare le tonnare e propone al New York Times di aspettare la fine del conflitto e di seguire poi in Kuwait le squadre di tecnici mandate per spegnere gli incendi. Il suo deserto in fiamme è una luce apocalittica che si innalza sulla coltre scura di petrolio che sembra coprire ogni cosa» (Villa)

 

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• Viaggia in India, in Jugoslavia, in America del Sud • A metà anni 90 documenta il genocidio del Ruanda. Rimane sconvolto • «Ho troppa morte dentro»

 

• «Ne sono uscito provato, in qualche modo anche depresso a causa di tutta la violenza umana che avevo visto. Sono tornato con Lélia nelle mie terre natali, nella regione del Minas Gerais, per ricostruirmi fisicamente e mentalmente» (alla Ginori) • «Léila ancora una volta escogita il rimedio» (Mariani)

 

• Salgado si taglia la chioma bionda e la barba. Riscatta i vecchi terreni della fazenda del padre, ormai disboscati del tutto • Lui e la moglie fondano la Amazonas Images, «un nome che tradisce la nostalgia», agenzia di fotografia tutta sua

 

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• «Decidono di fondare l’Istituto Terra con l’ambizione di ripiantare la foresta: dopo dieci anni, 2,5 milioni di alberi di oltre 300 specie diverse ricoprono le colline della sua infanzia. È l’inizio di un nuovo obiettivo, alla ricerca della bellezza, di quel 46% incontaminato che è sfuggito alla mano dell’uomo» (Mariani)

 

• «Ho scoperto che, quale che sia il soggetto, bisogna cominciare con un atto d’amore. Ci devi mettere il cuore. Per fotografare gli umani devi rispettarli, parlarci, capire da dove vengono, che cosa desiderano. Devi farti accettare perché solo così riceverai la foto che cerchi. Il mio primo reportage per Genesi era alle Galapagos. Volevo vedere le tartarughe ma loro sfuggivano al mio obiettivo […] Dopo giorni di blocco totale ho immaginato di essere anche io una tartaruga. Mi sono messo a terra e sono avanzato lentamente a carponi. Le tartarughe mi hanno finalmente accolto nel loro mondo» (alla Ginori)

 

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• Fa lo stesso con i coccodrilli: «Giuro che i caimani ridevano e alla fine sembravano quasi mettersi in posa. Per fotografare un albero è uguale. Devi amarlo, rispettare il suo silenzio, farti accogliere nella luce e nello spazio» (alla Ginori)

 

• «Per otto anni ho girato il mondo verso i luoghi più incontaminati del pianeta e ho lavorato molto in Amazzonia» (alla Ginori)

 

• «La fotografia è un lavoro di gruppo? “Quando lavora, il fotografo è un cowboy solitario. Solo con le sue idee, i dubbi e le emozioni, sei un’unità, non una squadra. Ma la fotografia è un linguaggio, ed esiste solo quando arriva a destinazione”» (Smargiassi) • «La fotografia è l’esperanto del nostro mondo. Per cambiarlo un po’, ho pensato di servirmi dell’immagine, di questo linguaggio universale che può aiutare a riflettere, a capire, a migliorare la realtà» (a Massimo Di Forti, Il Messaggero, 14/7/2003)

 

Vita privata La moglie, costretta alle sue lunghissime assenze, dice di non avere problemi a stare sola. «Sono molto indipendente. Ho potuto dedicarmi alle mie attività e ai miei amici. A volte è stato difficile allevare i figli da sola. Il mio primogenito Juliano, 42 anni, già padre di un ragazzo di 22, è ora regista. […] Quando era ancora a scuola, mi capitava di arrivare tardi a casa, con la cena ancora da fare, ma lo trovavo tranquillo in cucina, con suo fratello Rodrigo, il mio secondogenito affetto da sindrome Down.

 

mostra fotografica di sebastiao salgado (1)

A lui ho dovuto dedicare molte più cure ed energie. Ha un grande talento per la pittura […] Le donne hanno la capacità di fare più cose nello stesso tempo. Sono più pazienti e resistenti degli uomini. La prova è che ci sono più vedove che vedovi… Rinunce? Forse, ma semplicemente è la vita» (lei alla Zucconi)

 

• «Spero davvero, quando arriverà il momento, di poter morire insieme a lei. Non so davvero cosa farei se andasse via prima di me» (lui a Malatesta).

 

Politica «Ho sostenuto Lula come tante altre persone di sinistra ma oggi sono duro con lui perché ha compiuto tremendi errori. Il più grave è essersi intestardito a essere il candidato del Partito dei lavoratori l’anno scorso, nonostante fosse ovvio che sarebbe finito in galera. Il Pt avrebbe potuto vincere le elezioni.

 

leila wanick sebastiao salgado oliviero toscani giovanna melandri padre enzo fortunato foto di bacco

Lula non lo ha permesso, ha tenuto il partito in ostaggio. E quando finalmente c’è stato il via libera alla candidatura di Fernando Haddad, che per me è fantastico, era già troppo tardi, non c’era più tempo di fare campagna elettorale. In un certo senso, Lula ha permesso che Bolsonaro arrivasse al potere. È una colpa gravissima» (alla Ginori).

 

Curiosità Con l’istituto Tetta è riuscito a creare una riserva naturale grande come il Portogallo • Ambasciatore dell’Unicef • Parla francese e portoghese

 

• Nel 2018 è stato ospite d’onore di Master of Photography, il talent show di Sky Arte per giovani fotografi • Amico di Renzo Piano • Wim Wenders e suo figlio Juliano Ribeiro, il regista, gli hanno dedicato il documentario Il sale della Terra 

 

• Non gli piacciono i selfie. «È solo un modo di dire, “Hey, I’m here”. È un linguaggio. Ma dimentica di raccontare parte della storia che tu racconti quando scatti una fotografia» (a Malatesta) •

 

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«La fotografia ancora attuale come mezzo? “È ancora un importante medium. Molto importante. Ha un vantaggio rispetto agli altri linguaggi della comunicazione, perché non ha bisogno di traduzione. Un video o uno scritto ha bisogno di essere decodificato in Cina, Brasile o Italia, la fotografia no. La sua potenza sta nell’universalità del lessico”» (Ballario)

 

• Col senno di poi, dice che i suoi amici avevano ragione solo in parte: «È vero, i video sono diventati molto importanti, ma le immagini oggi contano di più»

 

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• «Crede in Dio? “No, non sono credente. Per me il grande pensiero spirituale è l’evoluzione del mondo minerale, vegetale, animale. Da quando ho cominciato Genesi mi sento parte di quest’armonia. C’è una perfezione che mi sorprende ogni volta. I cristiani rispettano Cristo, io rispetto Darwin”» (alla Ginori)

 

• «Se esiste una potenza superiore in grado di guidarci, questa è l’evoluzione. Come siamo arrivati ad essere ciò che siamo oggi, a quale livello di esperienza siamo giunti. C’è una grande potenza dietro la nostra storia» • «Se di fronte alle mie foto provate soltanto compassione, significa che ho fallito. Dietro ogni mia immagine si nasconde una soluzione. Cercatela».

 

Titoli di coda «Noi fotografi abbiamo meno di due secoli di esistenza, forse fra vent’anni non ci saremo più. Sono fortunato, mi è stato concesso di vivere nell’epoca giusta» (a Smargiassi).

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