donald trump giuliano amato zelensky

“IL CICLONE TRUMP STA TRAVOLGENDO L’OCCIDENTE, POTEVAMO EVITARLO. CE LA SIAMO VOLUTA. ORA DIAMOCI DA FARE PER USCIRNE” – IL PRESIDENTE EMERITO DELLA CONSULTA GIULIANO AMATO CRITICA I DEMOCRATICI (“IL SUCCESSO DI TRUMP E' UNA REAZIONE A UN PROLIFERARE INCONTROLLATO DI DIRITTI”) E SPRONA L’UE: "LA SOPRAVVIVENZA DEI VALORI DEMOCRATICI DIPENDE DALL’EUROPA. E SE È IMPOSSIBILE FARLO CON I 27 PAESI DELL’UNIONE, DOVRÀ FARLO CON UN NUCLEO PIÙ RISTRETTO" – L'AVVISO A TRUMP: “SIAMO SICURI CHE LE CONCESSIONI A PUTIN, CON L’INTENTO DI SEPARARLO DALLA CINA, ABBIANO COME EFFETTO IL RAFFORZAMENTO DEGLI STATI UNITI E NON IL CONTRARIO?” 

Simonetta Fiori per repubblica.it - Estratti

 

GIULIANO AMATO

«Trump sta travolgendo l’Occidente con la forza impetuosa di un ciclone, ma potevamo prevederlo e soprattutto evitarlo. Ce la siamo voluta. E ora diamoci da fare per uscirne». Giuliano Amato confessa il suo turbamento davanti a un’America che si allea con gli imperi autoritari, umiliando davanti al mondo il presidente del paese invaso. «Siamo finiti in un incubo, certo. Però, essendo molto vecchio, più che il tempo breve del presente vivo il tempo lungo della storia perché ce l’ho tutto dentro di me: è da qui che mi sento di muovere una critica a noi democratici».

 

ZELENSKY E TRUMP NELLO STUDIO OVALE

La fine dell’Occidente è un tema quotidiano di riflessione, insieme a un’altra fine che divide oggi le coscienze, producendo una paralisi in Parlamento. «Sul suicidio assistito abbiamo bisogno di una legge nazionale che, nel rispetto dei principi sanciti dalla Consulta, organizzi una procedura uniforme in tutto il paese: non un passo oltre le condizioni poste dalla Corte, né un passo indietro».

 

 

È finito l’Occidente, professor Amato?

«Me lo domando ogni giorno. Ma non dobbiamo commettere l’errore di far coincidere gli Stati Uniti con Trump. Lui si muove da sovrano assoluto e capriccioso, ma c’è chi gli ricorda — come la governatrice dello Stato di New York Kathy Hochul — che da 250 anni New York non è governata da un re. E gli americani non sono disposti a tollerarlo».

 

giuliano amato (2)

Perché dice che ce lo siamo meritati?

«Perché il ciclone Trump era prevedibile. E qui chiamo in causa anche la responsabilità di convinti democratici come me che negli ultimi cinquant’anni hanno sostenuto qualsiasi battaglia progressista senza rendersi conto per tempo della crescente distanza, talvolta eccessiva, rispetto ai valori tradizionali che tengono unite le nostre società. Questo vale sia per il nostro paese che per gli Stati Uniti. Da noi un profeta inascoltato è stato Pier Paolo Pasolini: già nel 1975 ci metteva in guardia con la sua invettiva sulla scomparsa delle lucciole».

 

(...)

«E qui arriva Trump, capace di intercettare l’insoddisfazione fino a diventarne un interprete chirurgico: in pochi giorni ha distrutto tutto ciò che è Dey, Diversity Equity and Inclusion. Una cosa orrenda. Ma mentre nel paese montavano questi umori rancorosi, i democratici dove stavano? Forse dagli attici di Manhattan, dove le quote non arrivano mai, la realtà sociale appariva molto distante».

 

Il problema è ora che Trump non vuole abbattere solo l’ideologia woke, ma i pilastri della liberaldemocrazia.

volodymyr zelensky donald trump e jd vance - studio ovale

«Questo è il tema centrale. Perché una democrazia liberale non viene meno se accettiamo libertà più limitate e una qualche convivenza con i valori tradizionali. Viene meno invece quando sono cancellate le regole che, in difesa dei cittadini, limitano l’esercizio del potere privato: oggi Trump ci mette nelle mani del più gigantesco potere privato che la storia abbia mai conosciuto! Per le Big Tech democrazia e libertà sono concetti inconciliabili, perché le regole impediscono il loro arbitrio. Terrificante».

 

(…) la sopravvivenza dei valori democratici dipende largamente dall’Europa».

giuliano amato (2)

 

Cosa deve fare?

«Quello che in tanti dicono, ma nessuno ha avuto la capacità di realizzare: una difesa e una politica estera davvero comuni per sedersi al tavolo del governo del mondo, dove sono invitati pochi attori. E se è impossibile farlo con tutti i ventisette paesi dell’Unione, dovrà farlo con un nucleo più ristretto. Tra gli effetti positivi del ciclone potrebbe essere la spinta a ricompattare la difesa europea recuperando la Gran Bretagna».

 

Anche l’Italia oggi è chiamata a erigere barriere in difesa della liberaldemocrazia. Può farlo una premier che non ha quei valori nel suo Dna?

«A me pare che la presidente Meloni lo stia facendo, schierandosi dalla parte di Zelensky. Non sembra che sia nelle condizioni di potersi sottrarre all’impegno comune europeo. E bisogna darle atto, nel suo intervento alla convention dei conservatori americani, di aver parlato di “aggressione russa”, una formula scomparsa dal loro vocabolario».

 

Dobbiamo accontentarci? Non occorrono parole più chiare?

«Ho l’impressione che Trump non lasci ampi margini per il confronto. Perché se è vero che il ciclone potevamo anticiparlo, non era prevedibile l’eccentricità caratteriale di chi lo guida: un presidente bizzoso, irascibile, anche vendicativo — tratto inedito nella storia della democrazia. La cacciata di Zelensky dalla Casa Bianca è stata impressionante. Certo è che l’intera classe politica italiana si trova oggi davanti a una sfida molto alta: deve dimostrare di esserne all’altezza, con un piano di politica estera bipartisan».

von der leyen macron meloni

 

(...)

Tornando al ciclone, lei non sembra spaventato.

«Preferisco concentrarmi sui potenziali argini, prodotti dallo stesso Trump. Intanto la scure scagliata sull’impiego pubblico sta generando nuovi malumori. E, secondo le stime degli economisti, la politica dei dazi produrrà un’inflazione molto alta, i cui effetti si riverbereranno ovunque. Non sottovalutiamo poi il potere delle Corti a cui arriveranno le contestazioni ai decreti firmati dal presidente: non è detto che si schierino con lui. Un altro ostacolo lo vedo nella generazione dei ventenni, che prendono molto sul serio il cambiamento climatico. Non credo che siano disposti a votare chi ha azzerato il green deal».

 

E gli effetti sugli equilibri internazionali?

giuliano amato (3)

«Ma è sicuro che le concessioni allo zar russo, con l’intento di separarlo dalla Cina, abbiano come effetto il rafforzamento degli Stati Uniti e non il contrario? Guai se alla fine di questa scombinata diplomazia i propugnatori del Make America Great Again si ritrovassero con un’America rimpicciolita».

 

Ha mai la sensazione di essere finito in un film distopico?

«Mi ha molto colpito il sostegno dei nostri Liberatori — l’America che più amiamo — ai neonazisti nel cuore dell’Europa. Per persone della mia cultura, più delle distopie vale il richiamo di Bertolt Brecht ne L’Opera da tre soldi: il mondo nelle mani dei Mackie Messer, predatori senza principi. Ma non dobbiamo scoraggiarci. I tempi lunghi della storia sono dalla nostra parte».

 

 

IL FATALE 2008

Stefano Mannoni per Mf - Milano Finanza - Estratti

VERTICE EUROPEO PER L UCRAINA A PARIGI

Travolti dallo show nello studio ovale della Casa Bianca, che ha demolito cinquecento anni di bon ton diplomatico, e in attesa che gli europei si chiariscano le idee sulla difesa comune, c'è ancora un po' di spazio per provare a rispondere alla domanda che ci angoscia tutti: come si è potuto arrivare a tanto?

michael sandel

 

(...) Questa volta il libro a cui mi ispiro è di un professore di Harvard, Michael J. Sandel, dal titolo bellissi-mo: La democrazia stanca. Nuovi pericoli e possibili soluzioni per tempi difficili (Feltrinelli 2024).

 

Cominciamo da una data iconica che gli occidentali, molto ipocritamente e con una lunga coda di paglia, hanno messo in sordina: il 2008. In quell'anno è avvenuto l'inverosimile. Dopo averci raccontato per decenni che la globalizzazione era inevitabile e con essa il suo pendant, la finanziarizzazione dell'economia, un governo democratico ha riversato trilioni di dollari (senza contropartite) nel settore bancario che aveva approfittato di una sfacciata deregolamentazione per commettere ai danni dei risparmiatori i peggiori abusi.

 

Le banche non vennero nazionalizzate, ma non fu nemmeno chiesto loro come contropartita di venire incontro ai bisogni impellenti dí una miriade di famiglie che dalla mattina alla sera si trovavano senza casa. Barack Obama non seppe fare meglio che fare uso del suo notevole carisma per accreditare l'idea che quel passo era indispensabile e che a esso non vi erano alternative.

 

giuliano amato

Come del resto prima di lui avevano fatto i due golden boys dell'era neoliberale, Clinton e Blair, che avevano reagito al senso di spaesamento degli americani per l'evidente perdita di controllo sui loro destini, declamando a destra e manca i vantaggi che la nuova era avrebbe arrecato a tutti.

 

(...) Alle origini della storia americana affondavano due radici: la prima quella del liberalismo individuale; la seconda quella dell'autogoverno civico dei produttori  indipendenti propugnato da Jefferson. E un paradosso che l'unico presidente democratico che abbia tentato di ritornale alle origini, Joe Biden, sia stato punito alle elezioni. Ma era troppo tardi. Perché il suo rivale, Donald Trump, con il suo enorme carisma e potente istinto político aveva già dato un nome al risentimento dei tanti bianchi americani dimenticati dai loro, un tem-po, sponsor democratici.

 

DONALD TRUMP E JOE BIDEN NELLO STUDIO OVALE DELLA CASA BIANCA

I dazi? Una risposta forte al senso di abbandono in cui versavano i colletti blu americani ai quali i sofisticati presidenti democratici non sapevano dire di meglio che: procuratevi un diploma. La lotta alla burocrazia? Una replica concreta alla percezione di perdita di controllo sui centri di poteri che da decenni angustiava gli elettori. La lotta alla cultura woke? Ancora una volta un'interpretazione dell'ideale jeffersoniano secondo la quale la virtù civica è cementata da valori culturali e religiosi condivisi.

 

La battaglia contro l'immigrazione? Il ripristino della distinzione tra noi e gli altri, all'insegna del recupero dell'identita. Il disimpegno dalla guerra in Ucraina? Semplicemente la presa d'atto che gli americani voglio dare la priorità ai loro interessi. Conclusione: sbagliano, e di grosso, i commentatori europei che continuano a ridicolizzare Trump in nome di un élitismo che ha fallito su tutta la linea. Si passino una mano sulla coscienza.

giuliano amato

 

giuliano amato 1macron ursula von der leyen GIULIANO AMATO ALLA STAMPA ESTERA

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?